IL MUSEO DI SAN MARCO HA SEDE IN UN ANTICO CONVENTO DOMENICANO CHE SI TROVA IN PIAZZA SAN MARCO, A FIRENZE.

L’edificio, oltre ad essere un sublime esempio di architettura rinascimentale, è stato il protagonista delle invettive moralizzatrici di fra’ Gerolamo Savonarola. Non è però di questo aspetto che intendo parlarvi, ma della grande bellezza che custodisce al suo interno che vale sicuramente una visita.


LA SINDROME DI STENDHAL


Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti e dai sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito al cuore, la vita per me era inaridita, camminavo temendo di cadere.”

Con queste parole Stendhal descrisse il sentimento paralizzante provato nel visitare la Basilica di Santa Croce a Firenze, durante il suo viaggio in Italia del 1817. Tachicardia, vertigine, confusione e tutta una serie di affezioni travolsero la psiche dello scrittore che si ritrovò a vagare in una condizione straniante.

Nel corso della mia vita ho visitato luoghi, musei, esposizioni, monumenti, e mi sono spesso ritrovata a commuovermi di fronte alla dirompente bellezza dell’arte, non avevo però mai sentito quel morbo sconcertante descritto dal letterato francese. Di ritorno da un viaggio in quella Firenze che vide la nascita di questa patologia, posso affermare con certezza che la sindrome di Stendhal esiste; eccome se esiste.

 

 

Chiesa di Santa Croce, dettaglio della Cappella Maggiore
Chiesa di Santa Croce, dettaglio della Cappella Maggiore

 

LA MAGIA DI FIRENZE


L’ultima mia visita al capoluogo toscano risaliva all’epoca del liceo, una situazione certamente non ideale per assaporare la magia sconvolgente che la città è in grado di offrire al visitatore.

Con il passare del tempo, sbolliti gli ardori giovanili, si riesce meglio a penetrare nell’incanto di questo luogo che ha dato i natali al “genio italico.”

Basta solamente passeggiare per le vie, perdersi nell’azzurro del cielo, immergersi nell’incanto circostante, per essere avvolti da una sorta di rapimento estatico: perduta la dimensione terrena, la nostra anima sprofonda in uno stato di pura contemplazione. Si instaura, così, un dialogo tutto interiore in grado di metterci in sintonia con il nostro “Essere” più profondo.

 

BEATO ANGELICO E IL CONVENTO DI SAN MARCO


A differenza di Stendhal, sono stata colta da siffatto malessere visitando il Convento di San Marco, frutto dell’opera combinata della mano architettonica di Michelozzo e dell’arte pittorica di fra’ Giovanni da Fiesole, meglio noto come Beatro Angelico.

Entrando dalla parte che oggi è adibita a sede museale, si viene subito proiettati in un mondo fatto di pace e di contemplazione: ci troviamo nel chiostro di Sant’Antonino dove spicca, con tutta la sua magnificenza, la “Crocefissione” dell’Angelico. Struttura spaziale e decorazione concorrono a racchiuderci in un colloquio intimo e trepidante con la storia, che qui si traduce in una sorta di preghiera.

 

Beato Angelico, Crocifissione, dettaglio, 1442
Beato Angelico, Crocifissione, dettaglio, 1442

 

Salendo al piano superiore, occcupato dal dormitorio, si giunge ad ammirare la massima espressione dell’opera dell’Angelico, dove sentimento religioso e classica armonia si fondono in una sinfonia dai sommessi toni lirici.

Dall'”Annunciazione“, che orna l’ingresso, fino all’ultima delle quarantacinque celle dei monaci, la nostra vista è proiettata in un turbinio di sensazioni conturbanti e perturbanti: manca la terra sotto i piedi, il tempo si arresta, il battito del cuore è solo un sussurro sommesso.

 

Beato Angelico, Annunciazione, 1440-1450
Beato Angelico, Annunciazione, 1440-1450

 

Ci sentiamo sprofondare nel passato, testimoni di un’epoca lontana, ma ancora viva e presente attraverso i segni dell’arte. Tutto qui ci parla di un mondo votato alla contemplazione spirituale e ne siamo talmente avvolti da perdere la connessione con il presente.

Semplici ed austeri, gli affreschi dell’Angelico assolvono perfettamente la loro funzione meditativa: parole pronunciate nel silenzio, elegie di natura divina.

Uscendo dal Convento di San Marco si rimane a lungo storditi, come se il nostro essere si fosse improvvisamente fuso con l’essenza stessa della struttura; una struttura fatta di corpo e di anima, di materia e di spirito, di ombra e di luce. A poco a poco i rumori della città ti riportano nella realtà, strappata a forza da un sogno vissuto con estrema vividezza.

Non posso fare altro che portare quest’esperienza nel mio cuore, in quel recesso profondo del mio animo dove l’Io si riunisce con il Tutto.

 

Beato Angelico, Cristo deriso, dettaglio, cella numero 7, 1438-1440
Beato Angelico, Cristo deriso, dettaglio, cella numero 7, 1438-1440

 

Visita il sito del Museo di San Marco per info e orari:

Museo di San Marco di Firenze