DAPPRINCIPIO MODELLA E MUSA, IN SEGUITO  FOTOGRAFA E REPORTER DI GUERRA, LEE MILLER È ENTRATA NELLA STORIA PER ESSERE STATA IMMORTALATA NELLA VASCA DA BAGNO DI HITLER.

Sembravo un angelo di fuori. Mi vedevano così. Ero un demonio, invece, dentro. Ho conosciuto tutto il dolore del mondo fin da bambina.” (Lee Miller)

 

LEE MILLER NEL BAGNO DI HITLER

 

Il 30 aprile 1945, a Monaco di Baviera, Lee Miller e David Sherman, fotografi al seguito delle forze armate americane, fecero irruzione in un appartamento al numero 16 di Prinzregentenplatz.

Dopo essere entrati si aggirarono negli ambienti, osservando gli arredi e gli oggetti esposti. Quando raggiunsero la stanza da bagno la donna si spogliò, riempì di acqua la vasca facendo levitare la schiuma, poi, una volta immersa, chiese al suo compagno di scattarle una foto nel momento dell’abluzione.

 

David Sherman, Lee Miller nella vasca da bagno di Adolf Hitler, 1945
David Sherman, Lee Miller nella vasca da bagno di Adolf Hitler, 1945

 

La vicenda potrebbe passare nel dimenticatoio se non fosse che quello era l’appartamento privato di Adolf Hitler e quella la sua vasca da bagno.

 

LEE MILLER, L’INFANZIA

 

Lee Miller nacque il 23 aprile 1907 a Poughkeespie, cittadina adagiata sul fiume Hudson. Il padre Theodore era un ingegnere, inventore e uomo d’affari di origine tedesca, mentre la madre Florence era di origine canadese, scozzese ed irlandese. Questo connubio di nazionalità si riversò nel patrimonio genetico della fanciulla, donandole una bellezza indescrivibile. Ma fin da piccola Lee capì che questo dono non l’avrebbe preservata dalla sofferenza.

 

Man Ray, Ritratto di Lee Miller, dettaglio
Man Ray, Ritratto di Lee Miller, dettaglio

 

A soli sette anni di età subì una violenza sessuale, in seguito alla quale contrasse la gonorrea. Una tragedia sulla tragedia. Come se non bastasse anche il padre cominciò a guardarla in maniera diversa, non più come una bambina, ma come una bellissima giovane donna. Appassionato di fotografia prese a scattarle delle foto in pose ammiccanti e senza veli: l’inferno psicologico di Lee stava prendendo forma.

 

LEE MILLER, LA MODELLA DI VOGUE

 

Nel 1927, in una strada del centro di New York, Lee Miller venne salvata da un passante mentre stava per essere investita da un’automobile. Il suo soccorritore si chiamava Condé Montrose Nast, ed ere nientemeno che l’editore delle prestigiose riviste di moda Vanity Fair e Vogue.

Il fascino magnetico della Miller catturò immediatamente l’uomo che decise di reclutarla come modella, dedicandole la copertina di Vogue del marzo 1927. Per due anni Lee Miller fu l’indossatrice più ricercata, incarnando il prototipo chic della donna moderna, forte ma elegante, rivoluzionaria ma con classe.

 

George Hoyningen-Huene, Lee Miller per Vogue, giugno 1931
George Hoyningen-Huene, Lee Miller per Vogue, giugno 1931

 

La Miller si trovava all’apice della sua carriera quando, nel 1928, uno scatto di Edward Steichen provocò uno scandalo che le fu fatale. Un suo ritratto a figura intera venne utilizzato per una pubblicità di assorbenti femminili. Era la prima volta che l’immagine di una donna veniva associata ad un prodotto così intimo e le proteste non tardarono ad arrivare. La Miller si disse sempre fiera di aver contribuito ad abbattere un tabù così radicato nella società.

 

LEE MILLER, LA FOTOGRAFA SURREALISTA

 

Nel 1929 Lee Miller lasciò l’America e le copertine patinate per raggiungere l’Europa. Soggiornò a Roma e Firenze, per poi recarsi a Parigi, città al centro di un notevole fermento culturale.

Desiderosa di mettersi dall’altra parte dell’obiettivo, si recò dal miglior fotografo in circolazione per imparare il mestiere. Si trovò così a bussare alla porta di un suo connazionale, Man Ray. Com’era prevedibile, tra il maturo maestro e la giovane allieva fu amore a prima vista. I due instaurarono un rapporto molto intenso, fatto di grande passione ed ebrezza creativa.

 

Lee Miller, Picnic a Ile Sant Marguerite, Cannes, 1937
Lee Miller, Picnic a Ile Sant Marguerite, Cannes, 1937

 

In questo periodo la Miller scoprì il processo di solarizzazione, passato erroneamente alla storia come invenzione di Man Ray. La collaborazione tra i due, d’altronde, era così stretta che si fa fatica ad attribuire con certezza i lavori eseguiti dai due.

Fu una stagione frenetica, ricca di sperimentazioni, studi, viaggi, e di importanti frequentazioni. Lee Miller maturò come donna e come fotografa, ma per lei non era ancora abbastanza. Dopo tre anni così intensi decise di abbandonare tutto e di ritornare a New York.

 

LEE MILLER, LA SIGNORA BORGHESE

 

Tornata a New York nel 1932, Lee Miller aprì uno studio fotografico con il fratello Erik, riprendendo la collaborazione con Vogue, questa volta nella doppia veste di fotografa e di modella. Ritratti su commissione e foto commerciali si alternavano a scatti artistici, che furono protagonisti di alcune mostre collettive. Nel 1933 Julien Levy organizzò l’unica mostra personale della sua vita.

A New York la Miller frequentava l’ambiente altolocato dell’upper class e, durante una delle tante serate mondane, conobbe quello che diventerà il suo primo marito, Aziz Eloui Bey, un ricco funzionario ministeriale di origini egiziane. Al seguito del consorte la Miller lasciò nuovamente New York per trasferirsi in Egitto.

 

Lee Miller, Ritratto dello spazio, Egitto, 1937
Lee Miller, Ritratto dello spazio, Egitto, 1937

 

L’ambiente esotico del Cairo e l’arido deserto ispirarono alla Miller delle foto cariche suggestione e ricche di fascino. Anche questa esperienza era destinata a finire presto. Il matrimonio naufragò nella noia e nella routine e la Miller fece ritorno a Parigi, la città dove aveva vissuto la stagione più stimolante.

Nella capitale francese ritrovò gli amici di un tempo e fece nuove amicizie, vivendo in modo spensierato gli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale. In questo periodo ebbe modo di conoscere il pittore e curatore d’arte Roland Penrose, suo secondo marito e padre del suo unico figlio.

 

LEE MILLER, LA REPORTER DI GUERRA

 

Quando scoppiò la Seconda Guerra Mondiale, Lee Miller chiese di poter scendere in prima linea come reporter. Mai paga dei suoi successi, desiderava sempre mettersi alla prova, come a voler mettere a tacere dei mostri interiori che ogni tanto venivano a farle visita.

Tra il 1939 ed il 1945, con una tenacia infaticabile e una passione implacabile, la Miller documentò i drammi di un conflitto sconsiderato e disumano. Seguì l’avanzata delle truppe alleate a saint-Malo, la liberazione di Parigi, la battaglia dell’Alsazia, l’incontro fra le armate americane e quelle russe a Torgau, e documentò, con straordinario verismo, gli orrori dei campi di concentramento di Dachau e di Buchenwald.

La ragazza che a Parigi aveva conosciuto il Surrealismo, si confrontò con gli esiti più crudi dell’Espressionismo.

 

Lee Miller, Londra,1941
Lee Miller, Londra,1941

 

Finita la guerra Lee Miller sentì il bisogno di purificarsi, di emendarsi da tutta questa violenza. La foto scattata nella vasca da bagno di Hitler si trovò dunque a completare una storia che non era solo collettiva, ma anche personale.

 

LEE MILLER, GLI ULTIMI ANNI

 

Lee Miller fu una donna che non visse una, ma mille vite, sfidando sé stessa e le sue possibilità. Dopo la guerra smise di fotografare e si rifugiò a Farley Farm House, proprietà dell’Est Sussex acquistata nel 1949 con il marito Roland Penrose. Questa residenza amena divenne un importante luogo di ritrovo per molti artisti, intimi amici della coppia. Qui la Miller scoprì anche un nuovo talento, quello per la cucina che andò a sostituire quello per la macchina fotografica.

 

Henry McNulty, Lee Miller Bettina McNulty James Beard e altri amici, Farley Farm House, 1966
Henry McNulty, Lee Miller Bettina McNulty James Beard e altri amici, Farley Farm House, 1966

 

Ma il dolore visto e vissuto nel corso degli anni non le dava tregua. Nemmeno il piccolo Antony riuscì a placare i suoi tormenti. Il 21 luglio 1977 Lee Miller si spense nel suo letto dopo aver combattuto la più importante delle battaglie, quella contro sé stessa.

La mia vita è stata un fradicio rompicapo, le cui tessere ubriache non combaciano per forma né scopo.” (Lee Miller)

 

LEE MILLER, L’EREDITÀ

 

Lee Miller ebbe come unico scopo quello di vivere, non preoccupandosi troppo del suo lavoro. Per lei l’importante era fare, non dimostrare di saper fare. In vita fece solamente una personale dedicata ai suoi lavori.

Il figlio Antony Penrose, alla morte della madre, decise di raccogliere, studiare, catalogare e diffondere la sua straordinaria opera. Oggi Farley farm House è stata trasformata in uno splendido museo dove, accanto alla produzione di Lee Miller e di Roland Penrose, sono esposti i capolavori della loro collezione privata.

 

Pablo Picasso Lee Miller e il figlio Antony, Farley Farm House, 1950
Pablo Picasso Lee Miller e il figlio Antony, Farley Farm House, 1950

 

Vedi caro, non mi va di fare nulla ‘per amore’. È inutile pensare a me come a una Giulietta al balcone. Sono una sfacciata, una donna di facili costumi, infedele e incostante. Voglio vedere le cose da vicino, voglio sporcarmi le mani. Ho bisogno di emozioni forti e non ho paura di nulla” (Lee Miller)