ELISABETTA II D’INGHILTERRA NON È STATA SOLO UNA GRANDE SOVRANA, MA È DIVENTATA UN’ICONA NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO, ANCHE ATTRAVERSO LE SUE NUMEROSE RAPPRESENTAZIONI ARTISTICHE.

Ho sbagliato qualche cosa? Boh. Forse un pelo di etichetta, ma non era la regina Elisabetta.” (Claudio Baglioni, “Viva l’Inghilterra”, 1973)

 

ELISABETTA II E L’ARTE

 

La Casa Reale inglese vanta una delle più straordinarie raccolte di opere d’arte nel mondo. Essa comprende oltre settemila dipinti, duemila miniature, cinquecentomila pezzi tra stampe e disegni – tra questi circa seicento preziosissimi disegni di Leonardo da Vinci – senza contare le fotografie, le ceramiche, gli orologi, le armi e le suppellettili varie.

Per settant’anni è stata chiamata la “Collezione della Regina”, ora è la “Collezione del Re”, dopo la proclamazione del nuovo regnante d’Inghilterra Carlo III. È utile ricordare che la prestigiosa raccolta non è di proprietà del monarca, ma la sua custodia è affidata alla Corona che la gestisce per i propri successori, per il Paese e per il Regno Unito.

Elisabetta II non era una grande collezionista, non si interessava molto d’ arte, salvo posare per i ritratti ufficiali. Nel corso del suo lungo regno si è però molto preoccupata di rendere la collezione più accessibile ai cittadini britannici, agli studiosi e ai turisti, curando la tutela e la conservazione delle opere.

 

Andy Warhol, regina Elisabetta II, 1985
Andy Warhol, la regina Elisabetta II, 1985

 

Quando Elisabetta salì al trono nel 1952, l’ispettore (surveyor) dei dipinti era Anthony Blunt, che rimase in carica fino al 1972. Egli introdusse la regina all’arte e creò, accanto a Buckingham Palace, la Queen’s Gallery, una sala espositiva aperta al pubblico, sede anche di mostre temporanee.

Il 1992 fu, secondo le stesse parole della regina, un annus horribilis, oltre a subire la rottura dei matrimoni di tre dei suoi quattro figli – quello di Anna, di Andrea e la discussa separazione tra l’erede alla corona Carlo e Diana Spencer – un terribile incendio colpì il Castello di Windsor, causando danni per oltre trentasei milioni di sterline.

Messa alle strette, Elisabetta acconsentì a pagare le tasse come i commoners, consapevole che sarebbero stati anche i soldi del suo popolo a finanziare il ripristino dell’antica fortezza. Altri cambiamenti si profilavano all’orizzonte. Dopo il tragico evento la collezione si tramutò in un fondo di beneficenza finanziato dai biglietti venduti ai visitatori delle case reali. Da quell’estate Buckingham Palace è stata aperta al pubblico.

Il 1992 non sarà un anno a cui riguarderò indietro con immenso piacere.” (Elisabetta II)

 

ELISABETTA II, LE RAPPRESENTAZIONI PIÙ ICONICHE

 

Con la sua morte la regina Elisabetta ha posto fine ad una storia durata settant’anni, una lunga storia dove è stata la protagonista delle vicende più importanti del nostro pianeta. Durante questi anni la sua immagine, oltre a configurarsi come l’emblema della monarchia, è diventata un simbolo della cultura popolare, replicata negli oggetti di merchandising e ritratta da numerosi artisti in opere ufficiali e non. Oltre a questo il suo stile impeccabile, con quei suoi outfit coloratissimi composti da vestiti, cappotti e cappelli perfettamente abbinati, ne hanno fatto un’icona della moda.

Non posso mai indossare il beige perché nessuno saprà chi sono.” (Elisabetta II)

La sua forza è stata quella di essere sempre rimasta fedele a sé stessa, superando i mutamenti di gusto e di costume, sia nella vita pubblica che in quella privata. Tutto ciò l’ha resa immortale nel vero senso della parola. Ma anche gli artisti hanno contribuito ad accrescerne la fama e a consegnare la sua persona ai posteri.

 

Cecil Beaton, la regina Elisabetta II nel giorno della sua incoronazione, 2 giugno 1953
Cecil Beaton, la regina Elisabetta II nel giorno della sua incoronazione, 2 giugno 1953, dettaglio

 

La prima immagine di Elisabetta in veste di regina è la celebre fotografia scattata da Cecil Beaton dopo la sua incoronazione, avvenuta il 2 giugno del 1953 presso l’abbazia di Westminster. Adornata con le insegne ufficiali del Regno, la Corona Imperiale di Stato, lo scettro, il globo e il mantello di ermellino, Elisabetta si consegna al suo popolo con autorità e fasto, non privo di un certo fascino glamour, come è tipico dello stile di Beaton.

Nel 1954 fu chiamato a Buckingham Palace Pietro Annigoni, unico italiano ad avere l’onore di ritrarre la regina non una, ma ben due volte. Il primo dipinto del 1955 La regina reggente ci mostra Elisabetta II ripresa in ambiente esterno, a capo scoperto, con indosso il mantello blu scuro dell’Ordine della Giarrettiera. Una raffigurazione semplice ma di grande impatto, che venne poi riprodotta su francobolli e banconote. Nel 1969 Annigoni tornò a ritrarre la regina, questa volta vestita con il mantello rosso dell’Ordine dell’Impero britannico. Profondamente umana e regale, senza ricorrere per forza a corone o ad altri simboli di sovranità.

 

Pietro Annigoni, La regina reggente, 1955
Pietro Annigoni, La regina reggente, 1955

 

Negli anni Settanta, l’immagine cult, quella che la proiettò nel mondo dei giovani e della cultura punk, fu impressa nella copertina del singolo dei Sex Pistols God Save the Queen del 1977. Nell’anno in cui ricorreva il Giubileo d’argento della regina, i Sex Pistols attaccarono apertamente la monarchia e l’intero establishment inglese con questo inno alla ribellione.

Realizzata da Jamie Reid, la copertina originale del disco consisteva in una foto della regina con una spilla da balia sul labbro. Il lettering con il nome della band e il titolo della canzone sono aggiunte di una versione successiva, ideate per simulare una richiesta di riscatto. Erano anni difficili, di lotte e di contestazioni, dove l’istituzione monarchica pareva del tutto anacronistica, ma la nostra Queen superò indenne le intemperie del momento, uscendone rafforzata.

 

Jamie Reid, copertina originale per God Save the Queen, singolo dei Sex Pistols, 1977
Jamie Reid, copertina originale per God Save the Queen, singolo dei Sex Pistols, 1977

 

Nel 1985 toccò ad Andy Warhol plasmare il volto pop di Elisabetta, riproducendola su una serie di stampe dai colori squillanti. L’artista non nascose mai la sua ammirazione per Sua Maestà, fu lui infatti a pronunciare la nota frase: “voglio essere famoso come la regina d’Inghilterra”.

Ma nessuna opera fu più controversa del piccolo ritratto che le fece Lucian Freud nel 2001. Il dipinto è impietoso, non lascia spazio a retorica o ad abbellimenti di sorta. Il pennello dell’artista indaga nei tratti della persona, scavando nella profondità della sua anima. Solo la corona sta ad indicare che è una regina e non una donna qualunque. Il segno è provocatorio ed espressionista, ma la sovrana sapeva bene cosa aspettarsi da lui, visto che fu lei stessa a commissionargli il ritratto. In questa scelta si rivela tutta la sicurezza di Elisabetta, del suo ruolo e della sua autorevolezza, che nulla può scalfire.

 

Lucien Freud, Regina Elisabetta II, 2001
Lucien Freud, Regina Elisabetta II, 2001

 

La mia raffigurazione prediletta – anche se un buon critico, come un buon sovrano, non dovrebbe mostrare alcuna preferenza – è senza alcun dubbio il ritratto fotografico del 2004 di Chris Levine, Lightness of Being.

In un’atmosfera rarefatta, quasi soprannaturale, si staglia la regina a mezzo busto. L’immagine è giocata sui toni del bianco e del grigio, con un tocco di rosso a esaltare le labbra della sovrana. Un filo di perle attorno al collo, ornato da una pelliccia, fa da pendant con gli orecchini. Sul capo l’abbagliante diadema di Giorgio IV, impreziosito da 1333 diamanti e 169 perle. Ma il particolare più straordinario, quello che rende questa foto unica, sono gli occhi chiusi di Elisabetta, in un atteggiamento del tutto inusuale se non proprio “inappropriato”. Finalmente rilassata, la regina è catturata in tutta la sua spontaneità.

Devo essere vista per essere creduta.” (Elisabetta II)

 

Chris Levine, Ritratto di Elisabetta II, dettaglio, 2004
Chris Levine, Ritratto di Elisabetta II, dettaglio, 2004