LA “MADONNA DEL LATTE IN TRONO CON IL BAMBINO”, DATABILE TRA IL 1450 ED IL 1455, È UN DIPINTO SU TAVOLA CHE FACEVA PARTE DEL DITTICO DI MELUN, OGGI SMEMBRATO.

L’opera, commissionata a Jan Fouquet da Etienne Chevalier, si componeva originariamente di due scomparti: lo scomparto sinistro con “Etienne Chevalier presentato da Santo Stefano” (oggi custodito presso la Gemäldegalerie di Berlino), e lo scomparto destro con la “Madonna del latte in trono con il Bambino” (punta di diamante del Museo Reale di Belle Arti di Anversa).

 

ANALISI DELL’OPERA

 

La genesi e la cronologia dell’opera sono abbastanza chiare e precise, ben più interessante risulta essere il misterioso fascino che suscita questa rappresentazione: una magica attrazione in grado di avviluppare i nostri sensi in una sospensione temporale e fisica.

Nonostante il titolo sia esplicitamente devozionale, la raffigurazione è totalmente profana: la Vergine ha le fattezze di una nobildonna che, con fare sdegnoso ed altero, offre il suo seno tornito ad un bambino privo di vesti. Più che una Madonna sembra una Regina che siede su di un trono riccamente decorato, circondato da un gruppo di angeli blu e rossi, i cherubini e i serafini.

 

Jean Fouquet, Madonna del latte in trono con il Bambino, 1450 - 1455
Jean Fouquet, Madonna del latte in trono con il Bambino, 1450 – 1455

 

Tutta la composizione è immersa in un’atmosfera di fredda compostezza: non vi è alcun legame affettuoso che lega la madre al bambino. Una luce gelida illumina i colori che sono puri, privi di sfumature, ridotti a delle campiture precise ed essenziali.

Secondo una tradizione consolidata, sotto le spoglie della madre di Dio, si celerebbe il ritratto di Agnès Sorel, l’amante del re di Francia Carlo VII.

Agnès Sorel, figlia di Jean Sorel signore del Condun, aveva fama di essere una donna bellissima, squisitamente elegante e molto intelligente, come riportato dalle stesse cronache dell’epoca: “le sue vesti e i suoi gioielli erano di rara bellezza […] possedeva pellicce di martora, sete d’Oriente, vesti di drappo d’oro, le code delle sue vesti erano le più lunghe del regno. Non contenta di brillare con il suo abbigliamento, teneva a mostrare ciò che aveva di più bello e perciò scopriva abbondantemente spalle e petto.”

Il re Carlo VII conobbe Agnès nel 1441; invaghitosi della giovane, tre anni dopo, la fece entrare fra le dame di corte della moglie, Maria d’Angiò, per poter godere appieno della sua presenza. Da questa relazione nacquero tre figlie che furono educate a corte. La passione fra Carlo ed Agnès fu intensa, ma di breve durata: Agnès morì infatti l’11 febbraio 1450 in seguito ad un aborto.

Il dittico commissionato dal tesoriere del re, Etienne Chevalier, potrebbe essere giustamente identificabile come un omaggio alla “signora dal bel seno”, come veniva chiamata dai contemporanei.

Non una Madonna, ma una nobildonna dalla pelle liscia ed eburnea, avvolta da un manto di ermellino, come conveniva ai costumi dell’epoca. L’opera rappresenta uno spaccato di vita mondana, ben diverso dalle bonarie e rasserenanti madonne alle quali ci ha abituato la tradizione italiana del Quattrocento.

 

Jean Fouquet, Madonna del latte in trono con il Bambino, dettagli, 1450 - 1455
Jean Fouquet, Madonna del latte in trono con il Bambino, dettagli, 1450 – 1455

 

LA “MADONNA DEI CHERUBINI ROSSI” DI GIOVANNI BELLINI

 

Un analogo soggetto lo ritroviamo in una tavola di Giovanni Bellini del 1490 circa: la “Madonna dei cherubini rossi“, oggi custodito nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Il dipinto, pur accomunato dal tema e dalla schiera di angeli colorati che fanno da sfondo al soggetto, si presenta completamente diverso: in Bellini l’evento sacro è immediatamente riconoscibile, senza ambiguità di sorta.

Gesù è in braccio alla Madre, una madre che lo tiene delicatamente e con amore tra le sua braccia. Maria e il Bambino si guardano in modo affettuoso, mentre nella rappresentazione di Fouquet le figure sono rinchiuse nella loro individualità: nessun sguardo, nessun gesto di tenerezza, i personaggi sono isolati e incatenati nel loro stesso essere.

I putti grassocci di Bellini, sono genuini e candidi, totalmente diversi dagli enigmatici angeli del fiammingo, raffinati ed inquietanti al tempo stesso.

 

Giovanni Bellini, Madonna dei cherubini rossi, 1490
Giovanni Bellini, Madonna dei cherubini rossi, 1490

In Bellini è predominante l’evento religioso, descritto con lieve soavità e delicata tenerezza. Non si tratta di un virtuosismo o di un pezzo di bravura, ma di una scena che invita al silenzio e alla contemplazione.

Il fascino della Madonna di Fouquet è di tutt’altro genere, un fascino ambiguo e perverso, che invita ai piaceri della carne. L’epifania evangelica rimane un pretesto irriverente per ritrarre una scena di vita cortese: un demone lussurioso che indossa le vesti di una candida Madonna.