MAGO, OCCULTISTA, ALCHEMICO O STREGONE, LA FIGURA DI HIERONYMUS BOSCH È ANCORA AVVOLTA NEL MISTERO. I SUOI CONTEMPORANEI SI LIMITARONO AD AMMIRARLO PER L’INCREDIBILE POTENZA ESPRESSIVA CHE CONTINUA, ANCORA OGGI, A CATTURARE LO SGUARDO ESTEREFATTO DELLO SPETTATORE.
“Che significa, o Hieronymus Bosch, quel tuo occhio attonito? Quel pallore del volto? Come se tu stessi guardando i lemuri e gli spettri dell’Inferno svolazzarti davanti. Potrei credere che ti si siano spalancate le porte dell’avido Dite e le dimore del Tartaro poiché la tua destra ha potuto dipingere tanto bene tutto quello che il più profondo recesso dell’Averno contiene.” (Dominicus Lampsonius)
LA BIOGRAFIA
Jheronimus Bosch, questa la dizione olandese, derivò il suo nome dalla città che gli diede i natali, Hertogenbosch nel Brabante. Il vero nome del suo casato era van Aken, probabilmente perchè originario di Aachen (Aquisgrana).
Non si conosce con precisione la data della sua nascita, che ragionevolmente si pone attorno al 1450, mentre la data di morte è esattamente segnata nei registri della “Confraternita della Madonna” (“Illustre Lieve-Vrouwe Broederschap”) di cui faceva parte. Il 9 agosto 1516 vennero celebrate le esequie del pittore nella Cappella di Nostra Signora, nei documenti della quale è ricordato come: “Hieronymus Auqen, alias Bosch, insignis pictor”.
Poche e frammentarie sono le notizie in nostro possesso sulla sua vicenda di uomo e di artista. Nel 1478 si sposò con la ricca borghese Aleid van Meervenne, che gli portò in dote una casa in campagna e la tranquillità economica per potersi dedicare alla pittura.
La sua formazione artistica avvenne probabilmente entro la cerchia familiare: non soltanto il padre, ma anche il nonno e due suoi zii erano pittori. Si sa inoltre che Bosch partecipava attivamente all’allestimento scenico dei misteri, rappresentazioni teatrali organizzate dalla Confraternita, e ai carri con scene religiose: attività queste che avranno molto peso sulla sua fantasia inventiva.
L’OPERA, I TEMI E LE CARATTERISTICHE
L’opera di Hieronymus Bosch che ad un’occhiata superficiale può risultare eccentrica e bizzarra, è in realtà perfettamente inserita nella cultura del suo tempo. Nel brulichio aberrante delle sue rappresentazioni aleggiano tutte le speranze, le angosce, i desideri e le paure che si respiravano nell’aria di un medioevo prossimo alla fine.
Una moltitudine di ossessioni infernali, riferimenti sessuali, simbologie mistiche e alchemiche sono alimentate dalla sua creatività portentosa ed allucinata: la perfetta messa in scena di un mondo sconvolto e sconquassato dove l’unica certezza risiede nella condizione di miseria dell’umanità.
Il pensiero dominante è infatti la consapevolezza che il male e il mostruoso sono ovunque e sono connaturati all’uomo e alle sue opere: salvarsi è difficile seppure non impossibile.
Orrende metamorfosi, oscene congiunzioni tra uomini e animali, ripugnanti mescolanze tra esseri animati e oggetti inanimati, racappriccinati deformazioni anatomiche, sono tutte manifestazioni di quel demoniaco insito nell’essenza umana.
Ma se al nostro tempo è dato di percepire solo l’apparenza visionaria della pittura di Bosch, bisogna tener presente di come quella pittura fosse dotata di una profondità di significati, ben nota ai suoi contemporanei. Era un’epoca di un sentimento religioso superstizioso e violento, di una lotta perpetua tra bene e male, tra Dio e Satana che si riflettava nel contrasto, tutto fiammingo, tra sensualità e spiritualismo: costumi sfrenati e licenziosi erano diffusi nei comportamenti assieme alla polemica contro la corruzione del clero che fomentava la nascita di sette ai margini dell’ortodossia. Era insomma la terra della follia elogiata da Erasmo da Rotterdam nella sua opera più celebre.
IL TRITTICO DEL GIARDINO DELLE DELIZIE
Nei suoi lavori Bosch fece largo uso del trittico, una tipologia compositiva tipica dell’arte religiosa e fortemente legata alla tradizione medievale. Uno dei suoi trittici più celebri, per la felicità di composizione e per il fascino ambiguo del nome, è il trittico del “Giardino delle delizie.”
La datazione dell’opere è incerta, ma viene fatta risalire al suo periodo tardo-giovanile, tra il 1480 ed il 1490. Il suo significato non è univoco: secondo una lettura critica rivelerebbe l’adesione dell’autore alla setta eretica degli Adamiti, che, tra le altre cose, proclamavano una grande libertà sessuale; secondo un’altra esegesi il dipinto avrebbe un intento moralizzante, ossia di monito contro l’abuso dei piaceri carnali. Quale che sia stato il corretto intento di Bosch non potremo mai saperlo con sicurezza, ma certo è che ci troviamo di fronte ad un’opera di straordinario impatto visivo e mirabolante estro creativo.
Nello scomparto di sinistra è raffigurato il “Giardino dell’Eden”, un paradiso terrestre con la creazione di Adamo e di Eva. Centralmente, passando per una scena affollata ed articolata, è descritto il “Giardino delle delizie” dove domina incontrastata la lussuria. Nel pannello di destra, infine, è rappresentato l’”Inferno musicale”. Il trittico, una volta chiuso, ci offre una piacevole sorpresa: sui pannelli esterni Bosch dipinse un monocromato con “La creazione del mondo” entro una sfera di cristallo, nella forma simbolica di un uovo.
La struttura mette in evidenza la concezione di uno spazio unitario ma diviso: sono tre settori che possono essere letti ognuno per la sua unità di azione, ma che, messi assieme, determinano un senso di disordine voluto. Il caos che nasce dalla volontà di sperimentare uno spazio che va oltre la realtà della storia. Il nostro occhio si smarrisce, non esiste un centro, ma un grande arazzo pullulante di emblemi ed enigmi dove nessuno è protagonista, ma tutto ruota attorno a un nucleo provvisorio ed effimero.
Nella pittura di Bosch convivono e si mescolano perfettamente due dimensioni: quella realistica, erede di una tradizione tutta fiamminga, che si evince nell’attenzione per la minuzia del dato descrittivo, e quella onirica che emerge nello stravolgimento di quel dato naturalistico in una realtà totalmente inventata. La natura amplificata in modo assurdo nella dimensione del sogno.
Lo sportello con l'”Inferno musicale“, ad esempio, pur essendo un esplicito omaggio al mondo demoniaco, appare totalmente privo di senso: le enormi orecchie trafitte da una freccia che paiono muoversi come delle gambe, stringendo fra loro la lama di un coltello; gli strumenti musicali degradati ad oggetti insensati o mezzi di tortura, come l’arpa dove vi è un uomo crocefisso sulle sue corde, o come l’essere umano legato al liuto che è esposto all’attacco di un drago; l’uovo-albero al centro della composizione, dove molti studiosi hanno visto l’autoritratto di Bosch, che sul cappello regge una zampogna e nel tondo ventre ospita una bettola.
Questo come altri suoi inferni, seppure incongrui e disturbanti, non danno un senso di strazio fisico, di dolore; in ultima analisi in Bosch sembra prevalere un sentimento di diletto, di piacere, nel dare corpo ad un mondo dove il mostruoso la fa da padrone.
CURIOSITÀ
La riscoperta in tempi moderni di Hieronymus Bosch si deve ai surrealisti, che in lui videro un maestro nel dare voce ai recessi dell’inconscio. Bisogna comunque tener presente che le sue visioni sono sempre perfettamente calate nello spirito di un’epoca: non si pongono dunque nella dimensione della surrealtà ma danno voce ad una realtà vista e vissuta.
Will-Erich Peuckert, storico tedesco specializzato nello studio della stregoneria e delle superstitioni popolari, nel 1959 tenne a Brema una lezione sugli unguenti allucinogeni, che lui stesso aveva ricreato e sperimentato.
Secondo le sue ricerche, al tempo di Bosch veniva usata una sostanza chiamata “pomata delle streghe”, attraverso la quale era possibile avere delle visioni simili a quelle riprodotte dal pittore: “viaggi nell’aria, scene orgiastiche con creature fantastiche, ambienti infernali.” Un’altra possibile chiave di lettura per il suo mondo fantasmagorico.
Un fatto resta tuttavia dato per certo: Bosch piacque e piace ancora oggi, perchè nella sua produzione traspare una genialità unica, in grado di toccare nel profondo ognuno di noi.
Visita il sito ufficiale del Museo del Prado di Madrid dove è conservato il trittico del “Giardino delle delizie”: