IL LABIRINTO È UN SIMBOLO MOLTO ANTICO CHE RICORRE CON FREQUENZA NELLA STORIA DELL’UMANITÀ. ESSO RAPPRESENTA LA COMPLESSITÀ DEI PERCORSI CHE CONDUCONO ALLA CONOSCENZA.

Nel labirinto non ci si perde, nel labirinto ci si trova.” (Hermann Kern)

 

IL LABIRINTO, SIMBOLOGIA E SIGNIFICATO

 

Il labirinto prende forma nella nostra mente; è dapprima un’idea che si concreta solo in un secondo tempo in una dimensione materiale. Non è un caso se uomini di tutti I luoghi e di tutte le epoche si siano arrovellati attorno a questa rappresentazione che, nella sua esegesi più immediata, riconduce all’imperscrutabilità dell’universo e del disegno divino che lo ha creato.

La bellezza del creato è l’entrata del labirinto.” (Simone Weil)

 

Mosaico del labirinto, I sec d.C, scavi di Calvatone
Mosaico del labirinto con Teseo e il Minotauro al centro, I sec d.C, scavi di Calvatone

 

Il messaggio iniziatico del labirinto è abbastanza evidente: uscire dal labirinto significa rinascere dopo una morte temporanea. La via d’uscita è concessa solo a colui che accetta e valorizza la propria anima, ossia la propria parte femminile che, nel celebre mito del Minotauro, è incarnata da Arianna; senza il suo aiuto Teseo non avrebbe trovato la via del ritorno.

Un uomo labirintico non cerca mai la verità, bensì sempre e soltanto la sua Arianna, qualunque cosa voglia farci credere.” (Friedrich Nietzsche)

Colui che è in grado di superare gli ostacoli del labirinto cambia inevitabilmente. Il labirinto costituisce un’avventura spaziale, ma anche psicologica, esso è un viaggio che porta ad una trasformazione spirituale.

Nel labirinto si incontra sé stessi.” (Hermann Kern)

 

IL LABIRINTO NELL’ARTE

 

Presente nelle culture e nelle religioni più disparate, pare che l’origine del labirinto sia da ricondurre all’area mediterranea e più specificatamente cretese. Nella Creta minoica sono stati infatti rinvenuti labirinti databili attorno al III millennio a.C.

Dall’antica Grecia, passando per l’arte romana, medioevale e rinascimentale, il labirinto costituisce un topos figurativo ricorrente che ha avuto anche un notevole successo narrativo. Ogni epoca lo ha rappresentato in maniera diversa, ma fu soprattutto il Novecento a tributargli un’attenzione speciale. In questo particolare momento storico gli uomini, posti di fronte alle tragedie della guerra e privi delle certezze positiviste che avevano confortato i loro avi, si trovarono di fronte ad un mondo irrazionale e caotico: una totale perdita del centro che costrinse a trovare soluzioni alternative.

Il labirinto è la patria dell’esitazione. Chi teme di arrivare alla meta traccerà, facilmente, un labirinto. Così fa l’istinto negli episodi che precedono la sua soddisfazione. Ma così fa anche l’umanità che non vuol sapere dove va a finire.” (Walter Benjamin)

 

Bartolomeo Veneto, Ritratto di gentiluomo col labirinto, dettaglio, 1510
Bartolomeo Veneto, Ritratto di gentiluomo col labirinto, dettaglio, 1510

 

Furono le avanguardie a manifestare per prime questo senso di disagio, percependo la realtà come un intricato groviglio di fenomeni incoerenti. Cadute le certezze ottocentesche, l’arte rispose con una destrutturazione del linguaggio pittorico: il naturalismo lasciò il passo ad una trattazione ambigua e disarmonica del reale; non avendo più il controllo del visibile lo sguardo subì scosse violente ed inattese.

Movimenti come il Cubismo, il Futurismo o il Surrealismo, artisti come Picasso, Pollock, Mondrian, Escher, De Chirico, Klee, e Magritte, solo per citarne alcuni, furono tutti legati dalle medesime lacerazioni interiori; smarrita la via per comprendere il contemporaneo essi si persero nel dedalo del presente, senza poter contare su alcuna certezza precostituita.

 

Paul Klee, Labirinto, 1939
Paul Klee, Labirinto, 1939

 

Anche la letteratura intravide nella figura del labirinto una rappresentazione efficace del mondo: un castello per Kafka, la città di Dublino per Joyce, un tribunale per Roussel, un giardino segreto per Borges, una prigione per Calvino e una biblioteca per Eco.

Il labirinto venne ad identificarsi con il moderno, tempo al quale non sono concesse risposte univoche, ma solo interrogativi continui: una sfida intellettuale dove la via d’uscita non sarà nient’altro che il passaggio da un labirinto all’altro.

Il filo è stato perso; anche il labirinto è andato perduto. Ora non sappiamo nemmeno se siamo circondati da un labirinto, un cosmo segreto o solo un caos casuale.” (Jorges Luis Borges)