ANIMALE REALE, ELEGANTE E SEDUCENTE, LA PANTERA È UN SIMBOLO CHE PERCORRE L’INTERA STORIA DELL’UMANITÀ. LA SUA RAFFINATEZZA INDOMITA E LA SUA FELINA ELEGANZA NE HANNO FATTO L’EMBLEMA DI UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI MAISON DI GIOIELLI.

La pantera ha le sue macchie fuori, e l’uomo invece dentro.” (Proverbio africano)

 

LA PANTERA, SIMBOLOGIA

 

Prima di tutto è opportuno fare alcune precisazioni su cosa intendiamo con il termine pantera, in quanto zoologicamente esso costituisce un grosso enigma. Senza addentrarci troppo su disquisizioni che non ci competono, ci basti sapere che nel parlare comune pantera è sinonimo di leopardo, ed è con questa accezione che la troviamo citata nelle fonti.

Presso i popoli antichi il mantello della pantera veniva indossato dai sacerdoti durante i riti più significativi, date le proprietà magiche e spirituali che gli si attribuivano. Ma anche le divinità venivano spesso adornate con queste pelli, per sottolineare la forza protettrice del nume, diretta emanazione del vigore dell’animale.

 

La pantera in un bestiario medioevale
La pantera in un bestiario medioevale

 

Durante il IV secolo a.C., nel suo trattato Historia animalium, Aristotele fondò il topos della pantera come bestia dall’alito profumato, caratteristica questa che andò ad aggiungersi alle sue tradizionali qualità di abile cacciatrice e seducente fiera. Si configurò così il mito della pantera come un animale guerriero, dotato di astuzia (la pelle maculata nasconde ai nemici la sua ferocia), ma anche di un fascino irresistibile che emana dal suo aroma.

La pantera, si dice, si rende conto che agli animali selvatici piace fiutare il suo profumo; essa quindi, per cacciare si nasconde; gli altri le si avvicinano troppo, e lei agguanta così anche le cerve.” (Aristotele)

Con un’accezione decisamente positiva la pantera traghettò nel cristianesimo: la sua natura ammaliatrice venne riscritta in termini più appropriati di bellezza e mitezza; la screziatura della sua pelle divenne un pregevole ornamento; il profumo del suo alito fu paragonato alla dolcezza del Verbo. Questa interpretazione si accostò a tradizioni più pagane che vedevano nella pantera, e soprattutto nel suo buon odore, un evidente richiamo sessuale.

 

LA PANTERA DI CARTIER, L’ORIGINE

 

Una delle più note e ricercate pantere è senza dubbio quella riprodotta nei gioielli di Cartier. La maison sorse a Parigi nel 1847, quando Louis-François Cartier rilevò la bottega del suo maestro, l’orafo Adolphe Picard, trasformandola in una boutique di lusso.

Il re Edoardo VII definì Cartier “joaillier des rois et roi des joailliers” (gioielliere dei re e re dei gioiellieri), eleggendolo a fornitore ufficiale della Corona, come fecero altre corti europee del tempo. Ma torniamo alla nostra pantera, e vediamo come è nata l’idea di utilizzare questo felino per marchiare alcune delle linee più esclusive della casa.

 

George Barbier, La Dame à la Panthère, 1914
George Barbier, La Dame à la Panthère, 1914

 

Nel 1914 Louis Cartier, nipote del fondatore, commissionò a George Barbier una cartolina d’invito per un’esposizione di monili. L’artista realizzò La Dame à la Panthère, un dipinto ad acquerello che raffigurava una donna sofisticata, con indosso un abito stile Poiret, una lunga collana di perle attorno al collo e una pantera adagiata ai suoi piedi. L’immagine riscosse immediatamente un enorme successo, complice anche il dettaglio della pantera che richiamava un motivo molto in voga nell’alta società di inizi Novecento, ossia la passione per gli animali esotici.

Nello stesso anno Cartier presentò il suo primo orologio con superficie maculata di onice e diamanti, in modo da evocare il manto del felino. Solo nel 1918 comparve la figura completa della pantera, su di un portasigarette disegnato personalmente da Louis Cartier per la sua amante, Jeanne Toussaint. La scelta del soggetto non fu casuale. Jeanne veniva affettuosamente chiamata da Cartier Panthère, per il suo carattere energico e il suo charme irresistibile.

 

JEANNE TOUSSAINT, LA PANTHÈRE

 

Jeanne Toussaint, a cui dobbiamo il merito di aver contribuito al successo internazionale di Cartier, nacque nel 1887 a Charleroi, in Belgio. Il suo passato è abbastanza lacunoso ed avvolto nel mistero. Ad un certo punto la ritroviamo a Parigi, dove era fuggita al seguito del conte Pierre de Quinsonas, quando aveva sedici anni. Fu un amore travolgente ma senza futuro, per la giovane età di lei e la vigliaccheria di lui. Abbandonata a sé stessa la ragazza non si perse d’animo, dimostrando il suo carattere la sua grande forza d’animo.

Nel 1918 l’incontro con Louis Cartier impresse una svolta decisiva nella sua esistenza. Tra i due si instaurò un rapporto che durò fino alla morte di Cartier, avvenuta nel 1942. Ma la Toussaint non fu solo un’affascinate concubina.

Avendo intuito le doti della donna, Cartier la prese sotto la sua ala protettrice, insegnandole le basi del mestiere. Fu così che Jeanne scalò le vette della società, venendo nominata direttrice dell’Alta Gioielleria Cartier, nel 1933. A dispetto delle malelingue, la Toussaint si dimostrò più che all’altezza del suo ruolo, dando vita alle creazioni più iconiche della maison.

 

Ritratto di Wallis Simpson con indosso un bracciale con croci, disegnato per lei da Cartier nel 1934
Ritratto di Wallis Simpson con indosso un bracciale con croci, disegnato per lei da Cartier nel 1934. Ogni croce presenta inciso un messaggio d’amore scritto dal duca di Windsor.

 

Fu negli anni Quaranta, attraverso l’impulso di Wallis Simpson, altra donna non convenzionale, che vennero realizzati i primi straordinari gioielli della linea Panthère. Americana, pluridivorziata, ma soprattutto chiacchieratissima per la sua relazione con Edoardo, duca di Windsor, (lo zio di Elisabetta II, che per lei rinunciò alla corona inglese), la Simpson fu anche una straordinaria maestra di stile. Per lei Edoardo fece realizzare da Cartier una spilla dove compariva una pantera tridimensionale. A questo seguirono altri pezzi di raro splendore, tra cui un bracciale a forma di pantera tempestato di diamanti.

Seguendo il suo esempio, altre ereditiere ed esponenti dell’high society si fecero vedere con le loro pantere Cartier: oltre ad essere un segno di ostentato buon gusto, il felino divenne anche il simbolo dell’evoluzione dello status femminile, incarnando valori di sensualità, indipendenza e libertà. Dopo di lei la Panthère ha assunto numerose forme, fino ad essere l’emblema più rappresentativo dei prodotti Cartier.

Un baciamano ti può far sentire molto, molto bene, ma un braccialetto di diamanti e zaffiri dura per tutta la vita.” (Anita Loos)