PHILIPPE HALSMAN FU UNO DEI GRANDI FOTOGRAFI DEL NOVECENTO; DAVANTI AL SUO OBIETTIVO SFILARONO I PERSONAGGI PIÙ FAMOSI DEL TEMPO.
“Un vero ritratto dovrebbe essere la testimonianza di ciò che una persona appare e del tipo di essere umano che rappresenta.” (Philippe Halsman)
PHILIPPE HALSMAN, LE ORIGINI
Philippe Halsman nacque a Riga, in Lettonia, il 2 maggio 1906 da una famiglia di origini ebraiche. Suo padre, Morduch, era un dentista mentre la madre, Ita Grintuch, era preside di un liceo.
Cominciò ben presto ad appassionarsi alla fotografia quando, all’età di quindici anni, si ritrovò fra le mani l’apparecchio fotografico del padre. Terminati gli studi superiori, si trasferì a Dresda per studiare ingegneria elettrica, continuando a coltivare il suo interesse per la fotografia attraverso lo studio di testi e di riviste specializzate.

Poi accadde un fatto che mutò le sorti della sua esistenza. Nel 1928, durante un viaggio sulle Alpi austriache, il padre venne coinvolto in un incidente e morì in seguito alle gravi ferite riportate. Halsman venne ritenuto responsabile di parricidio, anche se le circostanze dell’accaduto non furono mai del tutto chiarite.
Arrestato e condannato a dieci anni di reclusione, fu liberato nel 1930 grazie all’intervento della sorella Liouba e al sostegno di molti intellettuali – tra i quali figurava anche Albert Einstein – che si mossero a suo favore. Il caso fece molto scalpore anche perché fu sfruttato dalla propaganda antisemita.
“Le cose più importanti e più profonde devono essere espresse in modo semplice e diretto.” (Philippe Halsman)
PHILIPPE HALSMAN, LA CARRIERA
Dopo la drammatica esperienza austriaca Halsman si trasferì a Parigi. Qui, ottenuto un visto di soggiorno, aprì uno studio come fotografo di moda e cominciò a collaborare con le più prestigiose riviste del tempo. Nel giro di pochi anni si affermò come uno dei più importanti ritrattisti della nascente fashion photography. La sua caratteristica distintiva era quella di penetrare nella profondità del soggetto, restituendone l’immagine più autentica e naturale.
“Quando ci si mette in posa davanti ad un fotografo si assume inconsciamente un atteggiamento che non è spontaneo. Nessuna luce, né la migliore macchina fotografica possono infrangere questa maschera, solo con la sensibilità e l’intelligenza il fotografo riesce, per un solo istante, a penetrare nell’intimo del carattere.” (Philippe Halsman)
In seguito all’invasione tedesca, durante la Seconda Guerra Mondiale, Halsman fu costretto a lasciare Parigi; dapprima fuggì nel Sud della Francia e successivamente negli Stati Uniti, grazie anche all’aiuto del suo amico Albert Einstein.

Negli States Halsman consolidò la sua fama come fotografo delle star; di fronte al suo obiettivo sfilarono nomi del calibro di Richard Nixon, Frank Sinatra, Ava Gardner, Marlon Brando, Cary Grant, Audrey Hepburn e Marilyn Monroe.
Con Salvador Dalí, conosciuto nel 1941, Halsmann instaurò una feconda collaborazione che durò ben trentasette anni. Il fotografo, non meno visionario del pittore, si assunse il compito di tradurre in realtà le fantasiose ossessioni del maestro spagnolo, lasciandoci degli scatti veramente sorprendenti.
La foto simbolo del loro sodalizio è Dalí Atomicus, del 1948, un’immagine pazientemente costruita in studio senza l’impiego di alcun artificio: gli oggetti ritratti si librano nell’aria, inclusi Dalí e tre gatti investiti da un fiotto d’acqua.

“Almeno una volta all’anno ci incontravamo per giocare ad un gioco esilarante: creare immagini che non esistono, se non nella nostra immaginazione. Ogni volta che avevo bisogno di un soggetto straordinario per una delle mie pazze idee, Dalí si metteva gentilmente a mia disposizione. Ogni volta che Dalí immaginava una fotografia così strana da sembrare impossibile da realizzare, io trovavo una soluzione per realizzarla.” (Philippe Halsman)
PHILIPPE HALSMAN, L’ESTETICA DEL JUMP
Una delle grandi invenzioni di Halsman fu la tecnica del jump, ovvero l’arte di ritrarre una persona saltando. Il jumping style fu inaugurato ufficialmente nel 1952, durante una sessione fotografica che doveva celebrare la famiglia Ford nel cinquantesimo anno di fondazione della loro azienda. Dopo aver trascorso molto tempo dinanzi a nove adulti tesi e ad undici bambini indisciplinati senza essere riuscito a ricavarne uno scatto discreto, Halsman propose loro di saltare riuscendo così a catturare un momento veramente spontaneo del clan Ford.
“Quando si chiede ad una persona di saltare, la sua attenzione è diretta all’atto del saltare e così la maschera cade, rendendo visibile la persona reale.” (Philippe Halsman)
Nei sei anni successivi Halsman propose a numerose celebrità di farsi immortalare a mezz’aria, liberandole dalle pose imposte dal loro ruolo; in questo modo delle icone irraggiungibili rivelarono il loro lato umano.

L’idea del salto si era radicata nella mente del fotografo ben prima del ritratto per la famiglia Ford. Nel 1951, mentre era impegnato in un servizio per l’emittente NBC, aveva notato che gli attori comici saltavano spontaneamente al cospetto dell’obiettivo fotografico: il salto veniva considerato il mezzo più adatto per liberare le rigidità ed entrare nel ruolo di commediante. Da quel momento Halsman utilizzò il jump come un efficacie stratagemma per mettere le persone a loro agio.
Nel 1959 fu dato alle stampe “Jump Book”, un libro di quasi duecento ritratti dei grandi protagonisti degli anni Cinquanta intenti nell’atto del saltare: dalla leggendaria Grace Kelly, al raffinato doppio ritratto della coppia reale, il duca e la duchessa di Windsor, passando per i simpaticissimi Dean Martin e Jerry Lewis.

“Ogni volto che vedo sembra nascondere – e, a volte, di sfuggita, di rivelare – il mistero di un altro essere umano. Catturare questa rivelazione è diventato l’obiettivo e la passione della mia vita.” (Philippe Halsman)
PHILIPPE HALSMAN, L’EPILOGO
Nel 1978 Philippe Halsman fu incluso dalla rivista Popular Photography tra i “Dieci migliori fotografi del mondo” e nel 1975 ricevette il premio alla carriera dalla American Society of Magazine Photographers, di cui era stato il primo presidente nel 1945. Quattro anni dopo, il 25 giugno 1979, Philippe Halsman si spense a New York.

Geniale ed innovativo, Philippe Halsman ha lasciato una grande lezione per tutti i fotografi con ambizioni estrose, sostenendo che la chiave di una buona foto sta nello “sorprendere con semplicità”. Le sue indicazioni vennero codificate in un libro del 1961, Halsman on the Creation of Photographic Ideas.
“Questa è l’essenza di un’opera d’arte: non toccare mai il fondo. Se un’immagine ha per tutti esattamente lo stesso significato, è un luogo comune, e non ha senso come opera d’arte. Lo stesso vale per un ritratto: se non è ricco di carattere e di significato, è un ritratto scadente.” (Philippe Halsman)

Alle aste le sue fotografie sono vendute per decine di migliaia di euro. Tra i pezzi più costosi figurano la Marilyn Monroe jumping del 1959, venduta da Sotheby’s nel 2013 per 78.000 euro, e un ritratto di Albert Einstein, battuta da Christie’s nel 2000 per 46.659 euro.
“Il carattere non si rivela forzando la persona in una posa o disponendo il suo volto in una certa angolazione. Esso si dimostra provocando la vittima, divertendola con delle battute, cullandola con il silenzio o ponendo delle domande impertinenti che perfino il suo migliore amico avrebbe timore di fare.” (Philippe Halsman)