IL CUBISMO FU UNA DELLE AVANGUARDIE CHE SCONVOLSERO IL MONDO DELL’ARTE AGLI INIZI DEL NOVECENTO. ORIGINATOSI IN FRANCIA ATTRAVERSO LE RICERCHE CONGIUNTE DI BRAQUE E DI PICASSO, IL MOVIMENTO COINVOLSE ANCHE LA LETTERATURA E LA MUSICA.
“L’impressionismo non è stato che un istante poveramente e solamente religioso delle arti plastiche. A parte alcuni maestri magnificamente dotati, sicuri di sé stessi, si vede una folla di zelanti, di neofiti manifestare con i loro quadri che adorano la luce […] Ma adesso è il momento di un’arte più nobile, più misurata, meglio ordinata, più colta.” (Guillaume Apollinaire)
LES DEMOISELLES D’AVIGNON, ALLE ORIGINI DEL CUBISMO
Les demoiselles d’Avignon, realizzato da Pablo Picasso tra giugno e luglio del 1907, è universalmente riconosciuto come il manifesto pittorico del Cubismo. L’opera lasciò un segno indelebile non solo nell’ambito della storia dell’arte, ma anche nella maturazione personale di Picasso come artista.
Rispetto al Periodo Blu e al Periodo Rosa, ancora saldamente legati alla tradizione, Les demoiselles sovvertirono completamente i canoni visivi della pittura occidentale. A partire da quella data la pittura non sarà più la stessa.

Rinunciando all’armonia compositiva, alla freschezza cromatica, a qualsivoglia pretesa simbolica o sentimentale, Picasso si scagliò contro il concetto di figurazione: il quadro è materia, realtà fisica e tangibile e, come tale, strumento fine a sé stesso, idoneo a realizzare una nuova e diversa struttura di rapporti rispetto alla natura esterna.
Ciò che noi vediamo non corrisponde a ciò che noi sappiamo, l’apparenza della natura non equivale alla conoscenza dell’arte.
“Parlano di naturalismo in opposizione alla pittura moderna. Mi piacerebbe sapere se qualcuno ha mai visto un’opera d’arte naturale. Natura e arte, essendo due cose distinte, non possono essere la medesima cosa. Con l’arte esprimiamo la nostra concezione di ciò che non è natura.” (Pablo Picasso)
LES DEMOISELLES D’AVIGNON, LA CRITICA
Pablo Picasso cominciò a lavorare a Les demoiselles d’Avignon nel 1906, completandola solo l’anno seguente. Rimasta nell’atelier dell’artista per molti anni, venne fatta vedere solo a pochi amici, intenditori e colleghi, i quali ne rimasero profondamente turbati.
Fra i più polemici vi furono, fra gli altri, Henri Matisse che la giudicò “un oltraggio”, il collezionista russo Sergej Ščukin che la descrisse come “una tragica perdita per l’arte francese”, il critico d’arte Leo Stein che la paragonò ad “un cataclisma” e il pittore Andrè Derain che si spinse fino a presagire una drammatica fine per il suo autore.
“Il suo quadro è un’impresa disperata. Un giorno o l’altro scopriremo che Pablo si è impiccato dietro la sua grande tela.” (André Derain)
I primi a capire la portata rivoluzionaria de Les demoiselles furono Guillaume Apollinaire e Max Jacob. Essi intesero l’intento di Picasso, ossia quello di dare vita alla quarta dimensione, una dimensione non esistente nella realtà, ma nello spazio della mente. Proprio per questo motivo gli consigliarono di intitolare il quadro Le bordel philosophique (Il bordello filosofico), alludendo al soggetto – cinque prostitute di una casa di appuntamenti di carrer d’Avinyò a Barcellona – e alle sue implicazioni intellettualistiche.

In seguito a questa accoglienza non propriamente benevola, Picasso decise di lasciare la tela al chiuso del suo studio, lontana da occhi indiscreti e da altre possibili critiche. Nel 1924 il couturier e collezionista francese Jacques Doucet decise di acquistarla senza averla mai vista, esclusivamente in basa alla fama che se ne era diffusa. Fu solo nel 1925 che Les demoiselles vennero rese pubbliche attraverso una riproduzione apparsa nella rivista “Le Révolution Surréaliste”, a corredo di un saggio di André Bréton “Le Surréalisme et la peinture”.
Quello de Les demoiselles fu quindi un successo a posteriori, in un’epoca in cui il Cubismo si era oramai esaurito nella sua parte più vitale. Ma questa tarda pubblicità non ne esaurì la carica esplosiva, il dipinto esercitò infatti una profonda influenza su tutta l’arte a venire.
“Fu la deformità dei volti che fece inorridire i convertiti a metà. Privati del sorriso, potevano solo ravvisare la smorfia. Per troppo tempo, forse, il sorriso della Gioconda era stato il sale dell’arte […] La Gioconda, come Cristo, fu un eterno ladro di energie.” (André Salmon)
LES DEMOISELLES D’AVIGNON, LA RIVOLUZIONE DEI CUBI
Furono due gli avvenimenti che concorsero ad indicare il 1907 come anno di nascita del Cubismo: la datazione de Les demoiselles d’Avignon e la retrospettiva dedicata a Paul Cézanne dello stesso anno a Parigi.
Quella del cubismo fu una rivoluzione compiuta a “piccoli cubi”, ma di portata epocale. Veniva completamente stravolto il concetto mimetico dell’arte. L’arte rivendicava la sua autonomia linguistica ed espressiva. Per la prima volta non era importante il “cosa” ma il “come”. L’arte si fece così puro gioco della mente e la pittura un mero esercizio cerebrale.
“[…] i suoi enormi nudi femminili […] sono maschere quasi completamente prive di umanità. Non sono neppure divinità, o titani, o eroi; né figure allegoriche, o simboliche. Sono puri problemi, numeri bianchi sulla lavagna. Picasso ha così formulato il principio della pittura come equazione.” (André Salmon)

Nella nuova realtà cubista nessun dato visivo veniva dato come assoluto: un contorno netto volgeva improvvisamente in una linea vibrante, una forma opaca poteva divenire cristallina, una superficie era in grado di definire uno sfondo ed essere simultaneamente percepita in primo piano. E tutto questo si verificava perché è il nostro mondo ad essere relativo e, di conseguenza, anche la nostra comprensione ne è limitata. La conoscenza delle cose è definita dal soggetto che guarda.
Les demoiselles alimentarono accesi dibattiti sul ruolo dell’arte e dell’artista, contribuendo a rompere le catene che ancora imbrigliavano la pittura alle vetuste concezioni ottocentesche.
“Bisogna trattare la natura attraverso il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva, in modo che ogni parte di un oggetto, di un piano, sia diretta verso un punto centrale. Le linee parallele all’orizzonte esprimono la larghezza, che è un aspetto della natura, o se preferite dello spettacolo che il Pater Omnipotens Aeterne Deus dispiega davanti ai vostri occhi. Le linee perpendicolari all’orizzonte rappresentano la profondità. Per noi uomini la natura è più in profondità che in superficie; di qui la necessità d’introdurre nelle nostre vibrazioni luminose, rappresentate dai rossi e dai gialli, una certa dose di toni blu per far sentire l’aria.” (Paul Cézanne)
LES DEMOISELLES D’AVIGNON, I RIFERIMENTI
Les demoiselles d’Avignon inaugurarono un nuovo corso dell’arte, innestandosi però su una precedente cultura figurativa. La donna all’estrema sinistra, ad esempio, riprende le tecniche di rappresentazione egizia, l’origine delle due immagini centrali è da ricercare nella cultura iberica preromana filtrata attraverso l’opera di El Greco (proprio in quel periodo, l’amico di Picasso, Miguel Utrillo, ne pubblicava la prima monografia spagnola), mentre i due nudi all’estrema destra si ispirano alle maschere rituali dell’Africa nera.
Non del tutto priva di fondamento è una lontana parentela del dipinto con il “Bagno turco” di Ingres (1862), mentre esplicito è l’omaggio a “Le grandi bagnanti” di Paul Cézanne (1895). Anche la “Joie de vivre” di Henri Matisse (1906) e le “Bagnanti” di André Derain (1907) rappresentano dei punti di riferimento obbligati, ma più per opposizione che per analogia.

Ma pur guardando al passato, queste cinque fanciulle compirono l’eccidio di quell’illustre passato: era la morte del bello, necessaria per fondare una nuova sintesi formale. Come ebbe a dire lo stesso Picasso “la riuscita del quadro è il risultato di tutte le cose graziose che si sono rifiutate.” Con quest’opera Picasso gettò le basi di quello che venne poi definito Cubismo, un movimento che traghettò l’arte nel Novecento.
“Malgrado le tue spiegazioni, è come se tu volessi farci inghiottire della stoppa e bere del petrolio per vomitare fuoco.” (Georges Braque a proposito de “Les demoiselles d’Avignon”)
LES DEMOISELLES D’AVIGNON, IL PUNTO DI NON RITORNO
Les demoiselles d’Avignon, anche se non vennero rese note al grande pubblico fino al 1925, costituirono la chiave di svolta per lo sviluppo dello stile pittorico di Pablo Picasso. Negli anni successivi, tra il 1909 ed il 1912, Picasso fu occupato con Georges Braque nell’elaborazione di quello che verrà definito come Cubismo analitico. In questo periodo di felice collaborazione essi realizzarono quasi esclusivamente nature morte, dominate da poche tonalità giocate sui toni del marrone, grigio e blu, concentrandosi molto sulla costruzione dei volumi e la modulazione delle superfici.
Queste opere erano il frutto di una riflessione più attenta, rispetto all’enfasi emotiva che aveva dato vita a Les demoiselles, il tentativo di dare una risposta meditata sulla possibile riconciliazione tra le esigenze della Natura e le pretese dell’Arte, problematica già messa in luce da Cézanne sul finire dell’Ottocento. Di fronte alla possibilità di una sintesi operata da Cézanne, la risposta dei cubisti fu di aperta rottura: la voce dell’Arte aveva preso il sopravvento.

“Pittura… un’arte stupefacente dove la luce è senza limiti. Severamente, Picasso ha interrogato l’universo. Si è abituato all’immensa luce delle profondità. Non è possibile indovinare le possibilità, né tutte le tendenze di un’arte così profonda e minuziosa. Picasso è l’erede diretto di tutti i grandi artisti, improvvisamente destato alla vita, si impegna in una direzione che non è stata ancora presa. In ogni arte c’è un lirismo, Picasso è spesso un pittore lirico. E le proporzioni di quest’arte divengono man mano più maestose senza perdere nulla in grazia.” (Guillaume Apollinaire)