UN DIAMANTE È PER SEMPRE, COSÌ SI DICE. LA PIETRA PIÙ DURA, MA ANCHE LA PIÙ BRILLANTE, HA SUSCITATO GRANDE AMMIRAZIONE FIN DAI TEMPI ANTICHI, ALIMENTANDO NUMEROSE CREDENZE E STRAORDINARIE LEGGENDE.

Le cose più rare al mondo, dopo il buon senso, sono i diamanti e le perle.” (Jean de la Bruyere)

 

I DIAMANTI, LA STORIA

 

Il termine diamante deriva dal greco adamas che significa inalterabile, molto probabilmente perché gli antichi non conoscevano materia capace di lavorarlo, intaccarlo o distruggerlo. In Oriente i diamanti erano noti fin dal 3.000 a.C. e venivano utilizzati per decorare le tombe ed ornare i morti, in quanto si riteneva che fossero in grado di proteggere le anime dei defunti. Fu solo nel IV secolo a. C. che i diamanti giunsero in Europa, in seguito alla spedizione di Alessandro Magno in India.

Per molto tempo il diamante circolò nella sua forma grezza, simile ad un piccolo ottaedro di vetro brunito. Nonostante l’estetica lasciasse molto a desiderare, la pietra era ricercata per la sua durezza, proprietà che ne fece un utile strumento da lavoro.

 

Franz Winterhalter Ritratto della Principessa Elisabetta d'Austria, dettaglio, 1865
Franz Winterhalter Ritratto della Principessa Elisabetta d’Austria, dettaglio, 1865. L’acconciatura è impreziosita da stelle decorate con una perla al centro e dei diamanti sulle punte.

 

Verso la fine del XIV secolo a Venezia, città che aveva intensi traffici con l’Oriente, fecero la loro comparsa i primi diamanti sfaccettati, tagliati con la loro stessa polvere. Le gemme così levigate risultavano più brillanti e gradevoli allo sguardo. Nel corso del tempo la tecnica del taglio dei diamanti si perfezionò, sfruttando appieno le caratteristiche naturali della pietra che, se opportunamente lavorata, è in grado di sprigionare luce propria.

Molti individui, come i diamanti grezzi, nascondono splendide qualità dietro una ruvida apparenza.” (Giovenale)

 

I DIAMANTI, IL SIGNIFICATO

 

Data la sua proverbiale resistenza e caratteristica trasparenza, il diamante è simbolo di lealtà, fedeltà e di purezza suprema. Per questo motivo, già dal Medioevo, si usava donare all’amata un anello con due pietre, un diamante e un rubino, ad indicare l’amore eterno e il fuoco della passione.

La sua rarità e incorruttibilità ne hanno fatto anche l’emblema del potere: re, imperatori, principi e dignitari di vario genere, si sono adornati di diamanti per dimostrare la loro forza e la loro grandezza. Non a caso, tra le collezioni più prestigiose di diamanti, figurano quella della Corona inglese e quella privata della regina Elisabetta II, che annoverano pezzi sorprendenti come il Cullinan (detto anche “Stella d’Africa”), il più grande diamante grezzo mai trovato – ora tagliato in vari pezzi -, o il leggendario Koh-i-Noor (letteralmente “Montagna di luce”), oggi incastonato nella croce maltese della corona di Elisabeth Bowes-Lyon, madre di Elisabetta II.

 

Franz Xaver Winterhalter, Ritratto della regina Vittoria con indosso una spilla con il diamante Koh-i-Noor, dettaglio, 1856
Franz Xaver Winterhalter, Ritratto della regina Vittoria, dettaglio, 1856. Al centro del petto si nota il celebre diamante Koh-i-Noor, incastonato in una spilla.

 

Nella mitologia il diamante veniva associato alla figura di Venere, poiché si riteneva in grado di liberare da tutte le influenze maligne. La leggenda vuole che chiunque ottenga un diamante in modo virtuoso, senza ricorrere al sopruso, sia benedetto da una grande fortuna; un po’ come se le qualità di resistenza del diamante si trasmettessero alla persona. Secondo la tradizione popolare, il diamante rende invisibili, può mettere in fuga gli spettri o aiutare ad ottenere il favore delle dame.

In tutte le culture al diamante vengono attribuite esclusivamente valenze positive: un potente talismano, catalizzatore di forze divine, simbolo di luce e di vita, capace di proteggere dalla malattia e dalla mala sorte.

Il diamante rappresenta il più grande valore, non solamente delle pietre preziose, ma di tutte le cose buone della terra.” (Plinio il Vecchio, “Naturalis Historia”, I sec. d.C.)

 

PALLADE ED IL CENTAURO DI SANDRO BOTTICELLI

 

La passione dei Medici per le gemme, ed in particolare per i diamanti, era un fatto risaputo. Fin dagli albori della casata i diamanti vennero assunti come emblema da diversi membri della dinastia, e venivano utilizzati di frequente come motivi ornamentali o decorativi.

Nel corso del loro dominio i Medici giunsero ad avere nella loro raccolta quasi quattromila diamanti, di varia bellezza e dimensione, tra cui il famigerato Fiorentino, di dimensioni eccezionali, le cui tracce si sono perse negli anni Venti del Novecento. Questi diamanti venivano montati assieme ad altre pietre preziose, come le perle o i rubini, ed utilizzati per decorare spade, scudi, fibbie, o per la creazione di straordinari monili.

Lorenzo il Magnifico, una volta salito al potere, si dotò di un simbolo personale, costituito da tre anelli intrecciati, secondo una disposizione triangolare, e sormontati da un diamante. I tre anelli ricorrono al senso allegorico di fede, speranza e carità, oltre al legame tra le forze naturali, aria, terra ed acqua.

 

Sandro Botticelli, Pallade e il Centauro, dettaglio, 1482-1485
Sandro Botticelli, Pallade e il Centauro, dettaglio, 1482-1485

 

Tra il 1482 ed il 1485 Sandro Botticelli realizzò un dipinto dal titolo “Pallade ed il Centauro”, oggi custodito alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Ad una prima lettura la scena presenta Atena, dea della ragione, impegnata ad ammansire un centauro, incarnazione delle passioni più bieche. In realtà in nessun racconto mitologico dell’antichità vi è traccia di un episodio di questo genere, ciò ci permette di affermare che l’iconografia è un’invenzione originale del Botticelli. E quindi qual è l’autentico significato di quest’opera?

Secondo un’analisi più approfondita, il dipinto farebbe riferimento alla situazione politica del tempo: in quegli anni Lorenzo il Magnifico era impegnato a negoziare una pace con il Regno di Napoli, per scongiurare la sua adesione alla lega antifiorentina promossa da papa Sisto IV. In quest’ottica il centauro rappresenterebbe l’altera Roma domata da Firenze, ossia Pallade, mentre lo scorcio naturale alle loro spalle alluderebbe al Golfo di Napoli.

A corroborare questa ipotesi ci viene in aiuto anche l’aspetto della dea. Atena ha il capo e la veste contornati da rami di ulivo, tradizionalmente simbolo di pace, inoltre l’abito è ricamato con anelli di diamante incrociati, motivo del sigillo di Lorenzo il Magnifico, e ancora grandi anelli con diamante tengono strette le fronde di ulivo attorno al corpo. L’identificazione di Pallade con Lorenzo de Medici, e quindi con Firenze, pare molto più che un fatto probabile.

Rappresentati in opere pittoriche, oppure montati a formare mirabili gioielli, i diamanti non sono esclusivamente dei preziosi ornamenti, ma costituiscono degli elementi supplementari, a volte essenziali, per poter decifrare il senso più profondo di un’opera d’arte; essi raccontano di mode passate, rivelano il gusto di un’epoca, ma soprattutto imprimono la memoria di oggetti altrimenti perduti.

 

Thomas Sully Ritratto della regina Vittoria, dettaglio, 1838
Thomas Sully Ritratto della regina Vittoria, dettaglio, 1838. La regina indossa corona, orecchini e collana di diamanti.