TEORICO DELL’ISTANTE DECISIVO, HENRI CARTIER-BRESSON È STATO UNO DEI FOTOGRAFI PIÙ INFLUENTI DEL NOVECENTO, TANTO DA MERITARSI L’APPELLATIVO DI OCCHIO DEL SECOLO.
“In realtà la fotografia di per sé non mi interessa proprio; l’unica cosa che voglio è fissare una frazione di secondo di realtà.” (Henri Cartier-Bresson)
HENRI CARTIER-BRESSON, LE ORIGINI
Henri Cartier-Bresson nacque a Chanteloup-en-Brie, comune francese nella regione dell’Île-de-France, il 22 agosto 1908 da una famiglia dell’alta borghesia. Suo padre, André, era un famoso produttore tessile, i cui fili da ricamo e da cucito erano diffusi in tutta Europa. La madre, Marthe Le Verdier, discendeva da Charlotte Corday ed apparteneva ad una ricca famiglia di commercianti di cotone e proprietari terrieri della Normandia.
Maggiore di cinque fratelli, Henri trascorse la sua infanzia tra la Normandia e la casa parigina di Rue de Lisbonne, quartiere altolocato vicino a Parc Monceau.
Grazie all’influenza dello zio, un artista affermato, il giovane Cartier-Bresson si avvicinò al mondo della pittura, divenendo allievo di Jacques-Èmile Blanche e di André Lothe. Ben presto, visti anche gli scarsi risultati, abbandonò il mezzo pittorico per dedicarsi a quello che sarà l’amore di una vita: la fotografia. Fu uno scatto del fotografo ungherese Martin Munkacsi, “Tre ragazzi sul lago Tanganica”, a fargli capire la capacità espressiva della fotografia e convincerlo ad intraprendere la carriera di fotografo: “Devo ammettere” – sosteneva – “che è stata quella foto a dar fuoco alle polveri, a farmi venire voglia di guardare la realtà attraverso l’obiettivo.”

Tra il 1932 ed il 1935, con la sua inseparabile Leica 35 mm, acquistata ad un mercatino di Marsiglia, Cartier-Bresson intraprese una serie di viaggi fotografici che lo portarono in Africa, in Europa e in Sud America, rendendolo famoso come art-photographer.
“Il tuo occhio deve cogliere la composizione o l’espressione che la vita ti offre in quel momento, e devi sapere quando fare clic perché una volta che lo hai perso, se n’è andato per sempre.” (Henri Cartier-Bresson)
Al suo ritorno in Francia, nel 1937, cominciò a dedicarsi al fotogiornalismo dopo un periodo di apprendistato come regista accanto a Jean Renoir. Durante la seconda guerra mondiale entrò a far parte della resistenza francese. Catturato dai nazisti, riuscì a scappare e ad arrivare in tempo per documentare la liberazione di Parigi nel 1944.
HENRI CARTIER-BRESSON, LA NASCITA DI MAGNUM PHOTOS
Henri Cartier-Bresson fu uno dei protagonisti di un’impresa rivoluzionaria: la fondazione di una società cooperativa che riunì sotto la sua tutela i migliori fotografi dell’epoca, con lo scopo di dare loro autonomia e di proteggere il diritto d’autore.
Il 22 maggio 1947 venne fondata a New York la Magnum Photos, quella che ben presto diventerà la più celebre agenzia fotografica del mondo. Soci fondatori erano, oltre a Cartier-Bresson, Robert Capa, David Seymour – noto con lo pseudonimo di Chim -, George Rodger e William Vandivert, i più acclamati reporter del tempo. Il nome prescelto, riferendosi esplicitamente al formato della bottiglia di champagne da un litro e mezzo, da un lato suggeriva l’idea di un’associazione scanzonata di amici, dall’altra, riferendosi all’etimologia latina del termine, profetizzava un futuro di grande successo.
“Estrarre una buona fotografia da un foglio di provini è come scendere in cantina e prendere una buona bottiglia di vino.” (Henri Cartier Bresson)

Per capire la portata dirompente di tale iniziativa, bisogna considerare che all’epoca i fotografi lavoravano per grandi riviste che commissionavano loro i reportage: non erano considerati dei creativi, ma solo dei fornitori d’immagini, non erano potevano decidere in modo autonomo cosa fotografare né i temi da trattare e tutto ciò che producevano diventava proprietà della rivista. Fu quindi una conquista di fondamentale importanza per il mondo della fotografia, capace di fornire tutela ai fotografi e di donare loro la libertà necessaria per mantenere il loro stile senza alcun vincolo.
HENRI CARTIER-BRESSON, LO STILE
Henri Cartier-Bresson entrò nel mito della fotografia per la sua perfezione compositiva, ottenuta mediante un attento lavoro di osservazione. Egli si poneva di fronte ai suoi soggetti come un testimone silenzioso, non rubando, ma ricevendo da essi lo scatto ottimale.
Per lui fotografare significava “porre sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore”, un modo di rapportarsi alla realtà con sentimento, sguardo ed intelletto.
“La mia passione non è stata mai per la fotografia in sé stessa, ma per la possibilità che offre di incisione in una frazione di secondo l’emozione di un soggetto, e la bellezza della forma. È un’illusione che le foto si facciano con la macchina, si fanno con gli occhi, con il cuore, con la testa.” (Henri Cartier-Bresson)

Profeta dell’attimo fuggente, dell’istante decisivo, egli era in realtà un investigatore metodico e razionale dell’immagine. Sceglieva con grande cura lo sfondo su cui lavorare per poi attendere la scena ideale: un cecchino tenace, armato della sua affidabile macchina fotografica. La sua formazione artistica gli insegnò l’armonia delle forme, la perfetta calibratura di luci ed ombre, e quell’arcano equilibrio di linee che è il segreto di ogni scatto ben riuscito.
“Osservo, osservo, osservo. Sono uno che comprende attraverso gli occhi.” (Henri Cartier-Bresson)
HENRI CARTIER-BRESSON, L’EPILOGO
Henri Cartier-Bresson visse per la sua arte, muovendosi infaticabilmente tra paesi e continenti, alla ricerca di avventure e di eventi da raccontare. Fu testimone dei più grandi eventi del Novecento: documentò l’apertura dei campi di concentramento, si incontrò con Gandhi poche ore prima del suo assassino, registrò gli ultimi giorni del Kuomintang e i primi del nuovo regime maoista. In questo suo essere al centro della storia, Cartier-Bresson si mantenne sempre defilato, avvolto in una sorta di riservato anonimato: le sue rivoluzioni le compì senza clamori, ma con lo stile e l’eleganza di un maestro zen.
“Noi fotografi, vediamo e facciamo vedere in una sorta di testimonianza il mondo che ci circonda ed è l’avvenimento, per la funzione che gli è propria, a provocare il ritmo organico delle forme.” (Henri Cartier-Bresson)

Nel 1966 Cartier-Bresson decise di lasciare la Magnum Photos, abbandonando pian piano la fotografia per tornare a dedicarsi al disegno e alla pittura. Nel 1974 colui che era stato soprannominato “l’occhio del secolo” smise di fotografare; una scelta radicale, interpretata come una tacita protesta contro la mercificazione delle immagini e la perdita di spinte ideali nelle nuove leve del fotogiornalismo.
“Una fotografia è un bacio oppure uno sparo.” (Henri Cartier-Bresson)
Il 2 agosto 2004, all’età di novantacinque anni, Henri Cartier-Bresson si spense nella sua dimora di Isle-sur-la-Sorgue, in Provenza. La sua straordinaria opera è preservata e custodita presso la Fondation Henri Cartier-Bresson di Parigi, fondata dallo stesso Cartier-Bresson, dalla moglie Martine Franck – anch’essa grande fotografa – e dalla figlia Mélanie.
“Le fotografie possono raggiungere l’eternità attraverso il momento.” (Henri Cartier-Bresson)