ARANCIA MECCANICA, PELLICOLA CULT DEL 1971, COSTITUISCE UNA TESTIMONIANZA ESEMPLARE DEL CITAZIONISMO ARTISTICO OPERATO DA STANLEY KUBRICK NEI SUOI FILM.

Se può essere scritto o pensato, può essere filmato.” (Stanley Kubrick)

 

IL CINEMA E L’ARTE

 

Fin dai suoi albori il cinema instaurò un dialogo serrato con le arti: pittura, scultura, architettura, musica, poesia e letteratura, contribuirono tutte a formare la sintassi della più moderna forma di comunicazione di massa del Novecento.

I pionieri del cinema, consapevoli di muoversi in un terreno ancora incolto, attinsero a piene mani al repertorio iconografico tradizionale, alimentando così uno scambio vivifico tra i diversi linguaggi espressivi.

Il cinema è la scrittura moderna il cui inchiostro è la luce.” (Jean Cocteau)

 

Stanley Kubrick sul set di Arancia Meccanica, 1971
Stanley Kubrick sul set di Arancia Meccanica, 1971

 

Stanley Kubrick, uno dei più grandi nomi del cinema contemporaneo, si mosse sulla scia di questo colto e raffinato cinema d’autore.

In tutta la sua produzione vi è un continuo riferimento all’arte: citazioni di opere pittoriche, reminiscenze di strutture architettoniche, collegamenti alla scultura moderna, costituiscono un suo specifico marchio di fabbrica, finalizzato alla ricerca dell’autenticità filologica delle ricostruzioni e alimentato dalla volontà di utilizzare il potenziale evocativo delle arti figurative.

Odio che mi si chieda di spiegare come funziona il film, cosa avevo in mente e così via. Dal momento che si muove su un livello non-verbale l’ambiguità è inevitabile. Ma è l’ambiguità di ogni arte, di un bel pezzo musicale o di un dipinto. Spiegarli non ha senso, ha solo un superficiale significato culturale buono per i critici e gli insegnanti che devono guadagnarsi da vivere.” (Stanley Kubrick)

 

ARANCIA MECCANICA E L’ARTE MODERNA

 

Arancia meccanica, film del 1971 tratto dall’omonimo romanzo di Anthony Burgess del 1962, costituisce una testimonianza esemplare del citazionismo artistico operato da Kubrick in tutte le sue pellicole.

Sebbene professasse una certa antipatia per l’arte contemporanea, in questo lungometraggio i rimandi alla pop art e all’optical art sono espliciti e costanti, in quanto funzionali alla modernità del soggetto rappresentato.

Senza dubbio gran parte dell’arte moderna non è interessante: spesso l’ossessione dell’originalità ha prodotto opere forse originali, ma niente affatto interessanti. Mi pare sia nell’Orfeo di Cocteau che il poeta chiede – Cosa devo fare? – e la risposta è: – Stupiscimi -. Ma l’arte moderna così di rado assolve a questo ruolo. È pur sempre arte, ma non è stupefacente, non sa colmarci di ammirazione e sorpresa. Penso che in determinati campi, la musica in particolare, sia necessario un ritorno al classicismo che arresti questa sterile ricerca dell’originalità. Naturalmente questo problema non riguarda i film, perché nei confronti del cinema vige un atteggiamento profondamente conservatore. I film potrebbero spingersi molto più in là di quanto non facciano: sarebbe certo piacevole vedere al cinema un po’ di follia. Almeno i film sarebbero interessanti.” (Stanley Kubrick)

E con Arancia meccanica Kubrick si spinse certamente “molto più in là”, proponendo sul grande schermo una vicenda di grandissimo impatto emotivo , dove si narrano le avventure di un giovane i cui principali interessi sono lo stupro, l’ultraviolenza e Beethoven.

 

I drughi nell'abitazione dello scrittore Frank Alexander
I drughi nell’abitazione dello scrittore Frank Alexander

 

Tutto il film è permeato dalle grandi esperienze visive del tempo, ammiccando costantemente alle correnti più attuali dell’arte e del design.

L’imperante presenza del colore bianco e del nero è una chiara allusione all’optical art: gli abiti dei drughi, la dimora di Alex e dello scrittore Alexander, gli arredi del Korova Milk Bar, sono esempi di questo contrasto cromatico ad alta valenza simbolica.

Il comune significato del bianco qui viene completamente stravolto: abbandonato il suo valore positivo, il bianco di Arancia meccanica assume una veste torbida e morbosa, alludendo alla malattia, all’asetticità, all’inganno e alla perfidia. Si tratta del bianco degenerato del latte +, un latte “rinforzato” con mescalina, la bevanda abituale consumata dal protagonista e dai suoi amici: da elemento rassicurante legato all’infanzia innocente, il candido latte si trasforma in un cocktail micidiale che spinge ad azioni criminali.

 

Interno del Korova Milk Bar con i drughi e le donne-tavolo
Interno del Korova Milk Bar con i drughi e le donne-tavolo

 

Lo stesso Korova Milk Bar, il locale dove il protagonista e i suoi compagni sono soliti trascorrere le serate, costituisce un prodigioso esempio di arte pop: le provocatorie donne-tavolo si rifanno esplicitamente a due sculture, Chair e Table, realizzate nel 1969 da Allen Jones.

Kubrick ammise che l’idea per questi inusuali oggetti d’arredamento gli venne fornita da una personale dell’artista inglese: “avevo visto una mostra di scultura in cui venivano esibite delle figure femminili come se fossero dei mobili. Da ciò venne l’idea delle figure nude in vetroresina usate come tavolini nel Milk Bar.”

Il reale va bene, l’interessante è meglio.” (Stanley Kubrick)

Altri rimandi alla pop art si ritrovano negli interni delle case dei ricchi borghesi, visitate durante le scorrerie dei nostri drughi, dove fanno bella mostra opere che ammiccano a Roy Lichtenstein, Tom Wesselmann e Mel Ramos.

La grande scultura fallica con cui Alex sevizia ed uccide una donna è una vara e propria opera d’arte dell’olandese Herman Makkink, dal titolo Rocking Machine, un’opera macro-pop che anticipa, di ben trent’anni, il gusto irriverente di Jeff Koons.

E come non ricordare l’indimenticabile scena dell’ora d’aria di Alex, il protagonista, rinchiuso nel carcere, uno speculare rimando figurativo alla Ronda dei carcerati di Vincent van Gogh.

 

Malcolm McDowell, protagonista di Arancia Meccanica, accanto alla scultura di Herman Makkink, Rocking Machine
Malcolm McDowell, protagonista di Arancia Meccanica, accanto alla scultura di Herman Makkink, Rocking Machine

 

Arancia meccanica non è solo un film, ma è grandioso tributo all’arte figurativa e alla cultura del tempo, frutto dell’accurato lavoro del regista. Nulla è stato lasciato al caso e in ogni fotogramma è possibile cogliere la ricercata estetica di Kubrick, sommo artista alla macchina da presa.

Non sono mai stato sicuro che la morale della storia di Icaro dovesse essere: Non tentare di volare troppo in alto, come viene intesa in genere, e mi sono chiesto se non si potesse interpretarla invece in un modo diverso: Dimentica la cera e le piume, e costruisci ali più solide.” (Stanley Kubrick)