RICCO, AFFASCINANTE, AMANTE DELL’ARTE E DELLO SPORT, GIANNI AGNELLI È STATO UNO DEI PERSONAGGI PIÙ RAPPRESENTATIVI DELL’ECONOMIA ITALIANA NEL MONDO E UNO DEGLI UOMINI PIÙ AMMIRATI PER IL SUO STILE UNICO ED INCONFONDIBILE.
“La passione per l’arte cresce con la maturità. Mio padre mi portava fin da bambino a visitare i musei perché riteneva che il bello educasse, che il gusto si affinasse dall’infanzia, e aveva ragione.” (Gianni Agnelli)
GIANNI AGNELLI, L’UOMO
Gianni Agnelli, all’anagrafe Giovanni, nacque a Torino il 12 marzo 1921, da Edoardo Agnelli, figlio del senatore e cofondatore della FIAT Giovanni, e da Virginia Bourbon del Monte, una delle più belle e spregiudicate principesse italiane del tempo.
Da buon prodotto dell’alta borghesia torinese, Gianni fu educato da precettori privati ed istitutrici straniere, secondo i canoni di un rigido formalismo, non mancando di frequentare il mondo dell’aristocrazia. Si diplomò presso il rinomato Liceo classico Massimo d’Azeglio di Torino e proseguì gli studi fino ad ottenere la laurea in giurisprudenza.
La prima grande tragedia lo colpì poco più che adolescente. Il 14 luglio 1935 il padre morì in un fatale incidente a bordo dell’idrovolante di famiglia, un Savoia Marchetti pilotato dall’asso dell’aviazione Arturo Ferrarin. Questo evento lo portò a stringere un legame molto forte con il nonno, il quale vedeva in lui l’erede ideale al timone della FIAT.
Ma il destino non fu certo così benevolo con il “piccolo principe”. Nel luglio del 1945 Gianni perse il nonno, che era diventato per lui un padre putativo e qualche mese dopo l’adorata madre, vittima di un incidente automobilistico. Il giovane erede non prese subito in mano le redini della FIAT, ma scelse di prendersi qualche anno di libertà, per godersi la giovinezza, compiendo numerosi viaggi e frequentando i luoghi del jet-set internazionale.

“Il nonno, il senatore, mi aveva dato via libera dicendomi che per qualche anno potevo divertirmi, uscire dal sistema, prima di diventare una persona seria. Mi ricongiunsi perciò con i miei amici del giro internazionale, a Saint Moritz, a New York, a Parigi e sulla Costa Azzurra. Ci si divertiva come pazzi ai party che duravano tutta la notte sul mio yacht e nella nostra villa di Beaulieu. Naturalmente non mancavano le ragazze.” (Gianni Agnelli)
Affascinante, colto, sportivo, spiritoso, intelligente, beneducato e molto ricco, Gianni Agnelli era l’uomo che ogni donna desiderava incontrare, ma alla fine la prescelta fu Marella Caracciolo di Castagneto che sposò il 19 novembre 1953, nella cappella del castello di Osthofen, appena fuori Strasburgo. Lui impeccabile nonostante portasse le stampelle, segno tangibile dell’incidente in auto in Costa Azzurra, lei splendida nell’abito di Balenciaga, come ce li restituiscono le immagini del fotografo francese Robert Doisneau.
I due ebbero due figli, Edoardo e Margherita, sposata in prime nozze con Alain Elkann. Nonostante i molti tradimenti dell’avvocato, il loro fu un rapporto improntato sul rispetto reciproco, complice il carattere della donna che sopportò con grande dignità il peso delle scappatelle. Anche perché l’Avvocato ammetteva le sue colpe, ma non per questo si riteneva un cattivo marito.
“Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme.” (Gianni Agnelli)

Nel 1966 l’Avvocato – titolo che in realtà non gli competeva non avendo mai conseguito l’abilitazione – prese finalmente il comando della FIAT, l’impero di famiglia. Gli anni del miracolo economico erano passati ed egli si trovò a gestire l’azienda in un momento molto delicato, connotato da tensioni sociali, rivendicazioni sindacali e dallo spettro del terrorismo. Ma il nostro Gianni non si perse d’animo e con la determinazione che lo contraddistingueva guidò la FIAT verso la sua internazionalizzazione, cedendo alcuni rami d’azienda e acquisendo i marchi Abarth, Autobianchi, Lancia e Ferrari.
Siamo negli anni Ottanta, tempi di ricchezza, di consumi e di benessere, e per la FIAT gli anni più felici della sua storia. Agnelli consolidò la sua figura in Italia e nel mondo, non solo come imprenditore di successo, ma anche per alcuni vezzi e stravaganze che lo resero un esempio di gusto e di stile, a cominciare dall’imitatissima “erre” moscia all’immancabile orologio sul polsino.
“Ognuno è playboy. Tutti ci provano, alcuni ci riescono, altri no.” (Gianni Agnelli)

Oltre ai successi non mancarono i drammi. La scomparsa, nel dicembre del 1997, di Giovanni Alberto, detto Giovannino, figlio del fratello Umberto ed erede designato a guidare il gruppo. E poi il presunto suicidio di Edoardo, un figlio difficile e mai abbastanza compreso. Furono due lutti che segnarono profondamente il patron della FIAT, togliendogli il sorriso dal volto.
Il 24 gennaio 2003 Giovanni Agnelli si spense nella sua residenza sulle colline di Torino, Villa Frescot, a seguito di una lunga malattia. La camera ardente venne allestita nella pinacoteca del Lingotto. Il funerale, seguito da un’enorme folla, si svolse al Duomo di Torino. Le sue spoglie riposano nella monumentale cappella di famiglia presso il cimitero di Villar Perosa, nei pressi della dimora estiva degli Agnelli.
“Un uomo che non piange, non potrà mai fare grandi cose.” (Gianni Agnelli)
GIANNI AGNELLI E L’ARTE
Fine intenditore ed appassionato d’arte, Gianni Agnelli ha condiviso con la moglie Marella questo suo amore, acquistando, nel corso degli anni, numerose opere che sono andate ad abbellire le sue residenze private. Il suo era un occhio attento, addestrato dalla frequentazione costante di gallerie e di musei.
Promotore, sostenitore e membro di importanti istituzioni artistiche – oltre al noto legame con “Palazzo Grassi” di Venezia fece parte, tre le altre cose, del consiglio di amministrazione del “Louvre” di Parigi e del “MoMA” di New York – , l’Avvocato fu anche un raffinato committente e perfino il protagonista di opere d’arte, intessendo un rapporto attivo e costante con la cultura del suo tempo.
“Forse l’architettura è l’arte che preferisco, essa contiene tutta la vita, è la perfetta armonia di estetica ed esistenza, e però possiede tutte le contraddizioni dell’estetica e dell’esistenza.” (Gianni Agnelli)
Nella veste di collezionista egli si dimostrò al di sopra delle regole del mercato. Per lui l’acquisto di un’opera era una forma di creazione. Comprava per appagare un suo gusto estetico e non per compiere un’operazione finanziaria. Un sentimento genuino ed autentico che lo rendeva affine ai grandi mecenati della storia. Collezionare arte come elemento indispensabile nella formazione di un gentiluomo, dove la bellezza risulta essere l’oggetto privilegiato.
“La creatività è il piacere più grande. È il solo vero valore aggiunto della vita, capace di comprendere tutti gli altri.” (Gianni Agnelli)

Dopo Torino la sua città prediletta era New York, dove aveva una casa, degli amici, le relazioni di affari, i club sportivi, i musei, le gallerie d’arte e i collezionisti. Nel palazzo dove viveva negli anni Settanta, al 720 di Park Avenue, c’era al piano terra l’appartamento di uno dei più importanti mercanti d’arte e collezionisti americani del tempo, Eugene Victor Thaw.
L’Avvocato si fermava spesso a casa di Thaw e tra opere di Rembrandt, Goya, Mantegna, van Gogh e Pollock, i due chiacchieravano, scambiandosi opinioni sugli acquisti più recenti. Erano gli anni in cui le gallerie d’arte erano piccole, a misura d’uomo, e i collezionisti erano più filantropi che affaristi. Era il mondo che Agnelli amava più di ogni altra cosa.
“Mi piacciono le cose belle e ben fatte. Ritengo addirittura che estetica ed etica si equivalgano. Le cose belle sono etiche, mentre le cose non etiche non sono belle: dall’evasione fiscale ai sotterfugi.” (Gianni Agnelli)
A New York, tramite Leo Castelli, Agnelli conobbe Andy Warhol, re incontrastato della pop art. Frutto di questo incontro furono due ritratti, uno dell’Avvocato, che lo ritrae con la sigaretta in bocca, e uno di donna Marella.

Agli inizi degli anni Ottanta i coniugi Agnelli decisero di trasferirsi in una dimora a tre isolati più a Nord di Park Avenue, al 770 all’angolo con la 73esima strada. Per ristrutturare le loro stanze private si avvalsero della collaborazione di Peter Marino, che faceva parte della “Factory” di Warhol. L’architetto, oggi una vera e propria archistar a livello mondiale, ricorda ancora con nostalgia la raffinatezza spontanea, istintiva, dell’Avvocato.
“Mai nessun uomo si è tanto sforzato di essere gradevole avendone meno bisogno.” (Pietro Ottone parlando di Gianni Agnelli)
Se avesse potuto scegliere, se il suo grande senso del dovere non lo avesse costretto a prendere in mano l’azienda di famiglia, l’Avvocato sarebbe stato un grande artista d’avanguardia o un divo del cinema. Il suo modo di stare in pubblico, quella sua originalità nel vestire e nell’atteggiarsi, quell’ironia pungente, ma mai sgarbata, fanno di lui un grande esteta dell’espressione, un aristocratico d’altri tempi prestato al mondo degli affari.
“Non c’è niente di più noioso che dirigere una multinazionale a Torino.” (Gianni Agnelli)
LA PINACOTECA AGNELLI DI TORINO
Nel settembre 2002, pochi mesi prima della morte dell’Avvocato, è stata inaugurata negli spazi del Lingotto, storica sede torinese della FIAT, la “Pinacoteca Gianni e Marella Agnelli”. La pinacoteca è ospitata nel cosiddetto “scrigno”, una struttura dalla forma aerodinamica con una futuristica tettoia di acciaio e vetro, ideata dall’architetto Renzo Piano.
Lo spazio espositivo comprende venticinque opere, venticinque capolavori donati alla città di Torino, che costituiscono una preziosa testimonianza dell’amore dei coniugi Agnelli nei confronti dell’arte.
Fanno bella mostra di sé il bellissimo “Alabardiere” del Tiepolo, una porzione di una grandiosa opera smembrata raffigurante “Mosè salvato dalle acque”, sei straordinarie vedute del Canaletto e due del Bellotto, un superbo “Nudo” del Modigliani, due notevoli Picasso, “La bagnante bionda” di Renoir, “La Négresse” di Manet, una tela di Balla e una di Severini futuristi, ed ancora sette dipinti di Matisse. A completare l’allestimento due leggiadre danzatrici del Canova, due sculture in gesso realizzate dalle statue in marmo. Una scelta oculata, improntata ad un gusto misurato, caratteristica distintiva dell’Avvocato.
La pinacoteca si estende anche al di fuori dagli spazi del museo, arricchendosi di un progetto d’arte all’aperto su quella che era la pista utilizzata dalla FIAT per il collaudo delle automobili sul tetto del Lingotto.

Molto probabilmente l’Avvocato non avrebbe indicato il Lingotto come residenza della sua collezione, un luogo troppo legato ad una FIAT che gli stava più stretta del nodo alla cravatta; lui, un re senza corona, avrebbe certamente desiderato ben altro, per poter godere appieno di una bellezza votata alla mera contemplazione estetica. Per lui l’arte non era una questione di soldi e con i soldi non aveva nulla a che fare.
“Mi piace il vento perché non si può comperare.” (Gianni Agnelli)