LA CAPPELLA SANSEVERO DI NAPOLI È UN PRODIGIO ARCHITETTONICO IDEATO DA RAIMONDO DI SANGRO, SETTIMO PRINCIPE DI SANSEVERO, NONCHÈ UNA DELLE PERSONALITÀ PIÙ ENIGMATICHE E CHIACCHIERATE DEL SUO TEMPO.
“[…] il principe di Sansevero, o il Principe per antonomasia, che cosa è alto per Napoli, per il popolino delle strade che attorniano la Cappella dei Sangro, ricolma di barocche e stupefacenti opere d’arte, se non l’incarnazione napoletana del dottor Faust o del mago salernitano Pietro Barliario, che ha fatto il patto col diavolo, ed è divenuto un quasi diavolo esso stesso, per padroneggiare i più riposti segreti della natura o compiere cose che sforzano le leggi della natura?” (Benedetto Croce)
Mago o ciarlatano? Geniale inventore o folle eccentrico? Raimondo di Sangro è stato per lungo tempo oggetto di forti pregiudizi, per essere alfine riabilitato come una delle menti più brillanti della sua epoca.

Uomo di scienza e di vasta cultura, sempre impegnato in qualche misterioso esperimento, il principe di Sansevero fu sicuramente un uomo all’avanguardia: ideatore di macchine idrauliche e pirotecniche, studioso di filosofia e matematica, esperto di fisica e chimica, conoscitore delle lingue straniere, colto erudita e, soprattutto, alchimista. Con i suoi molteplici interessi, Raimondo incarnava perfettamente lo spirito di Napoli, la città più europea e salottiera della penisola, dove sopravvivevano credenze di un antichissimo passato in un alternarsi di modernità e cieca superstizione.
LA CAPPELLA SANSEVERO, LA STORIA
Raimondo di Sangro nacque il 30 gennaio del 1710, terzo figlio del duca di Torremaggiore, don Antonio di Sangro, e di donna Cecilia Gaetani dell’Aquila d’Aragona della dinastia dei duchi di Lorenzana, nel 1726, a soli sedici anni, divenne principe di Sansevero in seguito alla morte del nonno e alla rinuncia del titolo da parte del padre, che si farà prima sacerdote e poi abate.
Erede di una delle più grandi famiglie del Regno, proprietario di immensi feudi in Calabria ed in Puglia, amico personale del Re, Raimondo divenne celebre per la sistemazione della cappella di famiglia, la Chiesa di Santa Maria della Pietà, più comunemente nota come Cappella Sansevero.

L’interno, concepito interamente dal principe, rappresenta una sorta di labirinto iniziatico: una mappa finalizzata al conseguimento della Conoscenza. La sua forma, le sue decorazioni, le sue strutture celano un messaggio che, secondo le intenzioni del suo artefice, avrebbe permesso di decifrare i segreti della palingenesi e le tappe del perfezionamento interiore.
Franco Maria Russo realizzò gli affreschi sulla volta, i cui magici pigmenti furono elaborati da Sansevero (i colori appaiono ancora oggi vividi e brillanti, pur non essendo mai stati restaurati), Francesco Celebrano apparecchiò il bellissimo pavimento labirintico, un percorso mistico tracciato tra vari arrivi e partenze, Francesco Queirolo scolpì il “Disinganno” e Antonio Corradini la “Pudicizia Velata”, ed infine a Giuseppe Sanmartino toccò l’onore di forgiare il Cristo Velato, uno dei pezzi più interessanti del complesso.
LA CAPPELLA SANSEVERO, IL CRISTO VELATO
Opera conclusiva e insieme iniziale dell’elaborato intreccio formativo-iniziatico della Cappella, il Cristo velato venne posta al centro della navata, come custode delle due forze cicliche e primigenie: la morte e la resurrezione.
Il Cristo giace mollemente su di un materasso, le testa sorretta da due cuscini, il sottilissimo drappeggio del sudario nasconde e rivela l’umanità del corpo sospeso tra il baratro della fine ed il suo imminente risveglio. La trasparenza e la finezza esecutiva del velo sono elementi che destano ammirazione mista a meraviglia: lo stesso Antonio Canova, incredulo di fronte a tale maestria, tentò in tutti i modi di acquistare l’opera, dichiarandosi disposto a dare dieci anni della propria vita pur di esserne l’autore.

Il fascino enigmatico di questo drappeggio venne risolto dalla carte di archivio che alludono al contratto stipulato tra Raimondo di Sangro e lo scultore Giuseppe Sanmartino per la realizzazione della statua. In esso si legge che il 25 novembre 1752 le due parti si accordarono per l’esecuzione del Cristo Velato.
Il Sanmartino si impegnò a creare “di tutta bontà e perfezione una statua raffigurante Nostro Signore Morto al Naturale da porre situata nella Chiesa Gentilizia di D. Sig. Principe (…) cioè un Cristo Velato steso su d’un materazzo che sta sopra a un panneggio e appoggia la testa su due cuscini”, Raimondo di Sangro, oltre a procurare il marmo necessario, si obbligava “ad apprestare una Sindone di telatessuta, la quale doverà essere depositatasovra la scultura; acciò, dipoichè, esso Principe l’haverà lavoratasecondo sua propriacreazione; e cioè una deposizione di strato minutioso di marmo composito in grana finissima sovrapposto al velo. Il quale strato di marmo dell’idea del Sig. Principe, farà apparire per la sua finezza il sembiante di Nostro Signore dinotante comefossescolpito di tutto con la statua.”
Il velo non è quindi di marmo, ma di finissima stoffa marmorizzata con un procedimento alchemico di cui, in un altro documento, viene rivelata dal Sansevero stesso la ricetta per la sua composizione. Una scoperta che ha ridimensionato l’abilità del Sammartino esaltando, nello stesso tempo, il talento chimico-alchemico di Raimondo.

Il 22 Marzo del 1771, a soli sessantasei anni, Raimondo di Sangro si spense a Napoli, forse a causa degli effetti sul suo corpo dello studio delle radiazioni. Se ne andava così un uomo decisamente troppo moderno per il suo tempo che pagò un prezzo assai elevato per le sue eccentricità. Nella sua Napoli, ancora oggi, il suo nome viene sussurrato con un certo timore reverenziale.
“… enciclopedico, misterioso, sempre intento a esperienze di chimica, sempre annunziatore di suoi ritrovati mirabili che nessuno vide mai in atto, o che in ogni caso non ebbero capacità di sopravvivere al loro inventore, un po’ fantastico e appassionato e un po’ altresì divertendosi a canzonare il prossimo…” (Benedetto Croce)
LA CAPPELLA SANSEVERO, CURIOSITÀ
Una personalità così intrigante non poteva certo lasciare indifferenti i redattori di “Martin Mystère”, il famoso “Detective dell’impossibile”, che hanno dedicato un episodio del loro fumetto alla bellissima Cappella e al suo ideatore. La Cappella Sansevero ha ispirato anche una collana di romanzi per ragazzi pubblicata dall’editore Colonnese e lo scrittore americano Nathan Gelb ha fatto del principe di Sansevero il detective protagonista di una serie di romanzi noir pubblicati in Italia da Sperling & Kupfer a partire dal 2006.
Visita il sito ufficiale del Museo Cappella Sansevero di Napoli al seguente link:
Museo Cappella Sansevero di Napoli