EDGAR DEGAS, SOLITAMENTE ETICHETTATO COME IMPRESSIONISTA, IN REALTÀ NON APPARTENNE MAI COMPLETAMENTE A QUESTO MOVIMENTO; PUR PARTECIPANTO ALLA NUOVA TEMPERIE CULTURALE EGLI SI DIMOSTRÒ UN OUTSIDER PER LA SUA PERSONALE INTERPRETAZIONE DEL DATO NATURALE, ASSAI SOFISTICATA E FORTEMENTE INTELETTUALIZZATA.
Contro gli estri “impressionisti” volti alla ricerca di una sensazione effimera, la pittura di Degas si distinse per la sua compiutezza, finalizzata alla ricerca di verità assolute. Egli non rifiutò l’arte della tradizione, ma anzi ne fece un necessario punto di partenza per sviluppare uno stile che fosse veramente nuovo ed originale. La verità nello stile e lo stile nella verità, questo era il suo scopo principale.
“Nessuna arte è meno spontanea della mia. Quel che faccio è il risultato della riflessione e dello studio sui grandi maestri.” (Edgar Degas)
EDGAR DEGAS, LA FORMAZIONE
Edgar Degas nacque a Parigi il 19 luglio 1834, primogenito del banchiere Pierre Auguste Hyacinthe De Gas (questa era l’originaria grafia del cognome) e di Célestine Musson. Da parte di padre poteva vantare delle origini molto prestigiose: i De Gas erano una nobile casata della Linguadoca, i cui membri appartenevano all’Ordine dei Cavalieri di Orléans.
L’artista crebbe nel benessere e venne educato secondo i principi dell’alta borghesia: dapprima gli studi classici presso il prestigioso liceo parigino “Louis-le-Grand”, dove strinse importanti amicizie con Henri Rouart e Paul Valpiçon – figlio del grande collezionista Leonard Valpiçon, proprietario tra l’altro de “La grande bagnante” di Ingres -, poi la laurea in giurisprudenza alla Sorbona, ottenuta più per compiacere la famiglia che per autentico interesse.
Il padre desiderava per lui un impiego come magistrato, ma Degas si sentiva più attratto verso l’arte che verso gli aridi codici giuridici. Prese così a frequentare con regolarità il Louvre, avviandosi ad una promettente carriera di pittore.

In linea con la sua formazione culturale, egli fu sempre attratto dai grandi maestri del passato: Ingres, prima di tutto, e poi i protagonisti del Rinascimento italiano, che ebbe modo di conoscere di prima mano con un viaggio in Italia, compiuto tra il 1856 ed il 1859. Roma, Napoli e Firenze furono le tappe del suo personalissimo grand tour, utile per costruirsi un ideale museo di riferimento.
“Mi vergogno un po’ ad ammetterlo, ma, nella città di Andrea del Sarto, di Michelangelo, di Fra Bartolomeo, dell’Angelico e di tanti altri puri fiorentini, ho osado cominciare il mio lavoro copiando un abbozzo del Tiziano … Risplende di scienza, in quanto a colore, e di verve. Non mi è affatto dispiaciuto riaccostarmi un po’ a questo cibo. Come vedete, non ho pregiudizi né alcun partito preso, e anzi, sono tutto contento, perchè così ammorbidisco considerevolmente la mia tecnica.” (Edgar Degas, 1958)
EDGAR DEGAS, I SOGGETTI E LO STILE
Degas era convinto che lo scopo dell’arte fosse quello di sublimare la realtà attraverso delle corrispondenze, superando in questo modo, sia la via della trascrizione mimetica, sia quella dell’astrazione: “la poesia è ciò che vi è di più reale, ciò che è completamente vero solo in un altro mondo” – come sosteneva lo stesso Baudelaire.
Tutto il suo lavoro si articolò nella costruzione di un universo che, pur radicando le proprie fondamenta nel mondo sensibile, se ne discostava: dal particolare all’universale, riducendo la dimensione esistenziale del tempo a quella estetica dello spazio.

Il teatro, la danza, gli amici, le donne, i caffè, il circo, le corse dei cavalli furono oggetto di studio da parte di Degas: il vero così come appariva nell’esperienza quotidiana di un uomo di mondo come lui era, perfettamente integrato nei riti mondani della società parigina fin de siècle.
Egli mise in luce il lato gioioso della modernità, la bellezza e l’eleganza del vivere cittadino, rifiutandosi di scendere, se non in rari casi, nei recessi del vizio e della miseria. L’opera di Degas è esteticamente compiuta ma non incisiva, opponendosi a qualsivoglia coinvolgimento morale o moralistico: l’art pour l’art senza ulteriori implicazioni.
EDGAR DEGAS, IL MONDO DEL TEATRO
Il teatro fu uno dei soggetti più cari a Degas; dagli inizi degli anni Settanta scene di orchestre e di danza affollarono le sue rappresentazioni.
Il mondo delle ballerine comparve, per la prima volta, in un dipinto del 1870 circa, intitolato “L’orchestra dell’Opéra”: qui i musicisti, con i loro bellissimi strumenti musicali, sono i protagonisti, mentre la scena di danza è relegata in uno sfondo.
Pian piano le ballerine prenderanno il sopravvento, divenendo i soggetti principali delle tele dell’artista e anche di una produzione di sculture, rimaste per lo più sconosciute al grande pubblico, ad eccezione de “La piccola ballerina di quattordici anni”, presentata alla sesta mostra degli Impressionisti del 1881.

La mania di Degas per le ballerine si coniugò con le sue ricerche sul movimento, catturato con una smania di perfezione ed una continua insoddisfazione per i risultati ottenuti. Il suo interesse si fissò, più che sulla posa coreografica, sulla gestualità spontanea, a volte anche un po’ rozza, delle danzatrici colte nei momenti di “assestamento” degli arti.
Lo sguardo che Degas riservò alle ballerine, e alle donne in generale, fu quello freddo e impassibile di un entomologo intento a classificare il complesso sistema meccanico di un essere vivente: nessuna partecipazione emotiva, ma solo una cruda disanima dell’anatomia femminile, velata da una certa dose di erotismo.
“[…] la pittura di Degas è virile e spersonalizzata proprio perchè egli ha accettato di non essere altro, quanto a sé, che un modesto notaio cui ripugna di darsi bel tempo. Egli osserva, dunque, gli animali umani più forti di lui eccitarsi e fare l’amore, e li dipinge bene, proprio perchè egli stesso non si concede la pretesa di fare altrettanto.” (Vincent van Gogh)

La sua scarsa, o nulla, pertecipazione all’universo femminile può forse essere messa in relazione con il suo carattere scorbutico e scostante, tanto da essere considerato un autentico misantropo.
Edgar Degas non si sposò mai e non si costruì alcun nucleo familiare, rimanendo fedele alla propria arte. L’unica donna con la quale instuarò un legame molto intenso, fatto di complicità e interessi comuni, fu l’americana Mary Cassatt, da lui introdotta nel circolo impressionista.
EDGAR DEGAS, L’ EPILOGO
Sul finire del secolo i disturbi alla vista che lo avevano afflitto fin dalla giovinezza si aggravarono, tanto da condurlo quasi alla cecità. A causa di questo problema, Degas perse interesse per la realtà esterna e si ritirò a vita privata, dedicandosi prevalentemente alla sculura e ai pastelli.
Colto da aneurisma cerebrale, Edgar Degas morì a Parigi, oramai completamente cieco, il 27 settembre 1917 ad ottantatré anni di età.

L’artista ha lasciato un’importantissima eredità alle generazioni future, dimostrandosi una figura chiave per gli sviluppi del Simbolismo, via via fino alle avanguardie. La sua carica rivoluzionaria risiede nella sua ossessione stilistica, nell’affermazione perentoria dell’autonomia dell’arte e dei suoi mezzi espressivi.
Come gli impressionisti anche Degas partì dal dato sensibile, ma diverso fu il risultato finale; rifiutando di trascrivere il magma agitato dell’esistenza egli si concentrò sui suoi aspetti meno transitori. La sintassi di Degas si fece struttura, e la struttura si fece forma: una limpida costruzione armonica capace di cristallizzare il moto vitale, attraverso un’improvvisa illumination.
