AMEDEO MODILGIANI FU UNO DEGLI ULTIMI ROMANTICI. DOTATO DI UNA PERSONALITÀ MAGNETICA QUANTO TORMENTATA, EGLI INCARNÒ IL PROTOTIPO DELL’ARTISTA MALEDETTO.
“Io scrivo per sfogarmi con te e per affermarmi dinanzi a me stesso. Io stesso sono in preda allo spuntare e dissolversi di energie fortissime. Io vorrei invece che la mia vita fosse come un fiume ricco d’abbondanza che scorresse con gioia sulla terra. Tu sei ormai quello a cui posso dir tutto: ebbene io sono ricco e fecondo di germi ormai e ho bisogno dell’opera.” (Amedeo Modigliani, da una lettera ad Oscar Ghiglia, Capri 1901)
AMEDEO MODIGLIANI, LE ORIGINI
Amedeo Modigliani nacque a Livorno il 12 luglio 1884 da Flaminio Modigliani ed Eugenia Garsin, entrambi di origini ebraiche. La famiglia, un tempo agiata, si trovava in difficili condizioni finanziarie a causa della bancarotta dell’impresa del padre. Se dobbiamo credere ai presagi, la nascita di Amedeo fu accompagnata da una cattiva stella: mentre Eugenia cominciava ad avvertire le doglie, un ufficiale giudiziario bussò alla dimora dei Modigliani per eseguire il pignoramento dei mobili.
La sua giovinezza fu minata da problemi di salute che lo indebolirono nel fisico, ma lo portarono a sviluppare una sensibilità non comune. Dedo, come veniva teneramente chiamato in famiglia, era un ragazzo curioso, riflessivo, amante della lettura e delle discussioni di tenore alto.
La pittura fu per lui una vocazione; si narra che nel 1898, in preda al delirio da febbre tifoidea, avesse strappato alla madre la promessa di mandarlo a scuola di disegno. Come siano andate veramente le cose non lo sappiamo con certezza, fatto sta che venne mandato ad imparare i rudimenti di pittura da Guglielmo Micheli, uno dei migliori allievi di Giovanni Fattori.
Dopo essersi iscritto alla Scuola del Nudo di Firenze e all’Accademia di Belle Arti di Venezia, senza aver completato i corsi di studi, nel 1906 si trasferì a Parigi, la città che all’epoca costituiva il centro propulsore dell’arte. Qui affittò uno studio a Montmartre, al Bateau-Lavoir, un agglomerato di appartamenti fatiscenti, cuore dell’avanguardia parigina.

Modigliani fu in qualche modo travolto dalla capitale francese, così carica di energie creative e di fermenti vitali, scoprì di colpo un mondo diverso, un modo di vivere e di concepire la realtà per lui fino ad allora impensabile. Il confronto con gli altri artisti fu inevitabile e, per certi versi, anche drammatico: guardava con ammirazione chi si era già affermato, come Picasso, e si sentiva solidale con chi stava cercando la sua strada e che, come lui, si stava ancora barcamenando, in preda a momenti di sconforto e ad attimi di euforia.
“Abbi il culto sacro (lo dico per te… e per me) per tutto ciò che può esaltare ed eccitare la tua intelligenza. Cerca di provocarli, di perpetrarli, questi stimoli fecondi, perché soli possono spingere l’intelligenza al suo massimo potere creatore. Per quei lì noi dobbiamo combattere. Possiamo noi racchiuderli nella cerchia della loro morale angusta? Affermati e sormontati sempre. L’uomo che dalla sua energia non sa continuamente sprigionare nuovi desideri e quasi nuovi individui destinati per affermarsi sempre a abbattere tutto quel che è di vecchio e di putrido restato, non è un uomo è un borghese, uno speziale, quel che vuoi… Abituati a mettere i tuoi bisogni estetici al disopra dei doveri sugli uomini.” (Amedeo Modigliani, da una lettera ad Oscar Ghiglia, Capri 1901)
AMEDEO MODIGLIANI, L’EVOLUZIONE DELLO STILE
Parigi mutò profondamente Modigliani nell’indole e nel carattere, che si fece sempre più ombroso e distante, anche a causa degli eccessi di droghe e di alcol. Ma Parigi ebbe anche un influsso benefico nel pittore, poiché contribuì a formare il suo stile di artista compiuto. Fondamentali in tal senso furono la conoscenza con lo scultore rumeno Constantin Brâncuși, la scoperta dell’arte primitiva e dell’opera di Cézanne.
I primi tempi, influenzato da Brâncuși, Modigliani si gettò a capofitto nella scultura, attività che sarà poi costretto ad abbandonare a causa delle sue delicate condizioni di salute. Della sua produzione scultorea rimangono splendide figure allungate, caratterizzate dalla purezza delle linee e dal rigore delle forme.

Il Salon d’Automne del 1907 dedicò un’importante retrospettiva a Cézanne. Per Modigliani fu una rivelazione. Partendo dalla riflessione sensoriale impostata dal maestro di Aix, Modigliani risolse il dilemma dell’espressione all’interno della sua coscienza: l’alterabilità fenomenica dello spazio fu definita attraverso la soggettività del singolo. Una via decisamente alternativa rispetto alla soluzione costruttivo-formale a cui giunse Picasso, inaugurando la felice stagione del Cubismo.
“Quello che cerco non è né la realtà né l’irrealtà, ma l’inconscio, il mistero dell’istinto nella razza umana.” (Amedeo Modigliani)
AMEDEO MODIGLIANI, LA MATURITÀ
L’opera matura di Modigliani venne alla luce in un momento storico caratterizzato da un ripensamento totale dell’arte e dei suoi codici espressivi. A partire dal 1905, con l’esperienza della Brücke prima e, a seguire, con gli altri movimenti di avanguardia, l’arte non fu più la stessa: l’alba del Novecento recava con sé una nuova e diversa visione delle cose. Espressionismo, Cubismo, Fauvismo, erano tutte tendenze volte a distruggere la forma, rimodellando il linguaggio della pittura: il disagio veniva urlato, disgregando la figurazione tradizionale.
In Modigliani la crisi dell’uomo moderno si manifestò sempre entro il rigore della composizione formale, cosa che lo penalizzò fortemente nella comprensione da parte dei suoi contemporanei. La sua è una pittura colta, diretta a riaffermare le ragioni dello spirito, di quell’alito magico che si spande dalle zone più recondite dell’Io.
Egli fu classico nella misura in cui aderì ad una figurazione di tipo tradizionale, ma immerso nella modernità per la capacità che ebbe di raccontare il dramma del suo tempo. Senza grida né clamori, Amedeo Modigliani è riuscito a penetrare nelle inquietudini del Novecento, restituendoci la sua visione di un Eden perduto.

“In Dedo tutto era semplicemente orientato alla purezza nell’arte. Il suo orgoglio insopportabile, la sua ingratitudine torva, la sua arroganza, tutto ciò altro non era se non l’espressione dell’aspirazione a una purezza cristallina, a una schiettezza incondizionata nei propri confronti, nella vita, così come nell’arte, che non escludeva la riservatezza. Era trasparente ma fragile come vetro; e anche freddo come vetro, per così dire. E questo era un aspetto caratteristico di quell’epoca, che di null’altro parlava se non della purezza nell’arte e che null’altro aveva in mente.” (Max Jacob)
AMEDEO MODIGLIANI, L’EPILOGO
Amedeo Modigliani trascorse gli ultimi anni della sua vita accanto a Jeanne Hébuterne, giovane artista conosciuta nel 1917 all’Accademia Colarossi che entrambi frequentavano. Tra i due si instaurò una relazione fatta di un amore profondo, interrotta solo dalla morte di entrambi. In questa felice stagione Modigliani cominciò anche ad affermarsi come pittore, dopo tutte le difficoltà attraversate all’inizio della sua avventura parigina.
Ma la sua serenità era minata da una salute cagionevole che andò aggravandosi a causa delle sue abitudini disordinate e perniciose. Nel 1918 si trasferì per qualche tempo nel Sud della Francia, cercando ristoro ai suoi malanni. Nello stesso anno, il 29 novembre, nacque sua figlia, Jeanne.

Nel gennaio 1920 si ammalò di polmonite. Pochi giorni prima di morire il pittore svenne nel suo studio e venne soccorso da Jeanne, incinta di nove mesi. Condotto all’Hôpital de la Charité, affetto da una meningite tubercolare, Amedeo Modigliani spirò il 24 gennaio 1920. La sua compagna, Jeanne Hébuterne, si gettò da una finestra per raggiungere il suo amato, all’alba del 25 gennaio. Così si concludeva una grande storia d’arte e d’amore.
Amedeo Modigliani e Jeanne Hébuterne oggi riposano uno accanto all’altro presso il cimitero di Père-Lachaise. L’epitaffio di Modigliani recita “morte lo colse quando giunse alla gloria”, mentre quello di Jeanne “di Amedeo Modigliani compagna devota fino all’estremo sacrifizio”.
“Ho ben conosciuto Modigliani; l’ho conosciuto affamato, l’ho visto ubriaco e l’ho visto abbastanza ricco. Mai l’ho visto mancare di grandezza… Mai ho sorpreso in lui il minimo sentimento basso. […] Io non so più usare le parole arte, artista. Ma supponiamo per un istante che questa parola riprenda il suo colore, il suo senso, il suo sesso… Allora Modigliani era un grande artista.” (Maurice de Vlaminck)