NEI PRIMI DECENNI DEL NOVECENTO IL GRUPPO OLANDESE DE STIJL DIEDE VITA AL NEOPLASTICISMO, UN LINGUAGGIO CHE RIVOLUZIONÒ L’ARTE, L’ARCHITETTURA E IL DESIGN.
“Quando il pubblico è in ritardo rispetto all’arte è compito degli uomini di mestiere risvegliare nei profani il sentimento del bello. L’artista ha una doppia missione da compiere. Innanzi tutto, produrre opere d’arte plasticamente pure; poi rendere il pubblico disponibile a quest’arte pura.” (Da un articolo comparso sulla rivista “De Stijl” nel 1917)
DE STIJL, LA STORIA
Mentre in Europa infuriava la Prima Guerra Mondiale, il centro della produzione artistica si spostò dalla Francia e dalla Germania verso i paesi rimasti estranei al conflitto. Nel 1917 a Leida, nei Paesi Bassi, una congrega di artisti, tra i quali figuravano Theo van Doesburg, Piet Mondrian, Bart van der Leck, Pieter Oud, Gerrit Thomas Rietveld e Cornelis van Eesteren, diede vita a De Stijl, movimento che prese il nome dall’omonima rivista. Il gruppo, che vide l’adesione delle maggiori energie creative del tempo, promosse un nuovo tipo di figurazione denominato Neoplasticismo.
“Nella poetica neo-plastica è estetico il puro atto costruttivo: combinare una verticale e una orizzontale oppure due colori elementari è già costruzione. È il principio in cui credono ugualmente un pittore come Piet Mondrian, uno scultore come Georges Vantongerloo, architetti come Gerrit Thomas Rietveld, Jacobus Johannes Oud e Cornelis van Eesteren.” (Giulio Carlo Argan)
Scopo principale del Neoplasticismo fu quello di definire un linguaggio in grado di contribuire al rinnovamento non solo dell’arte, ma dell’intera società. La volontà era quella di realizzare un vocabolario universale e universalmente riconosciuto, estendibile in tutti i campi dello scibile umano e volto all’unificazione delle diverse tendenze artistiche operanti in ambito internazionale. Tutto ciò si poteva ottenere attraverso l’uso di una grammatica rigorosamente formalista, costituita da colori e geometrie.
L’arte si configurava così come una manifestazione completamente astratta, essa non aveva più il compito di rappresentare qualcosa, che fossa la natura, la realtà, il sentimento o il sogno, ma doveva esclusivamente identificarsi con sé stessa e le sue intrinseche logiche formali.
“Credo sia possibile che, attraverso linee orizzontali e verticali costruite con coscienza, ma non con calcolo, guidate da un’alta intuizione, e portate all’armonia e al ritmo, queste forme basilari di bellezza, aiutate se necessario da altre linee o curve, possano divenire un’opera d’arte, così forte quanto vera.” (Piet Mondrian)
PIET MONDRIAN E DE STIJL
Una delle personalità più eminenti all’interno del De Stijl Group fu Piet Mondrian, artista di origini olandesi, ritornato in patria nel 1914 dopo un soggiorno a Parigi. Muovendo dall’esperienza cubista, egli pervenne ad una personale espressione di astrattismo plastico-cerebrale. Il processo da lui messo in atto fu quello di una progressiva analisi e riduzione della forma ai suoi elementi essenziali: linea, colore e luce. Nel contempo fece tabula rasa dello spontaneismo creativo di stampo romantico per fondare la produzione artistica sulla razionalità del progetto.
“Ritengo che sia possibile ottenere un’opera d’arte tanto forte quanto vera grazie a delle linee orizzontali e verticali utilizzate in modo consapevole ma non calcolato, tracciate con grande intuizione e costruite con armonia e ritmo.” (Piet Mondrian)
In Mondrian il problema dell’equivalenza fra arte e vita, tema ampiamento discusso da tutte le avanguardie, si risolse in una completa dissoluzione della figurazione a favore dei rapporti logico-costruttivi, gli unici a possedere un’intrinseca verità oggettiva non condizionata dalla storia.
“L’arte è una funzione spirituale dell’uomo, e ha come obiettivo di liberarlo dal caos della vita (dalla tragedia). L’arte è libera nell’uso dei propri mezzi, ma è soggetta alle proprie interne leggi. […] L’arte che noi vogliamo non è proletaria né borghese, poiché essa si impegna a influenzare la cultura nella sua struttura, senza lasciarsi influenzare a sua volta dalle condizioni sociali.” (Piet Mondrian)
Nel 1924 Mondrian si ritirò dalla redazione di De Stijl, a causa di dissidi con l’altro grande protagonista del gruppo, Théo van Doesburg. Pare che la miccia fosse scattata dall’uso della diagonale introdotta da van Doesburg e deplorato da Mondrian, ma altre erano le divergenze culturali soprattutto per quanto concerne l’equazione arte-vita. Per Mondrian era essenziale riaffermare il valore specifico della struttura pittorica, nell’assoluta convinzione che la pittura non è semplice sperimentazione, ma traduzione in termini figurativi dell’essenza stessa della realtà: se dalla nuova vita la nuova arte poteva trarre stimoli e riferimenti materiali, solo la manifestazione puramente plastica era in grado di dare forma alla nuova vita.
“L’opera neoplastica è desunta dalla vita, di cui è nello stesso tempo il prodotto, dalla vita continua, che è cultura, evoluzione. […] Mentre la neoplastica si mantiene nei limiti della sua estetica, l’opera neoplastica può presentarsi in modi diversi, ogni volta rivestita e rinnovata dalla personalità dell’artista a cui deve la sua forza.” (Piet Mondrian)
DE STIJL, L’ARCHITETTURA E IL DESIGN
La visione costruttiva di De Stijl raggiunse i suoi vertici più alti nella progettazione architettonica e nel disegno di oggetti d’uso comune. Seguendo il credo neoplasticista vennero prodotti elementi di design che fecero storia, basti pensare all’iconica Sedia rosso-blu di Gerrit Thomas Rietveld, ancora oggi largamente imitata e copiata.
Il merito di De Stijl fu di ripensare l’architettura in termini di funzionalità e di economicità, ribadendo l’importanza di una pianificazione urbanistica in grado di assorbire l’edificio nella complessità dello spazio urbano. Contro gli orpelli decorativi e i revival storicistici, la nuova architettura si definì attraverso le esigenze d’uso. L’architetto moderno doveva pertanto possedere una grande preparazione tecnica, unita ad una profonda conoscenza dei fenomeni sociali e culturali.
Nella pratica i progetti architettonici si dimostrarono, per lo più, troppo idealisticamente perfetti e lontani da una effettiva traduzione costruttiva: la realtà è fatta di caos ed imperfezione e non può soggiacere a delle logiche puramente intellettuali.
“Si può dire con certezza che la forma con cui si manifesterà non sarà fondata sulle caratteristiche esteriori con cui si manifestavano le antiche forme, ma si svilupperà dall’essenza della tecnica moderna e della società moderna, poiché è sempre stato così. Questa è la ragione per cui il suo carattere sarà totalmente diverso da quello di qualunque stile precedente.” (Jacobus Johannes Oud)
Attratto dalle coeve esperienze della Bauhaus, Teo van Doesburg assieme ad altri artisti del gruppo organizzò una sezione di De Stijl all’interno della scuola nel 1922. Il movimento olandese cominciò così ad influenzare la scuola tedesca anche se ben presto si manifestarono profondi dissidi circa i programmi e gli insegnamenti.
Le esperienze di De Stijl, incentrate in pittura sulla conquista dell’astrazione e in architettura sulla poetica neoplastica, mal si accordavano con le opere di matrice espressionista di Groupius. Pian piano, però, gli architetti neoplastici avranno la meglio e spinsero la scuola di Weimar ad abbandonare la fase espressionista a favore di una sintesi progettuale più stringente e completa.
“Cosa voglio esprimere con la mia opera? Niente di diverso da quello che ogni artista cerca: raggiungere l’armonia tramite l’equilibrio dei rapporti fra linee, colori e superfici. Solo in modo più nitido e più forte.” (Piet Mondrian)
DE STIJL E LA MODA
Il rigore formale di De Stijl e la pittura di uno dei suoi maggiori protagonisti, Piet Mondrian, costituirono una preziosa fonte d’ispirazione per molti anni a seguire.
Nel 1965, il geniale stilista francese Yves Saint Laurent, disegnò una collezione ispirata all’opera di alcuni artisti moderni, tra i quali figuravano Serge Poliakoff, Kazimir Malevich e Piet Mondrian. I sei abiti da cocktail basati sui dipinti dell’artista olandese si fecero subito notare, suscitando l’ammirazione e il favore internazionale.
I vestiti in lana e jersey, tagliati appena sopra il ginocchio, privi di colletto e di maniche, riportavano le tipiche composizioni a linee nere e rettangoli colorati del pittore. Il taglio assicurava una caduta perfetta, in modo da ottenere l’effetto di un’opera d’arte indossata.
La collezione si inseriva perfettamente nella tipica estetica degli anni Sessanta, con la sua predilezione per i colori accesi e le linee geometriche, tanto che venne subito imitata per delle versioni più economiche e popolari; essa giocò inoltre un ruolo notevole nel rendere famosa la corrente di De Stijl, fino ad allora poco o per nulla conosciuta. Ancora oggi la Collezione Mondrian è considerata uno dei momenti più salienti nella storia della moda, perfetta espressione di comunità d’intenti tra un pittore e uno stilista.
“Mondrian è purezza. Non credo esista qualcosa di più puro nel mondo dell’arte.” (Yves Saint Laurent)