ARCHETIPO LETTERARIO E MOTIVO ICONOGRAFICO, LA DANZA MACABRA È UNO DEI TEMI PIÙ NOTI E DIFFUSI NELLA STORIA DELL’ARTE OCCIDENTALE.
[…] “Dal freddo della Senna alle rive brucianti del Gange,
La truppa mortale salta e s’inebria, senza vedere
Da un buco del soffitto la tromba dell’Angelo
Sinistramente aperta come un nero scoppio.
In ogni clima, sotto tutti i soli, la Morte ti guarda
Nelle tue contorsioni, risibile Umanità,
E sovente, come fai tu, profumandosi di mirra,
Mischia la sua ironia alla tua insania.”
(Charles Baudelaire, da “Danza macabra” – “I Fiori del Male”, 1857)
L’ORIGINE DELLA DANZA MACABRA
Nel tardo medioevo, tra il XIV ed il XV secolo, fece la sua prima comparsa il soggetto della “Danza Macabra” in concomitanza con il morbo della peste.
La catastrofica epidemia che colpì l’Europa tra il 1347 ed il 1351, chiamata peste nera, gettò le basi per un riflessione più complessa sulla mortalità dell’uomo e i suoi rapporti con la realtà terrena. Mai prima di allora poveri, contadini, viandanti, dotti, papi, imperatori, re, nobili, artigiani, gente del clero ed autorità cittadine, si sentirono minacciati allo stesso modo. La terribile malattia aveva appianato le differenze di ceto e di genere.

“La morte in un’ora tutto disfa
A cosa vale la bellezza, a cosa vale la ricchezza?
A cosa valgono gli onori, a cosa vale la nobiltà”
(Hélinand de Froidmont, Versi della Morte, 1194-1197)
LA DANZA MACABRA NELLA PITTURA
Nelle più antiche rappresentazioni la “Danza Macabra” raffigurava solo uomini potenti, ciascuno con le insegne tipiche del proprio rango sociale. Con il passare del tempo si aggiunsero rappresentanti della politica e plebei, fino a comprendere perfino le donne, emblema della bellezza e giovinezza perduta.
Attorno agli umani ballavano scheletri o carcasse, il cui scopo era quello di ricordare come la morte fosse un evento ineluttabile e come essa colpisse tutti senza alcuna distinzione: non vi è ricchezza, bellezza, fama o prestigio in grado di salvarci dalla Nera Signora.

Le raffigurazioni talvolta erano strutturate e molto dettagliate, con vere e proprie processioni articolate per classe e grado sociale, altre volte rappresentavano semplici coppie attorniate da scheletri beffardi che invitavano alla danza: numerosi varianti su uno stesso tema, in cui potevano apparire elementi esterni alla danza.
Al significato di memento mori, nella “Danza Macabra” si aggiungeva anche una valenza satirica: i poveri potevano vedere i ricchi posti al loro stesso livello e non esitavano a prendersi qualche rivincita.
Con l’avvento dell’Umanesimo e dell’età rinascimentale, venendo meno le premesse che avevano portato alla sua diffusione, la “Danza Macabra” perse d’importanza per riemergere durante il Romanticismo, tornando ad ispirare poeti, pittori e musicisti.
Il macabro si accompagnò molto spesso al tema erotico in quel mistico ricongiungimento di Amore e Morte: Eros e Thanatos, danza della Vita danza della Morte.
LA DANZA MACABRA NELLA MUSICA
Il Romanticismo, in particolar modo quello tedesco, esaltò il senso drammatico della morte, come dolore estremo ed inconsolabile, riportando a nuova vita il tema della “Danza Macabra” (Totentanz).
Furono soprattutto i musicisti ad ispirarsi a questo soggetto; primo fra tutti Schubert con “Der Tod Das Mädchen” (La morte e la fancilulla) del 1817 a cui seguì Liszt con la sua “Totentanz” (1834-1859), una versione del “Dies Irae” ispirata ai dipinti del “Trionfo della Morte” del Campo Santo di Pisa.
Molto legato a Liszt e alla sua musica fu Camille Saint-Saëns, compositore e pianista francese che nel 1874 realizzò la sua “Danse macabre op. 40”.
Restando sempre nel campo della musica, l’evoluzione della “Danza Macabra” ci porta al 1968, quando Fabrizio De André realizzò uno dei primi concept album della storia della musica italiana: “Tutti morimmo a stento”, liberamente ispirato alla “Ballata degli Impiccati” di Françoise Villon del 1489.

Anche la Walt Disney contribuì a vivificare questo tema. Il cortometraggio “Skeleton Dance” del 1929 interpretò la “Danza Macabra” con humor ed ironia: scheletri irriverenti e saltellanti si divertono a spaventare gatti e gufi di un cimitero, subito prima di darsi a danze acrobatiche e di usare le loro stesse ossa per fare della musica.