GOLCONDA È SENZA DUBBIO L’OPERA PIÙ CELEBRE DI RENÉ MAGRITTE. ESEGUITA NEL 1953, OGGI È CUSTODITA PRESSO LA MENIL COLLECTION DI HOUSTON.

C’è una moltitudine di uomini, di uomini diversi. Ma poiché una moltitudine non fa pensare a un individuo, tutti gli uomini sono vestiti allo stesso modo… Golconda era una ricca città indiana, una specie di miracolo. Io ritengo che sia un miracolo poter camminare attraverso il cielo sulla terra.” (René Magritte)

 

GOLCONDA, ANALISI DELL’OPERA

 

La struttura compositiva di Golconda è piuttosto semplice e si compone di tre elementi: il cielo, gli edifici e gli uomini con la bombetta.

Queste figure scendono dal cielo come delle gocce di pioggia, proiettando la loro silhouette su ciò che li circonda. Sono uomini standardizzati, tutti uguali nel loro impeccabile rigore formale.

 

René Magritte, Golconda, dettaglio, 1953
René Magritte, Golconda, dettaglio, 1953

 

Come sempre l’artista non punta tanto alla spettacolarità dell’immagine, quanto all’effetto di straniamento che essa provoca. Nel porre cose comuni in contesti inusuali, Magritte suscita una sensazione di magico spaesamento nello spettatore.

In quest’opera vi è però anche un significato ulteriore; assegnando ad ogni omino il medesimo spazio e lo stesso abito, egli intende mettere in luce l’effetto di omologazione imposto dalla società moderna. L’uomo non è più un individuo, ma l’ingranaggio di un processo economico.

 

L’ENIGMA DELL’UOMO SECONDO RENÉ MAGRITTE

 

Signore, signori, compagni, la vecchia domanda: Chi siamo? trova una risposta deludente nel mondo in cui dobbiamo vivere. Noi non siamo in realtà altro che i soggetti di questo mondo che ha la presunzione di essere civile, in cui l’intelligenza, la viltà, l’eroismo, la stupidità, adattandosi benissimo reciprocamente, sono a turno d’attualità.

Noi siamo i soggetti di questo mondo incoerente e assurdo in cui si producono armi per impedire la guerra, in cui la scienza si applica a distruggere, a costruire, a uccidere, a prolungare la vita dei moribondi, in cui l’attività più folle agisce a rovescio; viviamo in un mondo in cui ci si sposa per denaro, in cui si costruiscono palazzi che marciscono abbandonati dinanzi al mare. Questo mondo riesce ancora a reggere in qualche modo, ma si vedono già brillare nella notte i segni della prossima rovina. […]

 

René Magritte, Il figlio dell'uomo, dettaglio 1964
René Magritte, Il figlio dell’uomo, dettaglio 1964

 

Questo mondo disordinato, pieno di contraddizioni che è il nostro, è in definitiva favorevole, in modo più o meno parziale, a spiegazioni di volta in volta molto complesse e molto ingegnose che sembrano giustificarlo e renderlo giustificabile per la maggior parte degli uomini.

Queste spiegazioni tengono conto di una certa esperienza. Si deve notare però che si tratta di un’esperienza già compiuta e che, se essa dà luogo a brillanti analisi, non è istituita in funzione di un’analisi delle sue condizioni reali. La società futura svilupperà, nel cuore della vita stessa, un’esperienza che sarà il frutto di un’analisi profonda, le cui prospettive vanno delineandosi sotto i nostri occhi.

Grazie a una rigorosa analisi preliminare, l’esperienza pittorica quale la intendo io può essere istituita già sin d’ora. Quest’esperienza pittorica conferma la mia fede nelle possibilità ignorate della vita. Tutte queste cose ignorate che pervengono alla luce mi fanno credere che la nostra felicità dipenda anch’essa da un enigma associato all’uomo e che il nostro solo dovere sia quello di sforzarsi di conoscerlo.”

(René Magritte, estratto dal testo di una conferenza tenuta il 20 novembre 1938 al Musée Royal des Beaux-Arts di Anversa)

 

GOLCONDA NELLA CULTURA DI MASSA

 

L’albo numero quarantuno del fumetto Dylan Dog si intitola “Golconda!” e la copertina è un evidente omaggio all’omonimo quadro di René Magritte. La storia, firmata Tiziano Sclavi e Luigi Piccatto, riflette la filosofia dell’artista belga secondo la quale “la realtà è un mistero”.

 

Copertina di Golconda!, albo n. 41 di Dylan Dog, 14 febbraio 1990
Copertina di Golconda!, albo n. 41 di Dylan Dog, 14 febbraio 1990

 

Golconda è il nome di una città dell’India meridionale, oggi ridotta in rovina. Celebre per la sua miniera di diamanti, Golconda divenne il sinonimo di “inferno in terra”, proprio a causa delle condizioni deplorevoli in cui versavano gli schiavi impiegati nell’estrazione dei preziosi.

L’inferno di Golconda si è dunque trasformato nell’inferno dell’uomo moderno, secondo la visione di Magritte, e in un inferno di orrore, per l’indagatore dell’incubo Dylan Dog.

La natura, che la società borghese non è riuscita a soffocare completamente, ci offre lo stato di sogno, che dà al nostro corpo e al nostro spirito la libertà di cui esso ha un bisogno imperativo.”

(René Magritte, estratto dal testo di una conferenza tenuta il 20 novembre 1938 al Musée Royal des Beaux-Arts di Anversa)