AL CENTRO DI UNA STORIA MILLENARIA, ROMA NON HA DI CERTO BISOGNO DI GRANDI PRESENTAZIONI, IL SUO NOME RACCHIUDE GIÀ UNA PROMSESSA DI MERAVIGLIE TUTTE DA SCOPRIRE.
Non basterebbe un’enciclopedia per descrivere Roma ed il suo straordinario patrimonio artistico, stratificatosi nel corso di molti secoli. Voglio quindi proporvi una visita speciale di Roma, sulle tracce di Caravaggio. Nella capitale è infatti possibile ammirare sei capolavori dell’artista senza dover pagare alcun biglietto.
“Solo a Roma ci si può preparare a comprendere Roma.” (Johann Wolfgang Goethe)
CARAVAGGIO A SANTA MARIA DEL POPOLO
Nei pressi di piazza del Popolo, subito prima della porta omonima, sorge la chiesa di Santa Maria del Popolo. Secondo la leggenda la basilica fu fondata nel 1099 per esorcizzare il fantasma di Nerone che vagava di notte nei pressi della tomba di famiglia. In realtà essa venne costruita a spese del popolo romano – da cui il nome – sopra le sepolture dei Domizi Enobarbi, dove riposavano anche le spoglie di Nerone, come ringraziamento per la conquista di Gerusalemme al termine della prima Crociata.
L’edificio è un vero gioiello, non tanto per la sua struttura, quanto per lo straordinario apparato decorativo interno. Raffaello, Sebastiano del Piombo, Pinturicchio, Gian Lorenzo Bernini, Donato Bramante, Annibale Carracci, sono solo alcuni degli artisti che qui hanno lasciato il proprio segno. A noi però interessa la cappella Cerasi, a sinistra dell’altare maggiore, per la quale Caravaggio realizzò la Crocifissione di san Pietro e la Conversione di san Paolo; due dipinti straordinari che testimoniano la sua capacità di sintesi narrativa e l’abilità nell’umanizzare gli eventi religiosi.
San Pietro è ritratto come un normale vecchio, segnato dal tempo e dalle fatiche della vita. Issato a fatica sulla croce dai suoi aguzzini, ha il peso di un corpo mortale. Un uomo divenuto santo attraverso la sua testimonianza di fede.
E poi san Paolo, schiantato a terra dalla luce della rivelazione divina. Altro personaggio autenticamente umano nella sua missione cristiana. Bellissimo il cavallo che domina gran parte della scena – elemento eretico rispetto alle tradizionali rappresentazioni di questo genere – uno dei più belli della storia della pittura occidentale.
CARAVAGGIO A SAN LUIGI DEI FRANCESI
Il nostro viaggio prosegue verso piazza Navona dove, su una piazzetta laterale, si erge la cinquecentesca chiesa di san Luigi dei Francesi. Sede di culto nazionale dei francesi a Roma, essa ospita tre capolavori assoluti del Caravaggio: San Matteo e l’Angelo, la Vocazione di san Matteo ed il Martirio di san Matteo.
Le tele adornano la cappella Contarelli, acquistata nel 1565 dal cardinale Mathieu Cointrel, il cui nome è stato poi italianizzato in Matteo Contarelli. Il piano iconografico fu definito dallo stesso committente: l’intento era quello di decorarla con le storie del santo del quale portava il nome.
Dopo varie traversie, che ritardarono l’inizio dei lavori, la decorazione venne affidata a Caravaggio. Il Martirio di san Matteo, che in realtà chiude il ciclo, fu il primo dipinto ad essere realizzato e costituisce la sua prima opera pubblica.
La composizione, forse un po’ troppo affollata, risente un po’ della sua inesperienza, ma si può già vedere quella che sarà la sua cifra stilistica, ossia il prepotente realismo descrittivo. In fondo, sulla destra, spicca un uomo con barba e baffi, probabilmente un autoritratto di Caravaggio che in questo modo rivendicava il suo ruolo di artefice.
Seconda in ordine di esecuzione è la Vocazione di san Matteo, opera molto nota, sicuramente più riuscita della precedente. L’episodio evangelico è trasformato in una scena del Seicento: la chiamata avviene in una taverna, popolata da personaggi che indossano abiti dell’epoca. Il messaggio è chiaro; il sacro è sempre presente tra noi, non ha bisogno di ambientazioni mitiche o mitologiche.
Straordinario il gesto della mano di Gesù, evidente citazione della Creazione di Adamo dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina. L’intera composizione è pervasa da una luce fortemente simbolica proveniente dalle spalle di Gesù, ad indicare una forza che lo precede e lo sospinge.
Nel 1600, in tempo per il Giubileo, Caravaggio completò le prime due opere, la terza gli venne richiesta nel 1602, per occupare lo spazio lasciato vuoto dalla rimozione di un gruppo scultoreo di Jacob Cobaert. San Matteo e l’Angelo che ammiriamo oggi è la seconda versione del dipinto, la prima non piacque molto ai prelati che la ritennero eccessivamente prosaica.
Caravaggio aveva ritratto Matteo come un popolano analfabeta, guidato dalla mano dell’Angelo per scrivere il suo Vangelo. Si giunse così ad un compromesso: l’Angelo fornisce solo dei suggerimenti a Matteo. In questo modo si salvava la tradizione che voleva san Matteo ispirato da un Angelo, preservandone al contempo la dignità.
“Caravaggio sarà piuttosto il primo dell’età moderna. Il pubblico cerchi dunque di leggere naturalmente un pittore che ha cercato di essere naturale, comprensibile; umano più che umanistico; in una parola, popolare.” (Roberto Longhi)
CARAVAGGIO A SANT’AGOSTINO
A poca distanza dalla chiesa di San Luigi dei Francesi si trova la chiesa di sant’Agostino, qui Caravaggio ci ha lasciato un dipinto di straordinario impatto emotivo, la Madonna dei pellegrini. Anche ad un occhio inesperto appare subito evidente come Caravaggio abbia dipinto una donna normalissima, con un bambino in braccio, senza alcuna pretesa di rivestirla di una speciale aurea mistica.
La Vergine si trova sulla soglia di una casa e sta ascoltando le preghiere di due pellegrini. Un giovane contadino offre il suo sedere allo spettatore, i piedi grossi e sporchi, accanto a lui è inginocchiata una vecchia rugosa, con i capelli raccolti entro un lurido fazzoletto. Tutta la scena ci racconta un episodio di vita concreta: il sovrannaturale calato nella realtà di tutti i giorni.
A santa Maria della Scala, in Trastevere, ci sarebbe potuta essere la settima opera pubblica di Caravaggio, ma le cose non andarono nel verso giusto. Per la cappella Cherubini egli realizzò la Morte della Vergine che venne rifiutata dai religiosi. Acquistata nel 1607 dal duca di Mantova, il dipinto è oggi custodito al Louvre di Parigi.
CARAVAGGIO A ROMA
Dopo l’apprendistato in Lombardia, sua terra natia, Caravaggio giunse a Roma attorno al 1592. A quel tempo la capitale della cristianità era un villaggio attraversato da campi e cosparso di maestose rovine: palazzi principeschi si ergevano fra misere casupole, povertà e delinquenza si alternavano a sfarzo e ricchezza. Possiamo solo immaginare come Caravaggio, poco più che ventenne, si trovasse a suo agio in questa realtà dai mille chiaroscuri, avvezza alla violenza più cieca, ma anche alla raffinatezza più estrema.
Appena arrivato, con pochi soldi nelle tasche e nessuna reputazione al seguito, Caravaggio andò a bottega presso Giuseppe Cesari, detto il Cavalier d’Arpino, artista di maniera apprezzato da principi e prelati. Ben presto si stufò dei lavoretti di rifinitura che gli imponeva il maestro e decise di “provare a stare da sé stesso”. Trascorse un periodo di grande indigenza e difficoltà fino al 1595, quando entrò a servizio del cardinale Francesco Maria del Monte. Installatosi dapprima nella residenza del cardinale a palazzo Madama e poi, nel 1601, a palazzo Mattei, il pittore si trovò al centro della committenza più altolocata della capitale, ma non per questo smise di battere i bassifondi della città, continuando a crogiolarsi nel vizio e nella violenza.
Nel 1605 Camillo Borghese divenne papa con il nome di Paolo V. Uno dei suoi primi atti fu quello di dare il cappello cardinalizio al nipote Scipione Borghese, il quale lo ripagò presentandogli Caravaggio, che si era già fatto notare per dei suoi lavori. Poteva essere l’occasione per sistemarsi, ma purtroppo il carattere impetuoso dell’uomo ebbe la meglio sulla natura dell’artista.
In un giorno di fine maggio del 1606 Caravaggio venne alle mani con tal Ranuccio Tomassoni, ferendolo a morte. Con un omicidio sulle spalle cominciò il lungo esilio di Caravaggio che lo condusse ai Castelli, poi a Napoli, in Sicilia ed infine a Malta.
Dopo varie traversie, il pontefice gli permise di fare ritorno a Roma, ma il destino aveva deciso diversamente. Caravaggio morì il 18 luglio 1610 a Porto Ercole, la sua scomparsa è avvolta nel mistero. Le cronache del tempo parlarono di una “febbre maligna” come causa del suo male, ma molti sono ancora gli interrogativi in attesa di risposta.
ALTRE OPERE DI CARAVAGGIO A ROMA
A Roma Caravaggio lasciò numerose testimonianze della sua opera, sia con grandi lavori pubblici, sia con piccoli quadri dedicati alla committenza privata. Di seguito riporto un elenco, ordinato cronologicamente, dei dipinti di Caravaggio presenti nelle maggiori gallerie dell’Urbe.
Bacchino malato, 1593-1594 – Galleria Borghese
Ragazzo con canestro di frutta, 1593-1594 – Galleria Borghese
Buona Ventura, 1593-1594 – Pinacoteca Capoitolina
Maddalena penitente, 1595-1595 – Galleria Doria Pamphilj
Riposo durante la fuga in Egitto, 1595-1596 – Galleria Doria Pamphilij
Giove, Nettuno, Plutone, 1599 – Casino Ludovisi
Narciso, 1599 – Galleria Nazionale d’Arte Antica di palazzo Barberini
Giuditta e Oloferne, 1599 – Galleria Nazionale d’Arte Antica di palazzo Barberini
Deposizione, 1602-1604 – Pinacoteca Vaticana
San Giovanni Battista, 1602 – Pinacoteca Capitolina
Madonna dei Palafrenieri, 1605-1606 – Galleria Borghese
San Gerolamo, 1605-1606 – Galleria Borghese
San Francesco in meditazione, 1606 – Galleria Nazionale d’Arte Antica di palazzo Barberini
Davide con la testa di Golia, 1609 – Galleria Borghese
San Giovanni Battista, 1609-1610 – Galleria Borghese