WILHELM VON GLOEDEN FU UNO DEI PRIMI FOTOGRAFI A RITRARRE L’INCANTO DEL MEDITERRANEO, IDEALIZZATO NELLA COMPIUTA BELLEZZA DEL NUDO MASCHILE.
“Fotografo solo materiali naturali: pelle, capelli, sabbia, mare, gocce, sole, ombre. Riviste in modo audace.” (Herb Ritts)
WILHELM VON GLOEDEN, LE ORIGINI
Wilhelm von Gloeden nacque nel castello di Völkshagen, nei pressi di Wismar, il 16 settembre 1856. Sua madre, rimasta vedova quando il piccolo aveva appena sei anni, si risposò con il ricco barone Wilhelm Joachim von Hammerstein, amico e consigliere del Kaiser. Il patrigno si prese cura del giovane, curandone l’istruzione.
Studiò storia dell’arte all’Università di Rostock, dove si laureò, e successivamente seguì i corsi di pittura all’Accademia di Weimar. Costretto ad interrompere gli studi per una forma di tubercolosi, nel 1878 decise di recarsi nel Sud Italia per trovare un clima più favorevole al suo cagionevole stato di salute.
Visitò Roma, Capri, Napoli e Taormina dove si stabilì, prendendo dimora in una villa con giardino nella zona del San Domenico. Qui visse fino alla sua morte, avvenuta il 16 febbraio 1931, a parte il periodo compreso tra il 1915 ed il 1918, quando fu costretto a lasciare il paese per evitare la carcerazione in quanto straniero indesiderato.
Nel Sud baciato dalla luce del sole, von Gloeden riannodò le trame degli antichi miti che avevano popolato quella regione nel passato: l’aspirazione nostalgica ad una fusione panica con l’armonica bellezza del Mediterraneo.
“Il Mediterraneo è uno di quei luoghi in cui la verità è inseparabile dalla felicità.” (Albert Camus)
WILHELM VON GLOEDEN, LA SICILIA DEL MITO
Per Wilhelm von Gloeden, la fotografia rappresentò uno strumento capace di riportare in vita il sogno di una storia lontana: non un meccanico mezzo di riproduzione, ma una macchina per creare sogni.
Le sue fotografie, studiate fin nei minimi dettagli, ci restituiscono l’impronta di una Sicilia edenica e fortemente romantica, ideale che presto si affermò nell’immaginario collettivo.
Grazie al lavoro di von Gloeden, Taormina divenne la meta prediletta del turismo internazionale, anche per mezzo delle numerose cartoline illustrate tratte dalle sue foto. Da quel momento poeti, artisti, scrittori, aristocratici e benestanti di tutta Europa, la scelsero come destinazione per i propri viaggi di cultura, di svago o di lavoro.
A Taormina soggiornò Oscar Wilde appena uscito dal carcere, qui si davano convegno Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio, qui ci si poteva imbattere nell’erede al trono del Regno Unito Edoardo, oppure nel re del Siam, o era possibile incontrare i Krupp, i magnati dell’acciaio, oppure i Rothschild, la famiglia più ricca del mondo.
La sua abitazione era nota per le sue serate folli, capaci di stimolare le bizzarrie di tanti raffinati decadenti di fine secolo, e che costruirono la fama di una Taormina libera a qualsiasi eccesso.
“La Sicilia è la chiave di tutto.” (Goethe)
WILHELM VON GLOEDEN, IL NUDO MASCHILE
Imberbi ragazzini nudi, o nell’atto di spogliarsi, mollemente adagiati su delle rovine, oppure circondati da sfondi pittoreschi, talvolta coperti da toghe e incoronati da alloro, sono i soggetti su cui si attarda più volentieri l’obiettivo di von Gloeden: foto dal chiaro messaggio omoerotico.
Le scenografie abilmente costruite, suggerenti una leggendaria antichità classica, contribuirono a moderare il forte impatto sessuale dei suoi nudi, accettati senza troppi problemi dagli abitanti che posavano per lui. I nudi di von Gloeden erano infatti sottomessi ad un superiore ideale estetico: l’idea di un bello assoluto, rivissuto attraverso i corpi dei giovani isolani.
L’alto valore tecnico e il grande pregio artistico, uniti all’assoluta novità del nudo maschile, gli procurarono una grande notorietà ed importanti riconoscimenti internazionali.
“Da molto tempo ammiro queste fotografie piene di un così bello stile, poiché lei fa rivivere e sognare in esse la Sicilia pastorale.” (Anatole France)
WILHELM VON GLOEDEN, L’EPILOGO
Wilhelm von Gloeden visse a Taormina, assieme alla sorella e a Pancrazio Buciunì, detto “il Moro”, il suo amante e unico erede, dove si spense il 16 febbraio 1936, all’età di settantaquattro anni. La sua esistenza fu una miscela di arte e di eccessi, vissuta con grande intensità fino all’ultimo.
La sua fotografia, così tanto osannata mentre era vita, subì una crudele damnatio memoriae. I tempi erano mutati. In Italia si andava affermando l’ideale machista, imposto dalla propaganda fascista. Il compagno di von Gloeden fu arrestato nel 1936 con l’accusa di detenzione di materiale pornografico. Fu poi assolto dalle infamanti accuse, ma buona parte dei negativi di von Gloeden vennero distrutti.
Il sogno di una solarità apollinea si andava frantumando, travolto dalla crudeltà della storia.
“L’unica via per noi di diventare grandi e, se possibile, insuperabili, è l’imitazione degli antichi.” (Johann Winckelmann)
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