GALA FU PER SALVADOR DALÍ MOLTO DI PIÙ DELL’AMORE DI UNA VITA: MUSA, COMPLICE, AMANTE, AMICA E CONFIDENTE, INCATENÒ A SÉ L’ARTISTA CATALANO IN UN RAPPORTO FATTO DI DIPENDENZA E SUDDITANZA PSICOLOGICA.

Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro.” (Salvador Dalí)

 

SALVADOR DALÍ E GALA, L’INCONTRO

 

Nel 1929, appena terminata la collaborazione con Luis Buñuel per la realizzazione di “Un chien andalou” (Un cane andaluso) film manifesto del surrealismo, l’esistenza di Salvador Dalí fu travolta dalla conoscenza di Gala.

L’estate di quell’anno un manipolo di surrealisti capeggiati da Buñuel raggiunse la Catalogna per incontrare il maestro, incuriositi più dalle sue stravaganze che dalla sua arte. Il gruppo era composto da René Magritte e consorte, dallo scrittore Camille Goemans, che avrebbe organizzato di lì a poco la prima esposizione di Dalí a Parigi, e dal poeta Paul Éluard accompagnato dalla moglie Elena Dmitrievna D’jakonova, più comunemente nota come Gala.

Fu un vero e proprio colpo di fulmine. All’improvviso la donna ideale che tanto aveva immaginato, ricercato e dipinto si era materializzata dinanzi a lui: tutto ad un tratto i suoi sogni si erano fatti realtà. Anche Gala non rimase immune al fascino del pittore tanto che decise di restare a Cadaqués: una nuova ed imprescindibile unione era sbocciata.

 

GALA, LA DONNA MISTERIOSA

 

Di dieci anni più vecchia di Dalí, Gala Éluard Dalí era nata in Kazàn nel 1894, figlia di un alto dirigente dell’amministrazione russa. Cresciuta in un ambiente intellettualmente fecondo e vivace, era dotata di una personalità magnetica e di una femminea sicurezza alle quali era difficile mantenersi immuni: non bella nel senso tradizionale del termine ma sicuramente interessante.

 

Cecil Beaton, Gala e Salvador Dalí, 1935
Cecil Beaton, Gala e Salvador Dalí, 1935

 

Per il pittore catalano Gala divenne l’amore, la musa ispiratrice, la necessità fisica e psicologica.

Così lei mi levò l’abitudine a delinquere e guarì la mia follia. Grazie! Voglio amarti! Volevo sposarla. I miei sintomi isterici scomparvero uno dopo l’altro come per magia. Fui nuovamente padrone della mia risata, del mio sorriso, della mia mimica. Al centro del mio spirito crebbe una nuova forma di salute, fresca come un bocciolo di rosa.” (Salvador Dalí)

 

GALA, LA MUSA E L’AMANTE

 

Grazie Gala! È per merito tuo che sono un pittore. Senza di te non avrei creduto ai miei doni“, riconosceva Salvador Dalì , docile e sottomesso solo con la sua dolce metà. Grazie al suo aiuto il maestro da sempre affetto da turbe e manie, raggiunse una sorta di equilibrio psichico che ebbe delle ripercussioni positive anche nel suo lavoro: l’aver acquisito un punto di riferimento affettivo si tradusse in una realizzazione più lucida delle sue visioni mentali.

Le sue costruzioni interiori cominciarono a mostrarsi con chiara evidenza espressiva e il suo stile pittorico si adeguò sempre più a questa nitidezza di immagini.

Il loro fu un rapporto sicuramente fecondo dal punto di vista creativo anche se, nella pratica, si risolse in un dominio pressoché totale di Gala nei confronti dell’artista: la sua seducente energia accentratrice trovava piena rispondenza nella necessità di sottomissione di Dalì, in netto contrasto con l’immagine carismatica che di sé offriva al grande pubblico.

La signora Gala divenne per Salvador Dalì sposa, madre, amica, consigliera, angelo custode: è uno di quei casi in cui un individuo di personalità debole (perché Dalì in fondo era una personalità debole e insicura), trova in una donna il compenso a tutte le sue dèfaillances.

Lentamente Gala è diventata per lui una sorta di divoratrice. Alla fine egli dipendeva completamente da lei ed è stata lei a trasformare l’arte sottile e talvolta inquietante di Dalì in una sorta di fabbrica di immagini, nelle quali vennero riprese e ripetute le invenzioni che lui aveva avuto fino a circa il 1935-1937.” (Federico Zeri)

 

Gala con il cappello-scarpa disegnato da Salvador Dalí per Elsa Schiaparelli nel 1937
Gala con il cappello-scarpa disegnato da Salvador Dalí per Elsa Schiaparelli nel 1937

 

Nella tortuosa mente del pittore Gala e Dalì costituivano un binomio indissolubile , la perfetta incarnazione del mito dei Dioscuri Castore e Polluce, i divini gemelli nati da Leda e da Zeus: la loro unione traeva origine nella fase prenatale e veniva legittimata dal mito. Egli definiva la sua compagna il suo sosia, il suo doppio, il suo gemello, come a voler affermare la sua esistenza solo attraverso l’altra.

Nel 1972 Dalì regalò a Gala un castello a Pùbol del quale venne nominato marchese nel 1982 dal re Juan Carlos I.

Questo castello, che lui stesso aveva decorato, diventò il suo rifugio e la sua prigione quando, in seguito alla morte di Gala (10 giugno 1982), venne colto da una terribile depressione.

Poteva essere la mia Gradiva (colei che avanza), la mia vittoria, la mia donna.

Ma perché questo fosse possibile, bisognava che mi guarisse.

E lei mi guarì, grazie alla potenza indomabile e insondabile del suo amore: la profondità di pensiero e la destrezza pratica di questo amore surclassarono i più ambiziosi metodi psicanalitici.” (Salvador Dalí)