DORIS DELEVINGNE, NOTA COME LA VISCONTESSA CASTLEROSSE, FU UNA DELLE DONNE PIÙ DIABOLICAMENTE AFFASCINANTI DEL SUO TEMPO.
La sua cattiva fama la precedeva dappertutto, arrampicatrice sociale, maliarda impenitente, aggressiva ed arrogante, ma sicuramente “una delle persone più chic e più attraenti mai esistite”, stando alle parole del pittore Derek Hill.
DORIS DELEVINGNE, LE ORIGINI
Jesse Doris Delevingne, prozia della supermodella Cara, nacque a Beckenham, nel South London, il 25 settembre 1900, da una famiglia di estrazione piccolo borghese; sua madre, Jessie Marion Homan, era una casalinga mentre il padre, Edward Charles Delevingne, importava sete e pizzi dalla Francia.
Di carattere sveglio e piuttosto ribelle, la piccola Doris sentì presto una certa insofferenza per il mondo che la circondava così, appena raggiunta la maggiore età, se ne andò dalla casa paterna per immergersi nella frenetica vita della capitale. A Londra venne in contatto con l’attrice Gertrude Lawrence, nota come Gertie, che l’accolse sotto la sua ala protettrice. La Lawrence ospitò Doris nel suo appartamento in Park Lane, nel prestigioso quartiere di Mayfair, e la introdusse nell’alta società, insegnandole come vestirsi ed a comportarsi.
Dotata di una bellezza straordinaria, ma ancor di più di una sfrontata impudenza, la Delvingne non si fece scrupolo ad entrare nel letto di chiunque pur di vivere nel lusso più sfrenato.
Sviluppò una preferenza per le scarpe in pelle italiane, si diceva che una volta ne avesse acquistate 250 paia identiche sostenendo che sarebbe stato “troppo idiota” non farne scorta per il futuro. La stessa filosofia la applicava anche alle sue relazioni amorose, alle calze di seta, che faceva venire appositamente da Parigi, agli abiti Schiaparelli e ai gioielli rigorosamente Cartier.
Ogni suo amante rappresentava un serbatoio di ricchezza al quale attingere a piene mani, facendo proprio il motto che “il letto di una donna è il suo regno.”
DORIS DELEVINGNE, LA VISCONTESSA CASTLEROSSE
Il 15 maggio 1928 Doris Delevingne sposò Valentine Edward Charles Browne, sesto conte di Kenmare nominato visconte di Castlerosse dal 1905 al 1941. Da quel momento venne familiarmente appellata come la Viscontessa Castlerosse.
Il matrimonio non servì certo a placare la fame di uomini e di agi della nostra Doris, che continuava a condurre un’esistenza sregolata ed alquanto licenziosa. Voleva tutto e andava da chi poteva offrirglielo.
Solo due anni dopo le sue nozze, la Castlerosse sedusse nientemeno che Wiston Churchill. A quel tempo il grande statista stava attraversando un momento alquanto difficile. La sconfitta dei conservatori alle elezioni del 1929 ed il crollo della borsa di Wall Street nello stesso anno, avevano condotto Churchill alle soglie della depressione. Per consolarsi si gettò in un’intensa vita mondana, giocando d’azzardo e bevendo smodatamente.
Mentre era ospite in Francia nella villa del magnate dell’editoria William Max Aitken barone di Beaverbrook, Churchill fece la conoscenza di Doris. Churchill, che si dilettava anche con la pittura, ne fu talmente colpito da chiederle di posare per un ritratto.
Galeotto fu il quadro e chi lo dipinse! Stando ai pettegolezzi, tra i due sarebbe nata una storia fatta di sesso sfrenato, consumato tra le mura del Ritz di Parigi. Leggendarie le parole che Churchill rivolse alla viscontessa dopo una notte d’amore travolgente: “Doris, tu resusciteresti anche un cadavere.”
Pare che in seguito Doris si sia presa delle licenze anche con il figlio di Churchill, Randolph, che al tempo aveva appena ventuno anni. La loro liaison fu scoperta, in modo non troppo elegante, dal maître del Cavalry Club che, aprendo la porta di una stanza, vide le lunghe e inconfondibili gambe della Doris levate verso il cielo, mentre Randolph Churchill gli intimava di andarsene. La faccenda sollevò un gran polverone ed il padre ordinò al figlio di porre fine a quella scabrosa relazione. Nonostante tutto Doris continuò a mantenere buoni rapporti con Wiston che le fu di aiuto in alcuni momenti difficili della sua vita.
Tra i molti amanti illustri dell’affascinante viscontessa va sicuramente ricordato il fotografo Cecil Beaton, omosessuale più o meno dichiarato, che rappresentò una stimolante sfida per mettere alla prova le sue armi seduttive. Secondo Doris infatti “non esiste un uomo impotente, ma solo una donna incompetente.”
Nel 1938, quando i tribunali accettarono l’istanza di divorzio presentata tre anni prima, il suo matrimonio si concluse definitivamente. Restava la questione di come sostenersi economicamente. Fu così che si gettò tra le braccia dell’americana Margot Flick Hoffman, figlia di un ricco uomo d’affari di New York e moglie dello scrittore Richard Sanford Hoffman.
DORIS DELEVINGNE, GLI ULTIMI ANNI
Margot Hoffman aveva decisamente perso la testa per la bella Doris, tanto che decise di omaggiarla con un palazzo a Venezia, dove intrattenere gli amici. Il palazzo in questione era nientemeno che Palazzo Venier dei Leoni, celebre per essere stato la residenza dell’eccentrica Marchesa Casati e futura dimora di Peggy Guggenheim e della sua preziosa collezione d’arte. Acquistato nel 1936 dalla Société Immobiliare Kléber, il palazzo venne restaurato secondo il gusto di Doris, gusto che peraltro non incontrò il favore della Guggenheim la quale si premurò subito di smantellare le migliorie da lei apportate.
“[…] la Viscontessa Castlerosse comprò la casa e spese una fortuna nel rifare quel che poi si rivelò un vero e proprio disastro (credo che la Marchesa Casati avesse appena un tetto sulla testa). Lady Castlerosse installò sei bagni di marmo e splendidi pavimenti a mosaico. Il suo gusto non era certamente uguale al mio, perciò dovetti asportare tutti gli stucchi Liberty dalle pareti.” (Peggy Guggenheim, “Una vita per l’arte”, prima edizione 1946)
Nel 1939, quando fu dichiarata la Seconda Guerra Mondiale, la Castlerosse trovò riparo con la sua amante negli Stati Uniti. Ma la loro storia era destinata a finire molto presto. Esasperata dai capricci di Doris e dal suo stile di vita dispendioso e promiscuo, Margot la lasciò.
Sola, priva di compagnia maschile e senza un soldo, si trovò costretta a ricorrere al suo fedele amico Churchill per riuscire a rientrare in Inghilterra. Una volta giunta in patria tentò in tutti i modi di riallacciare i rapporti con il suo ex marito, ma il suo appeal non sortì l’effetto sperato. La sua avvenenza era inesorabilmente sfiorita, messa duramente alla prova dalle delusioni della trasferta americana.
Assediata dai debiti e sempre più in ansia per il futuro, Doris si sentì messa alle strette. Alle sue disgrazie si aggiunse un serrato interrogatorio da parte della polizia che la accusava di aver impegnato alcuni suoi gioielli a New York. In tempo di guerra la vendita dei diamanti era illegale e la sua già precaria reputazione subì un altro duro colpo.
Una serie di sfortunati eventi che contribuirono a minare l’equilibrio psichico della povera Doris.
Il 12 dicembre 1942 Jesse Doris Delevingne, per tutti la Viscontessa Castlerosse, perse la vita a causa dose fatale di alcol e barbiturici, al St. Mary’s Hospital a Paddington. Era stata ritrovata qualche giorno prima, in coma profondo, nella sua stanza al Dorchester Hotel di Park Lane da Emily, la sua domestica.
Non si sa se sia stato un suicidio, è più probabile che si sia trattato di un incidente, molti vociferarono anche di un complotto per mettere a tacere la sua relazione con Churchill. Il rapporto del coroner parlò di decesso “per avvelenamento da acido barbiturico […] avendo autonomamente assunto il farmaco in circostanze non del tutto chiarite dai fatti”, si ammetteva così la possibilità del suicidio senza tuttavia escludere l’ipotesi di un episodio accidentale.
Si concludeva così la vicenda di una donna dotata di nessun capitale tranne la bellezza e l’intelligenza, abilissima nell’arte di separare gli uomini ricchi dal loro denaro, usando il sesso come merce di scambio.
“Voi magari pensate che fare l’amore sia divertente, ma se doveste farlo con dei vecchi maiali come capita a me, cambiereste idea.” (Jesse Doris Delevingne, Viscontessa Castlerosse)
Per approfondire la storia di Palazzo Venier dei Leoni e delle tre straordinarie donne che lo abitarono leggi “Il Palazzo incompiuto” di Judith Mackrell, EDT, 2017.