SIMBOLO DI SAGGEZZA, PUREZZA E PERFEZIONE, LE PERLE FURONO UTILIZZATE COME ORNAMENTO FIN DAI TEMPI ANTICHI, OLTRE AD ESSERE LE PROTAGONISTE DI NUMEROSE OPERE PITTORICHE.
“Molte sono le ostriche, ma le perle sono rare.” (Orson Welles)
LE PERLE, STORIA E SIMBOLOGIA
Una leggenda molto antica racconta che la perla ebbe origine dalla caduta di una goccia di rugiada all’interno di una conchiglia, in realtà la perla non è altro che uno strato calcareo che l’ostrica perlifera depone sopra un parassita o un granello. In pratica la difesa che l’ostrica mette in atto contro il corpo estraneo ci regale questa magnifica gemma. I prodigi della natura!
“La perla è un tempio costruito dal dolore attorno a un granello di sabbia. Quale anelito ha costruito i nostri corpi ed intorno a quali granelli?” (Kahalil Gibran)
Le perle trovarono la loro prima diffusione in Oriente: i cinesi le consideravano appannaggio dei sovrani, mentre gli indiani ne sottolineavano l’origine divina. Esse erano indossate indistintamente da donne e da uomini ed erano utilizzate anche come moneta di scambio.
Fu grazie alle spedizioni di Alessandro Magno in territorio asiatico che le perle cominciarono a circolare in Occidente, dove vennero ben presto apprezzate. I Greci le usavano nelle cerimonie nuziali come simbolo di purezza ed amore, per i Romani erano un accessorio distintivo di ricchezza e potere, data la loro rarità ed il loro alto prezzo.
Durante il Basso Medioevo le perle cominciarono ad essere cucite anche su stoffe per ornare mantelli, vesti della nobiltà e paramenti di alti dignitari ecclesiastici, oppure utilizzate come ornamento per preziose acconciature. Una moda che durò nei secoli fino al Rinascimento ed oltre.
Alle perle si attribuivano proprietà terapeutiche e farmacologiche, ma anche proprietà magiche, come quella di conoscere la natura del Tutto ed entrare in contatto con il Trascendente. Erano apprezzate anche dalla rigida morale cristiana, in quanto ad esse erano associati significati altamente positivi, quali la purezza, l’umiltà, il timor divino, l’amore profano, la gioia, la prudenza e la castità.
“Inoltre il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose. Trovatane una di gran pregio, va, vende quanto ha e la compra.” (Matteo 13, 45-47)
LE PERLE NELL’ARTE, GIAMBATTISTA TIEPOLO A PALAZZO LABIA
Le perle, come tutti i preziosi, hanno sempre avuto un ruolo di primo piano nella storia dell’arte: corone, collane, bracciali, anelli, monili di varia foggia e genere, hanno adornato i corpi dei potenti e sono giunti fino ai nostri giorni attraverso i dipinti.
A partire dal Quattrocento la pittura documentò la vita quotidiana nei suoi minimi dettagli, attardandosi con maniacale precisione anche sui gioielli, protagonisti sia delle raffigurazioni sacre che di quelle profane. Innumerevoli sono le opere in cui compaiono le perle, segno di una moda che si era diffusa un po’ in tutte le corti europee.
“Il cuore dell’uomo è molto simile al mare, ha le sue tempeste, ha le sue maree e nelle sue profondità ha anche le sue perle.” (Vincent van Gogh)
Tra le tante rappresentazioni di perle, esemplare, per contenuto e resa formale, è la decorazione che Giambattista Tiepolo realizzò tra il 1747 ed il 1750 per la Sala da Ballo di Palazzo Labia a Venezia.
Il tema prescelto fu quello delle “Storie di Antonio e Cleopatra”: nella volta entro un oculo centrale compare “Bellerofonte su Pegaso verso la Gloria e l’Eternità”, nelle pareti, inframmezzate da figure allegoriche e mitologiche, si stagliano le due scene principali, “L’incontro tra Antonio e Cleopatra” e il “Banchetto di Antonio e Cleopatra”. E proprio su quest’ultima raffigurazione vorrei soffermare la mia attenzione: un banchetto di ricchi in cui non si divora, ma si dissipa scostumatamente.
La vicenda descritta trae ispirazione da un racconto di Plinio il Vecchio che, nella sua Naturalis Historia, ricorda di come Cleopatra avesse scommesso di poter offrire ad Antonio una cena così lussuosa da valere più di dieci milioni di sesterzi.
Tiepolo ci presenta la bellissima regina, alla quale presta il volto Maria Labia, nel suo sontuoso abito di fattura veneziana con il collo ornato da due fili di perle enormi. Nella mano destra tiene una gigantesca perla a goccia, pronta ad immergerla in un bicchiere a flûte colmo di aceto, che un servo moro le sta porgendo.
Un nanetto, ritratto di spalle, si sta arrampicando sulle scale per assistere all’avvenimento che sta per compiersi. Cleopatra è pronta ad immergere la perla nell’aceto che la scioglierà. La bevanda così “arricchita” sarà poi bevuta, vincendo in questo modo la scommessa: si era compiuto così il pasto più ricco di tutti i tempi!
Un’ostentazione di lusso, ma anche un potente afrodisiaco che piegherà definitivamente il generale romano ai piedi di Cleopatra.
“Dal senso violento della voluttà nella sua possanza allettatrice e dominatrice, e insieme dal brivido pei suoi effetti di abiezione, di dissoluzione e di morte, è formata la tragedia di Antonio e Cleopatra. Baci, carezze, languori, suoni, profumi, luccicor d’oro e di drappi lussuosi, barbaglio di luci e silenzi d’ombre, un godere ora estasiato ora spasimante e furioso, è il mondo in cui essa si svolge; e regina di questo mondo è Cleopatra, avida di voluttà, che diffonde a sé intorno quel fremito di piacere, ne offre insieme l’esempio e l’incitamento, e insieme conferisce all’orgia un carattere regale e quasi mistico.” (Benedetto Croce)