RICHARD AVEDON È STATO UNO DEI GRANDI MAESTRI DELLA FOTOGRAFIA DEL NOVECENTO; NOTO PER I SUOI RITRATTI E LE SUE FOTO DI MODA, CONTRIBUÌ A RINNOVARE I CANONI TRADIZIONALI DELLA BELLEZZA.
“Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale. È come se mi fossi dimenticato di svegliarmi.” (Richard Avedon)
RICHARD AVEDON, LE ORIGINI
Richard Avedon nacque a New York il 15 maggio 1923 da una famiglia ebrea di origine russa. I genitori della madre producevano abiti, mentre il padre gestiva un negozio di abbigliamento, l’ Avedon’s Fifth Avenue. L’ambiente in cui crebbe contribuì a maturare in lui l’amore per la moda, i suoi primi scatti ebbero infatti per oggetto i vestiti venduti nel negozio del padre.
Terminato il liceo si iscrisse alla Columbia University, ma dopo solo un anno abbandonò gli studi per arruolarsi, nel 1942, nella marina mercantile dove assunse il ruolo di fotografo per ritratti identificativi ed autopsie. Durante l’esperienza militare Avedon affinò la sua tecnica fotografica, dilettandosi, nel tempo libero, a immortalare momenti di vita quotidiana.

Abbandonata definitivamente la marina nel 1944, cominciò a frequentare la New School for Social Research di New York per seguire i corsi di fotografia di Alexey Brodovitch, art director di Harper’s Bazaar. Tramite Brodovitch, con il quale strinse un forte legame di amicizia, venne assunto da Harper’s Bazaar, dando il via alla sua folgorante carriera di fotografo di moda.
“Tanta gente è convinta che abbia iniziato a dedicarmi alla fotografia commerciale per poi passare a un lavoro più creativo e personale. Invece ho sempre fatto entrambe le cose.” (Richard Avedon)
RICHARD AVEDON, LE FOTO DI MODA
Richard Avedon stravolse completamente la fotografia di moda, liberandola dal tradizionale approccio statico e manierato. Alla continua ricerca di nuovi ed insoliti punti di vista, egli fece uscire le modelle dallo studio per portarle in strada, giocando con la libertà dei gesti e delle ambientazioni.
Nel 1955 organizzò un servizio per Dior al Cirque d’Hiver di Parigi, consacrandosi come uno dei fotografi più geniali del tempo. Leggendaria l’immagine che ritrae la modella Dovima tra gli elefanti in abito da sera, uno scatto dal grande impatto visivo che fece subito il giro del mondo.
“Mi chiese di fare cose incredibili, ma ho sempre saputo che sarei stata parte di un’immagine grandiosa.” (Dovima)

Avedon collaborò con Harper’s Bazaar per vent’anni, dal 1945 al 1965, per poi passare a Vogue, portando anche in questa rivista il suo stile fresco e naturale, attento alla narrazione più che alla pura funzione commerciale della foto.
RICHARD AVEDON, I RITRATTI
Se il fashion system gli tributò onore e gloria, Avedon si sentì però sempre più a suo agio nei panni di ritrattista: “la moda è quel che faccio per vivere, e mi piace” – sosteneva, mentre continuava ad indagare in parallelo i volti della gente.
La ricerca meticolosa dei dettagli unita alla sincerità di espressione, furono le caratteristiche che lo resero celebre nel ritratto fotografico. Esponenti di primo piano della politica, divi del cinema, protagonisti dell’élite culturale, tutti fremevano per avere un ritratto firmato Avedon.
“I miei ritratti dicono molto di più di me che delle persone che io fotografo.” (Richard Avedon)
La sua grande abilità era quella di mettere a proprio agio le persone, così che potessero liberarsi dai loro ruoli e dalle loro sovrastrutture. Aveva attrezzato il suo studio in modo semplice: una sedia e uno sfondo bianco per isolare il soggetto.
“Non mi piacciono gli espedienti a base di giochi di luce o pose particolari. Il bianco aiuta a separare il personaggio dal resto. Il grigio invece protegge, abbraccia, riscalda, ti fa emergere dall’ombra della luce. Racconta un’altra storia. Nel bianco sei solo.” (Richard Avedon)

Farsi ritrarre da Avedon era un po’ come sedersi sul lettino di uno psicanalista, con la sua macchina egli metteva a nudo ciò che si celava allo sguardo del pubblico. Ecco allora palesarsi la vanità della star, la bravura dell’artista, la miseria dell’uomo, la magia che rende bella la bruttezza e crudele il dolore dell’anima, la luce speciale che incorona una celebrità o ne smaschera il genio. La sua vocazione era quella di rincorrere quell’attimo fugace dove ciascuno lascia cadere ogni barriera, aprendo una squarcio sulla sua interiorità.
“Marilyn Monroe alla macchina fotografica offriva molto più di qualsiasi altra attrice, o donna, che io abbia mai inquadrato: era infinitamente più paziente, più esigente con sé stessa e più a suo agio di fronte all’obiettivo che non quando ne era lontana.” (Richard Avedon)
Nel corso della sua lunga e luminosa carriera, Avedon non si è occupato solo di moda o di persone famose, ma ha sempre avuto un occhio di riguardo per le tematiche sociali, i disadattati, i malati psichici, all’interno di una profonda analisi dei mutamenti politici e culturali del suo tempo. Di grande impatto fu la serie che dedicò alla lenta morte del padre, Jacob Israele Avedon, esposta al MOMA di New York nel 1974.
Sia nei suoi lavori più impegnati che in quelli più frivoli, Avedon è sempre rimasto fedele ad uno stile lucido e composto, al limite della perfezione, cifra che lo contraddistinse e fece delle sue immagini delle icone senza tempo.
“Tutte le fotografie sono accurate, nessuna di esse è la verità.” (Richard Avedon)

Il 1 ottobre 2004 Richard Avedon si spense in un ospedale del Texas, dove era stato ricoverato per un’emorragia cerebrale. Il male lo colse mentre stava lavorando ad un servizio fotografico per il New Yorker.
“Tutti recitiamo. È quello che facciamo tutto il tempo, deliberatamente o inconsciamente. È un modo di raccontare di noi nella speranza di essere riconosciuti per quello che vorremmo essere.” (Richard Avedon)