PASSIONE, DEDIZIONE, AMBIZIONE E PERSEVERANZA, FURONO I COMPAGNI DI LAVORO DI JOHN SINGER SARGENT, UNA DELLE VOCI PIÙ ELEGANTI NELLA STORIA DELLA PITTURA.
Mondano e salottiero nella vita pubblica, ma riservatissimo riguardo alla sua sfera privata, Sargent immortalò il bel mondo di fine secolo, seminando scandalo nella bigotta società parigina della Terza Repubblica.
JOHN SINGER SARGENT, LA FORMAZIONE
John Singer Sargent nacque a Firenze il 12 gennaio 1856, figlio del chirurgo Fitzwilliam Sargent e di Mary Newbold Singer, donna colta e raffinata, proveniente da un’agiata famiglia di Filadelfia. I suoi genitori facevano parte della prima generazione di americani espatriati in Europa che precedette la grande ondata capeggiata da Gertrude Stein, Francis Scott Fitzgerald ed Ernest Hemingway. Il Vecchio Continente, con la sua cultura millenaria, esercitava un grandissimo sui cittadini statunitensi: un richiamo tanto più irresistibile, quanto più impetuoso era lo sviluppo economico del loro paese.
“[…] un indagatore instancabile del senso delle cose, ovvero, in ultima istanza, una persona che ha il gusto dell’incantesimo, si muove attraverso queste strade ricche di memorie, di gallerie, di chiese. Vecchie case, vecchi palazzi, vecchia gente, se si vuole, vecchie stirpi, ci colpiscono sempre quando ci svelano con maggiore libertà i loro segreti […]” (Henry James, “Ore italiane”, 1909)
A tutti gli effetti un autodidatta, Sargent venne incoraggiato dalla madre nelle sue inclinazioni artistiche. Fin da piccolo si dimostrò un prodigio nel disegno e possedeva una certa dimestichezza nella tecnica dell’acquerello. La sua formazione scolastica fu discontinua, a causa dei continui viaggi dei genitori, ma questo viaggiare non fece che accentuare quel suo peculiare carattere cosmopolita. Fu il mondo ad essere la sua scuola: parlava a perfezione quattro lingue e, oltre alla pittura, coltivava le lettere e lo studio del pianoforte.
JOHN SINGER SARGENT A PARIGI
Nel 1874, su volere della famiglia, Sargent venne mandato a Parigi per studiare presso l’atelier di Carolus-Duran (all’anagrafe Charles Émile Auguste Durand) , un rinomato artista che insegnava pittura secondo i modelli dell’amato Velàzquez. Lo scopo era quello di indirizzarlo ad una fruttuosa carriera di ritrattista, un genere molto richiesto dagli aristocratici e dai ricchi borghesi del tempo.
Il “Ritratto di Carolus-Duran”, esposto al Salon del 1879, segnò l’esordio di Sargent nel mondo dell’arte. “C’è sempre una piccola folla intorno al quadro e sono tutti dello stesso parere: pensano che sia eccellente“, riconosceva con orgoglio il padre di Sargent. Il dipinto gli aprì le porte della buona società parigina: era diventato un pittore alla moda, suo malgrado.
Rigettando da sempre etichette e categorie precostituite, Sargent si vide incastrato nel ruolo di cantore del bel mondo, un ruolo scomodo, che limitava la comprensione delle sue eccezionali doti di artista. Malgrado ciò, è indubbio che nel ritratto seppe distinguersi per la sua straordinaria intensità psicologica unita ad un’inconfondibile eleganza stilistica.
“Ogni volta che dipingo un ritratto perdo un amico.” (John Singer Sargent)
JOHN SINGER SARGENT E IL RITRATTO DI MADAME X
Agli albori della sua fama, Sargent fu il protagonista di uno spiacevole incidente, causato da un audace dipinto esposto al Salon del 1884. L’opera, passata alla storia come “Ritratto di Madame X”, mostrava una donna dell’alta società con tutti gli attributi del suo status. Ciò che fece gridare allo scandalo fu la spallina del raffinato abito da sera, lasciata cadere mollemente lungo il braccio della donna: un piccolo particolare che fu dal pubblico interpretato come segno di lussuria.
Il quotidiano “Le Figaro” parlò della sconcia spallina affermando “un solo movimento e potrebbe rimanere nuda”, ed è proprio questo che immaginarono gli spettatori attoniti di fronte alla tela. Vedendo quel lembo di pelle scoperto il pubblico ipotizzò una liaison tra il pittore e la modella: quale intima confidenza vi sarebbe mai stata tra i due durante le sessioni di posa? – questa era la domanda che tormentava tutti. Anche perché la donna non era una donna qualunque: si trattava infatti di Virginie Amélie Avegno, moglie del banchiere e magnate navale Pierre Gautreau. Subito Sargent cercò di rimediare correggendo l’inclinazione della spallina e cambiando il nome del quadro in “Ritratto di Madame X”, ma il dipinto continuò ad essere fonte di infamanti pettegolezzi.
“Questo quadro superbo, nobile nella concezione e magistrale nel tratto, concede alla figura rappresentata qualcosa dell’altorilievo dei profili dei grandi greci. È un’opera da prendere o lasciare, come si suol dire, e per la quale la questione del gusto è facilmente messa a tacere. L’autore non si è mai spinto tanto oltre nell’affermare la propria audacia e coerenza.” (Henry James parlando del “Ritratto di Madame X”)
JOHN SINGER SARGENT E L’AMICIZIA CON IL DOTTOR POZZI
Ma come era stato introdotto Sargent nell’high society parigina? Il tramite per la sua ascesa sociale fu un medico, ma non un medico qualunque, si trattava del celebre ginecologo Samuel-Jean de Pozzi. Noto per le sue ineguagliabili doti di medico, che lo portarono ad innovare in modo decisivo la sua materia, è passato alla storia per il suo irresistibile fascino, che lo rese il protagonista di molte dicerie, più o meno confermate. Ma, si sa, quando una persona è dotata allo stesso modo di bellezza e di intelligenza, diventa facile bersaglio dell’invidia dei molti.
Gli si attribuivano numerose amanti, signore titolate ma anche stelle dello spettacolo, quali la cantante lirica Georgette Leblanc, l’attrice Rejane e la Divina Sarah Bernhardt. Tutte queste donne erano anche sue pazienti, ecco dunque come si fomentarono le chiacchiere: le sue visite ginecologiche non sarebbero state altro che la chiave di volta per entrare nei letti di queste gentili donzelle, ovviamente consenzienti. Comunque sia, indubbio è il potere che Pozzi esercitava sul gentil sesso: la principessa di Monaco lo definiva “vergognosamente bello”, per la Bernhardt era “Docteur Dieu”, mentre la matrona dei salotti cittadini Madame Aubernon aveva coniato per lui l’epiteto di “L’Amour Médicin”, facendo riferimento ad una commedia di Molière.
Tra le pazienti del nostro “Dr Love” vi figurava anche Amélie, alias “Madame X”, da lui operata per una ciste ovarica attorno al 1880. Ecco aggiungersi un altro tassello oltre allo sconcio dipinto. Una spallina così ostentata sommata all’essere una paziente del dottor Pozzi non poteva che segnare per sempre la reputazione di questa giovane.
L’amicizia tra Sargent e Pozzi non produsse esclusivamente questo oltraggio alla morale comune, ma ci ha lasciato uno dei più magnifici e penetranti ritratti maschili. Rifiutato dalla Royal Academy di Londra del 1882, “Dottor Pozzi a casa”, è un’opera che si ispira agli esempi della ritrattistica seicentesca, ravvivandola di una modernissima analisi caratteriale.
Il medico è ripreso nella sua casa, in atteggiamenti rilassati, ma eroici. Indossa una vestaglia rossa da camera, ma ciò non toglie nulla alla sua prestanza, tale da farlo apparire – secondo le parole di Henry James – “un Van Dyck principesco”. Alto, virile e slanciato, il dottor Pozzi si staglia tra due pesanti tende bordeaux, che mettono in risalto la sua figura scarlatta. Ma le vere protagoniste della rappresentazione sono le mani, mani candide e affusolate, messe appositamente in mostra per esibire quella che è la professione dell’uomo, quella ufficiale e quella “presunta”.
“La mano destra gioca con quello che sembra un alamaro. La mano sinistra aggancia uno dei due cordini della cintura, un richiamo al cappio della tenda sullo sfondo. L’occhio li segue fino al nodo complicato da cui pende una coppia di folte e morbide nappe, una sovrapposta all’altra. Scendono fin sotto l’altezza dell’inguine, come il fallo di un toro scarlatto. Era questo ciò che aveva in mente il pittore? Chi lo sa. Non ha lasciato nulla di scritto sul quadro. Ma era un pittore malizioso ed eccessivo allo stesso tempo, e anche un pittore di eccessi, per nulla spaventato dalle controversie, casomai, ne era quasi attratto.” (Julian Barnes, “L’uomo con la vestaglia rossa”, 2019)
JOHN SINGER SARGENT IN INGHILTERRA
In seguito al fattaccio del “Ritratto di Madame X”, la signora Amélie Avegno, coniugata in Gatreau, fu costretta a ritirarsi a vita privata mentre Sargent dovette lasciare il paese, i suoi servigi non erano più graditi a Parigi. Fu così che, invitato dall’amico Henry James, Sargent giunse a Londra nel 1885. Qui affittò lo studio che era stato del collega e connazionale James Abbot McNeil Whistler, al numero 31 di Tire Street.
Di ritratti non ne volle più sentir parlare e tornò a dipingere paesaggi. “Adesso basta! I ritratti mi fanno orrore e non voglio più saperne. Spero di non dipingerne mai più, soprattutto di persone d’alta classe” – tuonava ancora scottato dai recenti eventi francesi. Nella pittura di paesaggi Sargent si era impratichito durante i suoi numerosi viaggi, tracciando una sorta di diario per immagini delle sue avventure. Anche in questo genere si dimostrò un grande maestro, coniugando uno studio meticoloso del dettaglio ad una freschezza di esecuzione: una pittura intensa, avvolgente, dal brioso andamento narrativo.
Nel 1894, a soli trentott’anni, venne eletto membro della Royal Academy, una carica di grande prestigio che sancì il riconoscimento ufficiale della sua grandezza.
JOHN SINGER SARGENT NEGLI STATI UNITI
Ma il trionfo definitivo, nonostante tutte le sue reticenze, gli venne conferito da quella nazione che i genitori avevano precocemente abbandonato e proprio come ritrattista, il genere che aborriva sopra ogni cosa. La neonata America ricoprirà Sargent di quella gloria che la vecchia Europa gli fece sempre pagare a caro prezzo.
Chiamato negli Stati Uniti da Elisabeth Allen Marquand, moglie di Henry Gourdon Marquand un facoltoso industriale nonché collezionista d’arte e benefattore del nascente Metropolitan Museu of Art, Sargent venne accolto con tutti gli onori possibili. La ricca borghesia americana trovò in Sargent il perfetto cantore dei propri trionfi economici.
Fu un susseguirsi di commissioni, che lo portarono a dipingere fino a venti ritratti l’anno: dagli Astor ai Vanderbilt, dai Malborough ai presidenti Roosevelt e Wilson, celebrità di ogni genere, miliardari e starlette, tutti premevano per un ritratto firmato Sargent. Isabella Stewart Garden, che stava allora costruendo la sua residenza a Boston sul modello di un palazzo veneziano, divenne, in questo periodo, la principale mecenate dell’artista.
JOHN SINGER SARGENT, L’EPILOGO
Agli inizi del Novecento Sargent può dirsi pienamente affermato, sia come uomo che come artista. Ma la belle époque stava volgendo al termine: il mondo pieno di speranze vide infrangere i suoi sogni di gloria sotto i colpi di una guerra che, per la prima volta, sarebbe stata mondiale.
Il 2 luglio 1918 Sargent partì per il fronte, non desiderava più dipingere, il ritrattista “alla moda suo malgrado” aveva esaurito il suo compito. Il 17 aprile 1925 John Singer Sargent morì, stroncato da un infarto, nel letto della sua dimora londinese.
I suoi eccezionali ritratti, testimonianza di un’epoca fatua ed effimera, vennero pesantemente stroncati dalle avanguardie, snobbati da critici importanti come Roger Fry e giudicati anacronistici da quei pittori che facevano del Cubismo il loro punto di partenza. Una critica più equa non può che esaltare il genio di questo artista, dal talento incontestabile, colpevole solo di esser stato travolto da una storia non sempre clemente.