ALLA VENERANDA ETÀ DI NOVANT’ANNI SOFONISBA ANGUISSOLA ERA ANCORA UNA STAR DELLA PITTURA, TANTO CHE IL GRANDE ANTOON VAN DYCK LA IMMORTALÒ IN UN BELLISSIMO DIPINTO.

Correva l’anno 1624 a Palermo, presso la corte del vicerè di Sicilia, ci fu un incontro memorabile per la storia dell’arte, quello tra l’ultranovantenne Sofonisba Anguissola e il poco più che ventenne Antoon van Dyck.

Si trattava dell’incontro di due generazioni e di due mondi differenti, ma anche di un passaggio di potere: van Dyck era succeduto a Sofonisba come ritrattista ufficiale della corte spagnola e si avviava a traghettare la pittura nella grande stagione seicentesca.

 

LA FORMAZIONE

 

Sofonisba Anguissola nacque a Cremona dal nobile Amilcare, appartenente al ramo cremonese degli Anguissola, e da Bianca Maria Ponzone, da lui sposata in seconde nozze nel 1530. In base a questa data documentata possiamo collocare la nascita della nostra artista attorno al 1532. Fu la primogenita di sette figli, di cui uno solo maschio, e quattro delle cinque sorelle furono pittrici come lei.

 

Sofonisba Anguissola, Ritratto di due sorelle, il fratello e un cane, 1555
Sofonisba Anguissola, Ritratto di due sorelle, il fratello e un cane, 1555

 

Lontana dalla figura tormentata di una Artemisia Gentileschi, Sofonisba fu allevata in un ambiente sereno ed aperto, che la indirizzò verso le sue naturali inclinazioni artistiche. La sua era infatti una famiglia di antiche tradizioni aristocratiche: un suo leggendario antenato si chiamava Galvano de Soardi e passò alla storia come il liberatore di Costantinopoli, assediata dai Saraceni nel 717 d.c.

Grazie anche all’interesse del padre, appassionato d’arte e dilettante del disegno, Sofonisba potè frequentare la scuola del pittore lombardo Bernardino Campi, esponente di spicco dello stile manierista allora molto in voga nell’Italia settentrionale. In poco tempo diventò una delle più contese ed ammirate pittrici dell suo tempo.

 

ALLA CORTE DI SPAGNA

 

Sofonisba si fece ben presto notare per la sua grande capacità nel ritratto, qualità che le valse, nel 1559, un invito alla corte di Filippo II di Spagna come dama della nuova Regina Elisabetta di Valois e insegnante di disegno delle due figlie.

Sotto il regno di Filippo II, Sofonisba divenne la principale ritrattista della famiglia reale fino al 1568, anno della prematura morte di Isabella avvenuta per parto.

Durante questi anni prese parte attivamente alla vita di corte, entrando in contatto con ambasciatori, nobili, prelati e con i più grandi artisti europei.

 

Sofonisba Anguissola, Ritratto di Elisabetta di Valois, dettaglio, 1561-1565
Sofonisba Anguissola, Ritratto di Elisabetta di Valois, dettaglio, 1561-1565

 

Si distinse, non solo per il suo grande talento, ma anche per le sue doti umane, quelle doti che la spinsero a rimanere a Madrid anche dopo la morte della sua protettrice per prendersi cura delle sue due figlie. Di questo periodo ci ha lasciato dei ritratti molto intensi, perfetta sintesi di cura nella resa dei particolari e attenzione alla descrizione emotiva del soggetto.

 

DI RITORNO IN ITALIA

 

Il Re di Spagna desiderava avere con sé il più a lungo possibile la preziosa Sofonisba, così tentò di farla maritare con un nobile spagnolo. La giovane però dimostrò di preferire un consorte italiano.

Il prescelto fu il siciliano Fabrizio Moncada, fratello del Vicerè di Sicilia, con il quale si unì in matrimonio nel 1573.

Fu così che Sofonisba lasciò la Spagna per Palermo, prendendo residenza nel palazzo della famiglia Moncada a Paternò e godendo della posizione privilegiata conseguita dal suo nuovo status sociale. L’unione durò solamente cinque anni: nel 1579 Fabrizio, sorpreso da un attacco piratesco, annegò nei pressi di Capri.

A Palermo, come attesta un atto notarile del 1579, lasciò una pala d’altare raffigurante la Madonna dell’Itria, alla quale il casato del marito era molto devoto.

 

Sofonisba Anguissola, Autoritratto al cavalletto, 1556
Sofonisba Anguissola, Autoritratto al cavalletto, 1556

 

Abbandonata la Sicilia, la donna si trasferì a Genova dove aprì una scuola pittura, avendo sposato, in seconde nozze, il nobile Orazio Lomellini nel 1580. In questa scelta diede prova di grande libertà di carattere, contravvenendo alle regole dell’epoca e al parere discorde della famiglia : lei aveva appena passato i quarant’anni quando conobbe il venticinquenne Orazio. Si dimostrò una donna determinata e libera.

Il soggiorno a Genova fu assai proficuo per il rinnovamento del suo stile pittorico che, educato ad un manierismo di stampo cinquecentesco, poté così venire a contatto con le nuove suggestioni del Diciassettesimo secolo.

Per oltre trent’anni Sofonisba visse con il compagno a Genova continuando il suo lavoro di ritrattista presso le famiglie aristocratiche della città fino al 1615, anno in cui ritornò a Palermo, dove il marito aveva accumulato cariche e impegni. Qui, anche a causa del progressivo indebolimento della vista, cessò di dipingere e si ritirò nella sua dimora nel quartiere arabo di Seralcadi.

L’anno prima della sua morte, avvenuta il 16 novembre 1625, ricevette la visita di Antoon van Dyck che di lei ebbe a dire: ”ho ricevuto maggiori lumi da una donna cieca che dallo studiare le opere dei più insigni maestri.”

 

Antoon van Dyck, Ritratto di Sofonisba Anguissola, 1624
Antoon van Dyck, Ritratto di Sofonisba Anguissola, 1624

 

A testimonianza di questa visita rimane un bellissimo ritratto di Sofonisba del maestro fiammingo. Raffigurata di tre quarti, il capo coperto da una cuffia e lo sguardo offuscato dall’età, seppur vigile e attento. Sofonisba ci saluta così, con questa immagine cruda, ma veritiera: l’immagine di una donna pienamente realizzata, che è stata capace di affermarsi in un mondo fatto da e per gli uomini.