FRANCESCA WOODMAN SI TOLSE LA VITA A SOLI VENTIDUE ANNI MA CON LE SUE IMMAGINI, COSÌ SINCERE E BRUTALI, SI È RITAGLIATA UN POSTO DI PRIMO PIANO NELLA STORIA DELLA FOTOGRAFIA.

Ho dei parametri e la mia vita a questo punto è paragonabile ai sedimenti di una vecchia tazza da caffè e vorrei piuttosto morire giovane, preservando ciò che è stato fatto, anziché cancellare confusamente tutte queste cose delicate.” (Francesca Woodman)

 

FRANCESCA WOODMAN, LA BIOGRAFIA

 

Francesca Woodman nacque a Denver, nel Colorado, il 3 aprile 1958 da una famiglia di artisti. Suo padre George era un pittore, sua madre Betty una ceramista, mentre suo fratello Charles un artista digitale.

Trascorse lunghi periodi della sua infanzia in Italia, dove frequentò il secondo anno di scuola elementare. I suoi genitori avevano infatti acquistato una proprietà nella campagna di Antella, nei pressi di Firenze.

Nel 1972 venne iscritta alla Abbott Academy di Andover, un collegio femminile nel Massachusetts. Qui scoprì la fotografia, appassionandosi immediatamente a questo linguaggio.

A tredici anni scattò il suo primo autoritratto. “Autoritratto a tredici anni” costituisce una già una dichiarazione di tutta quella che sarà la sua poetica artistica. In un interno, seduta su una panca con addosso un voluminoso maglione, la Woodman ha il viso completamente coperto dai capelli ed in mano regge il filo dell’autoscatto. Un’immagine concentrata soprattutto sul suo corpo e su ciò che lo circonda.

Non me ne frega nulla della tecnica, voglio solo bruciare le immagini e fissarle abbastanza a lungo da poterle vedere. Voglio solo vederle, farle emergere. Lasciarle vivere.” (Francesca Woodman)

 

Francesca Woodman, Autoritratto a tredici anni, 1972
Francesca Woodman, Autoritratto a tredici anni, 1972

 

Gli anni tra il 1975 ed il 1978 plasmarono gran parte del suo lavoro, mentre studiava presso la Rhode Island School of Design di Providence. In questo periodo emerse il suo precoce talento e vennero organizzate alcune mostre personali. Nel 1979, reduce da un’esperienza di studio a Roma, si trasferì a New York, interessandosi alla fotografia di moda per potersi mantenere e dedicarsi con maggiore autonomia alle sue ricerche artistiche.

Nel gennaio del 1981 la Woodman pubblicò la sua prima, e unica da viva, raccolta di fotografie dal titolo “Some Disordered Interior Geometries” (Alcune disordinate geometrie interiori). Una sorta di testamento affidato ad immagini delicate, enigmatiche e profondamente sofferte.

Il 19 gennaio dello stesso anno, Francesca Woodman si tolse la vita gettandosi da un palazzo di New York, all’età di ventidue anni.

Le cose reali non mi spaventano, ma quelle nella mia mente sì.” (Francesca Woodman)

 

FRANCESCA WOODMAN, I SOGGETTI E LO STILE

 

In soli nove anni di attività, Francesca Woodman lasciò una traccia indelebile nella storia della fotografia contemporanea. In quei fatidici nove anni, ella riuscì a raccontare un’intera epoca, partendo dall’analisi delle sue personali frustrazioni e delle sue più intime paure.

Durante gli anni Settanta, un periodo di ribellione e di rivolta sociale, la Woodman maturò una sua personale visione del mondo incentrata su un ripensamento della donna e della sua femminilità, ridefinendo la sua immagine attraverso strategie di comunicazione non convenzionali. Il suo corpo occupa la scena dei suoi scatti: luogo privilegiato di una catarsi rispetto agli orrori del quotidiano.

Mi interessa il modo in cui le persone si relazionano con lo spazio. Ho iniziato con delle immagini fantasma, persone che si dissolvono su un piano, persone in divenire o che emergono dall’ambiente.” (Francesca Woodman)

 

Francesca Woodman, Autoritratto, 1976
Francesca Woodman, Autoritratto, 1976

 

In minuscole stanze, avvolta da muri scrostati e da tracce di esistenze trascorse, Francesca rappresentò sé stessa prendendo, nello stesso tempo, le distanze da sé: una trasposizione figurativa che fa dell’Io l’Altro, tentando così di riparare alla frantumazione dell’unità perduta.

Il corpo dell’artista, esposto nella sua nudità, non costituisce un’icona erotica né un sacello idealizzato, ma si assimila agli intonaci, gioca con la propria ombra, si confonde con mobili ed oggetti, si mescola alla natura: un corpo sorpreso dall’autoscatto che pare cercare continuamente un nascondiglio.

Io vorrei che le mie fotografie potessero ricondensare l’esperienza in piccole immagini complete, nelle quali tutto il mistero della paura o comunque ciò che rimane latente agli occhi dell’osservatore uscisse, come se derivasse dalla sua propria esperienza.” (Francesca Woodman)

 

Francesca Woodman, Autoritratto, 1978
Francesca Woodman, Autoritratto, 1978

 

Questa sua ricerca ossessiva sulla propria persona testimonia che a fondamento di ogni pensiero, di ogni azione, di ogni foto, non c’è nient’altro che il Sé: l’ostinata ricerca del proprio io, destinata a non trovare soluzioni chiare e definitive. Le fotografie della Woodman non danno delle risposte, ma pongono infiniti quesiti: oggetti e persone colte sull’orlo dell’evanescenza, un istante prima di un qualcosa che è già altro, un altrove sfuggevole che non riusciamo a definire.

Tutta la magia del lavoro della Woodman risiede in questo insondabile mistero: un’illuminazione che non ammette spiegazioni nel suo tentativo di suggerire l’invisibile attraverso il visibile.

Ha una sua solitudine lo spazio/ Solitudine il mare/ E solitudine la morte, eppure/ tutte queste son folla/ In confronto a quel punto più profondo,/ Segretezza polare,/ Che è un’anima al cospetto di sé stessa:/ Infinità finita.” (Emily Dickinson, Solitudine, 1865)