LUCIO FONTANA È UNIVERSALMENTE NOTO PER I SUOI TAGLI; IMPLACABILI E PRECISI ESSI LACERANO LA TELA, APRENDO UN VARCO VERSO UNA NUOVA DIMENSIONE DELL’ARTE.

Io buco; passa l’infinito di lì, passa la luce, non c’è bisogno di dipingere. Tutti hanno pensato che io volessi distruggere: ma non è vero io ho costruito, non distrutto.” (Lucio Fontana)

 

LUCIO FONTANA, LE ORIGINI

 

Lucio Fontana nacque a Rosario de Santa Fé, in Argentina, il 19 febbraio 1899 da genitori di origini italiana. La madre, Lucia Bottini era un’attrice teatrale, mentre il padre Luigi, giunto in America Latina nel 1890, fu il primo scultore ad aprire uno studio in città, che divenne ben presto un importante punto di riferimento culturale.

Al fine di garantirgli un’adeguata istruzione, Lucio venne affidato alle cure di alcuni parenti italiani. Frequentò i Collegio Torquato Tasso di Biumo Inferiore, in provincia di Varese, e poi la scuola tecnica del Collegio Arcivescovile Ballerini a Seregno. Nel frattempo cominciò il suo apprendistato come artista, prima sotto l’egida del padre – rientrato in Italia -, e contemporaneamente presso la Scuola dei maestri edili dell’Istituto Tecnico Carlo Cattaneo di Milano e la Scuola degli Artefici annessa all’Accademia di Brera.

Ci rifiutiamo di pensare che l’arte e la scienza siano sfere distinte e quindi che le imprese realizzate dall’una non possono appartenere anche all’altra. Gli artisti anticipano le imprese scientifiche; le imprese scientifiche provocano sempre delle imprese artistiche.” (Lucio Fontana)

 

Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Natura, 1967
Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Natura, 1967

 

Nel 1916, a causa del coinvolgimento dell’Italia nella prima guerra mondiale, Fontana si arruolò come volontario, interrompendo i suoi studi. Ferito sul Carso e congedato con la medaglia d’argento al valor militare, nel 1921 fece ritorno a Milano, conseguendo il diploma di perito edile.

Completata la sua formazione, lasciò l’Italia per rientrare a Rosario, dove, prima nell’atelier del padre, poi in uno studio tutto suo, si dedicò alla scultura, partecipando a diversi salon e a molti concorsi pubblici. Nel 1927, nuovamente a Milano, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti di Brera, diplomandosi nel 1929. Fu allievo di Adolfo Wildt, che lo considerava uno dei suoi studenti più dotati, il suo continuatore, anche se poi Fontana intraprese una strada che lo portò molto lontano dal percorso artistico del suo maestro.

 

LUCIO FONTANA, I PRIMI SUCCESSI

 

Lucio Fontana maturò i suoi primi successi negli anni Trenta del Novecento, partecipando alla XVII Biennale di Venezia e tenendo la sua prima personale alla Galleria del Milione di Milano.

Risale a questo periodo Uomo nero, una delle sue opere più importanti, che segnò una decisa rottura con la tradizione figurativa precedente e soprattutto con gli insegnamenti del suo mentore, Adolfo Wildt.

Avevo per guida un grande maestro: Wildt, ero considerato l’allievo migliore del corso. E Wildt, anzi, mi aveva espresso più volte che io diventassi continuatore della sua arte. Invece, appena uscito dall’Accademia, ho preso una massa di gesso, le ho dato una struttura approssimativamente figurativa di un uomo seduto e le ho gettato addosso del catrame. Così, per una reazione violenta. Wildt si è lamentato, e cosa potevo dirgli? Avevo una grande stima di lui, gli ero riconoscente, ma a me interessava trovare una nuova strada, una strada che fosse tutta mia.” (Lucio Fontana)

 

Ugo Mulas, Lucio Fontana nel suo studio, 1964
Ugo Mulas, Lucio Fontana nel suo studio a milano, 1964

 

L’artista continuò le sue sperimentazioni, dapprima con il gesso e poi con la ceramica, alla quale si dedicò con particolare intensità tra il 1936 ed il 1939. Lavorò principalmente ad Albissola Marina, nella manifattura di Giuseppe Mazzotti, ma anche in Francia presso la Manufacture Nationale de Sèvres, una delle più famose fornaci artistiche d’Europa.

 

LUCIO FONTANA, LO SPAZIALISMO

 

Durante la seconda guerra mondiale Fontana lasciò nuovamente l’Italia per trasferirsi in Argentina, dove cominciò ad insegnare decorazione all’Accademia di Belle Arti. Nel 1946, assieme ad alcuni suoi allievi e giovani artisti argentini, firmò il Manifesto Blanco, testo fondante dello spazialismo. Nello stesso anno realizzò il primo Concetto Spaziale e nel 1947 siglò il Manifesto dello spazialismo con Giorgio Kaisserlian, Beniamino Joppolo e Milena Milani.

Con questi manifesti Fontana scardinò le convenzioni dell’arte, facendola avanzare in una nuova dimensione spazio-temporale.

Abbandoniamo la pratica delle forme di arte conosciuta e abbordiamo lo sviluppo di un’arte basata sull’unità del tempo e dello spazio. Concepiamo l’arte come una somma di elementi fisici, colore, suono, movimento, tempo, spazio, concependo un’unità fisico-psichica, colore l’elemento dello spazio, suono l’elemento del tempo, e il movimento che si sviluppa nel tempo e nello spazio. Sono le forme fondamentali dell’arte spaziale.” (Lucio Fontana)

 

Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Attese, 1959
Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Attese, 1959

 

Negli anni Cinquanta, di ritorno in Italia, Lucio Fontana sviluppò le prime ricerche per le quali è universalmente noto: i Buchi e i mitici Tagli. Presentati per la prima volta alla Galleria del Naviglio di Milano nel 1959, i Tagli fecero poi il giro del mondo, scuotendo dalle fondamenta il mondo dell’arte. Oggetto di critiche e di facili ironie, i Tagli vennero accolti come l’ennesima trovata dell’arte contemporanea. Una visione certamente superficiale, che non teneva conto della genesi, del significato e della tecnica con la quale quei Tagli erano stati concepiti.

È l’infinito, e allora buco questa tela, che era alla base di tutte le arti, ed ecco che ho creato una dimensione infinita, un buco che per me è la base di tutta l’arte contemporanea, per chi la vuol capire. Sennò continua a dire che l’è un büs, e ciao.” (Lucio Fontana)

 

LUCIO FONTANA, I TAGLI

 

“Quello dei tagli”, implacabili, precisi, chirurgici, dai cui non esce nemmeno un fiotto di sangue, come a testimoniare la mancanza assoluta di un cuore entro il cavo della tela così lacerata. Lucio Fontana deve la sua fama proprio a questa forma di profanazione dell’opera d’arte: dopo secoli di storie, di facce, di avvenimenti, di gesti, di passioni e di sentimenti che avevano arricchito i quadri, ecco che uno squarcio si apre su di essi. Uno squarcio in grado di travalicare i confini tra pittura e scultura, rompendo con ogni tradizione: un taglio capace di aprire le porte ad una nuova visione della prospettiva, dello spazio e della luce.

 

Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Attese, 1961
Lucio Fontana, Concetto Spaziale. Attese, 1961

 

I Tagli di Fontana rappresentano un tentativo di riportare l’arte a quel suo concetto di purezza essenziale. Qui risiede tutta la modernità ma anche la classicità di Fontana: l’aver sollevato un lembo su quello spazio aperto all’infinito, dove si trova la bellezza ideale.

Superando la pittura e sconfinando nella scultura, Fontana riuscì ad abbracciare il regno del suono e del movimento: un “taglio” onnicomprensivo in grado di evocare in un gesto l’energia creativa del tutto.

“Quando mi siedo davanti a uno dei miei tagli, a contemplarlo, provo all’improvviso una grande distensione dello spirito, mi sento un uomo liberato dalla schiavitù della materia, un uomo che appartiene alla vastità del presente e del futuro.” (Lucio Fontana)

 

LUCIO FONTANA, L’EPILOGO

 

Durante tutti gli anni Sessanta, Fontana approfondì le sue ricerche spaziali. Personalità introversa e solitaria, egli fu sempre refrattario al ruolo di maestro, come a quello di discepolo. Risalgono a questi anni importanti cicli come gli Olii, i Metalli, la Fine di Dio e i Teatrini. Nel 1967 presero forma le sue ultime sperimentazioni e le Ellissi, tavole ellittiche in legno laccato variamente colorate e attraversate da buchi eseguiti a macchina.

 

Lucio Fontana, Concetto Spaziale. La Fine di Dio, 1963
Lucio Fontana, Concetto Spaziale. La Fine di Dio, 1963

 

Nel 1968 Lucio Fontana si trasferì a Comabbio, in provincia di Varese, dove morì il 7 settembre dello stesso anno.

Non potrei fare uno di questi grandi tagli mentre qualcuno si muove intorno a me. Sento che se faccio un taglio, così, tanto per far la foto, sicuramente non viene. Magari potrebbe anche riuscire, ma non mi va di fare questa cosa alla presenza di un fotografo o di chiunque altro. Ho bisogno di molta concentrazione. Cioè non è che entro in studio, mi levo la giacca, e trac, faccio tre o quattro tagli. No, a volte, la tela, la lascio lì appesa per delle settimane prima di essere sicuro di cosa ne farò, e solo quando mi sento sicuro, parto, ed è raro che sciupi una tela; devo proprio sentirmi in forma per fare queste cose.” (Lucio Fontana)