PRESO INGIUSTAMENTE DI MIRA DALLE CREDENZE POPOLARI, IL GATTO NERO, CON LA SUA FELINA ELEGANZA, HA AVUTO UN GRANDE SUCCESSO NEL MONDO DELL’ARTE.

Le Chat Noir (Il Gatto Nero) era uno dei più importanti caberet della Parigi d’avanguardia di fine Ottocento. Luogo di ritrovo per poeti, pittori, letterati e chansonnier, Le Chat Noir entrò ben presto nella leggenda. Il nome la dice lunga sulle caratteristiche del locale: libertà ed anticonformismo erano le parole d’ordine.

 

IL GATTO NERO, LA SIMBOLOGIA

 

Molto amato dagli artisti che ne vedevano il riflesso della loro personalità indipendente ed inafferrabile, il gatto è un animale che ha attirato su di sé una grande quantità di leggende, credenze e superstizioni.
Innalzato dagli antichi Egizi al ruolo di divinità femminile universale, attributo della dea Diana per i greci e i romani, nel Medioevo cristiano il gatto fu uno dei simboli associati al maligno e alle forze oscure. E proprio il gatto nero venne condannato, con tanto di bolla ufficiale della chiesa, come incarnazione di Satana.

 

Giovanni Boldini, Ragazza con gatto nero, 1885
Giovanni Boldini, Ragazza con gatto nero, 1885

 

Riabilitato in epoca moderna, non solamente come grazioso animale di compagnia, al gatto viene attribuita una condotta di vita non ordinaria e fuori dagli schemi. E così anche il gatto nero riuscì a guadagnarsi una posizione di primo piano, divenendo il protagonista di numerose opere d’arte.

 

IL GATTO NERO, LA RAPPRESENTAZIONE

 

Quando venne esposta al Salon di Parigi del 1865, l’Olympia di Édouard Manet suscitò un grande scandalo, tanto che fu necessario rimuovere la tela per placare le proteste del pubblico benpensante. Il dipinto, oggi custodito al Musée d’Orsay, mostra una donna nuda,  mollemente adagiata su un letto, con lo sguardo indifferente e una mano appoggiata sul ventre, come a voler nascondere, o forse ad enfatizzare, l’oggetto del suo mercato.

Ai piedi della donna un gatto nero fissa lo spettatore. Un gatto selvatico, e addirittura nero, fu appositamente utilizzato da Manet per rivendicare l’indole della protagonista, refrattaria, nella condotta della sua esistenza, a sottomettersi alle regole comuni. Un gatto nero compare anche nel ritratto che Manet fece alla moglie Suzanne Leenhoff.

 

Édouard Manet, Olympia, 1863
Édouard Manet, Olympia, 1863

 

Vent’anni più tardi, nel 1885, Giovanni Boldini realizzò una bellissima opera, la Ragazza con il gatto nero, dove il gatto nelle braccia della giovane fanciulla non è un semplice attributo, ma un protagonista a pieno titolo dell’opera.

Sicuramente la riproduzione più iconica di un gatto nero è quella che Théophile-Alexandre Steinlen realizzò per Le Chat Noir, un’immagine che è divenuta l’emblema della Parigi bohémien e alla moda di fine secolo.

Un gigantesco gatto nero, dal pelo ispido e dagli occhi gialli, si staglia su di uno sfondo dorato. Dietro la testa un’aureola lo trasforma in una animale sacro, a metà strada tra un idolo pagano e un’icona bizantina. Sfrontato e beffardo, affonda le zampe in un basamento rosso, su cui spicca la coda elegantemente arricciata.

Con uno stile asciutto e semplificato, erede delle stampe giapponesi, Steinlen diede fama immortale al gatto nero, bestia affascinante ed enigmatica, familiare ed estranea, tenera e feroce, anticonformista ed anarchica come lo spirito che aleggiava su Montmartre al volgere del secolo.

 

Théophile-Alexandre Steinlen, Tournée du Chat Noir, 1896
Théophile-Alexandre Steinlen, Tournée du Chat Noir, 1896

 

L’ardente innamorato, il dotto austero
amano entrambi, nell’età matura,
i gatti dolci e possenti, orggoglio della casa,
freddolosi e imboscati come loro.
Amici della scienza e del piacere,cercano il silenzio e l’orrore del buoio,
galoppini ideali dell’Erebo se, fieri
come sono, a servire potessero adattarsi.
S’atteggiano, pensosi, nobilmente,
come le grandi sfingi solitarie
immerse, sembra, in sogni senza fine;
feconde le reni, e piene di magiche scintille;
e, come sabbia fine, minime parti d’oro
vagamente costellano le mistiche pupille.”
(Charles Baudelaire, I gatti, da Les fleurs du mal, 1857)