ALLA NATIONAL GALLERY DI LONDRA È POSSIBILE AMMIRARE UNO DEI CAPOLAVORI DI JOHANN LISS, GIUDITTA NELLA TENDA DI OLOFERNE, DATATO 1622 CIRCA.
Giuditta è un’eroina del Vecchio Testamento, una giovane vedova ebrea che salvò il suo popolo dall’assedio dell’esercito assiro. Emblema della donna forte e determinata, costituisce un tema iconografico ricorrente nella pittura occidentale.
“Si erano allontanati tutti dalla loro presenza e nessuno, piccolo o grande, era rimasto nella parte più interna della tenda; Giuditta, fermatasi presso il divano di lui, disse in cuor suo: ‘Signore, Dio d’ogni potenza, guarda propizio in quest’ora all’opera delle mie mani per l’esaltazione di Gerusalemme. È venuto il momento di pensare alla tua eredità e di far riuscire il mio piano per la rovina dei nemici che sono insorti contro di noi’. Avvicinatasi alla colonna del letto che era dalla parte del capo di Oloferne, ne staccò la scimitarra di lui; poi, accostatasi al letto, afferrò la testa di lui per la chioma e disse: ‘Dammi forza, Signore Dio d’Israele, in questo momento.’ E con tutta la forza di cui era capace lo colpì due volte al collo e gli staccò la testa.” (Libro di Giuditta, 13, 4-8)
GIUDITTA E OLOFERNE, LA STORIA
Nel Libro di Giuditta, testo contenuto nella Bibbia cristiana cattolica, è narrata la vicenda di Giuditta, esempio di coraggio e di virtù muliebre.
Si narra che, durante il lungo assedio perpetrato alla città di Betulia, una notte Giuditta si fosse recata con un’ancella nella tenda del generale nemico, l’assiro Oloferne, fingendo di volere tradire il suo popolo. Oloferne, affascinato dalla sua bellezza, diede udienza a Giuditta e organizzò un grande banchetto in suo onore. L’uomo bevve e mangiò a volontà, fino a svenire nel letto completamente ubriaco.

La temeraria Giuditta colse l’occasione per eliminare l’usurpatore, tagliandogli la testa con due colpi di scimitarra. Compiuto il delitto, mise la testa dell’empio in un cesto e la esibì ai suoi concittadini che così rinfrancati sconfissero i loro nemici. La città era finalmente libera e Giuditta venne osannata dal popolo come un’eroina.
GIUDITTA E OLOFERNE NELL’ARTE
La figura di Giuditta ha ispirato numerosi artisti nel corso dei secoli, attratti da questa vicenda che mescola sapientemente violenza ed amor patrio, vizio e virtù, lussuria e redenzione.
Da Botticelli a Mantegna, da Giorgione a Michelangelo, da Caravaggio alla Gentileschi, da Cagnacci a Callot, via via fino ad arrivare alle interpretazioni più moderne di Gustav Klimt, Giuditta è stata rappresentata in maniere molto diverse: vedova timorata , o sanguinaria castigatrice, ma sempre incarnazione del coraggio nel difendere i propri principi.

Verso la fine dell’Ottocento, in piena epoca simbolista, Giuditta, assieme alla danzatrice biblica Salomè, divenne una delle incarnazioni della femme fatale: donna misteriosa e seducente che intrappola il maschio nella sua rete di seduzione letale.
“Leggendo il libro di Giuditta invidiavo il feroce eroe Oloferne per via della donna regale che lo decapitò con una spada, gli invidiavo quella bella fine asnguinaria.” (Leopold von Sacher-Masoch, “Venere in pelliccia”, 1870)
GIUDITTA E OLOFERNE DI JOHANN LISS
Durante una mia visita alla National Gallery di Londra, mi sono imbattuta in un dipinto fino ad allora a me sconosciuto: Giuditta nella tenda di Oloferne, databile attorno al 1622. Pur essendo un tema noto, visto più volte in diverse rappresentazioni, l’opera mi ha fortemente colpita per l’arditezza di concezione.
In primo piano, proprio di fronte allo sguardo dello spettatore, troneggia il collo reciso di Oloferme da cui zampillano fiotti di sangue. Il delitto si è appena compiuto e l’autore intende esaltare la crudezza dell’evento. La donna ci guarda con atteggiamento altero, per nulla turbata dal suo gesto.

Anche Sandro Botticelli nel suo quadro del 1472, Scoperta del cadavere di Oloferne, diede risalto al collo insanguinato focalizzandosi però su un momento successivo alla tragedia, ossia quando il cadavere venne scoperto dai compagni d’arme di Oloferne. La scelta operata da Liss intende farci rivivere in prima persona la violenza perpetrata da Giuditta che, con il volto arrossato per lo sforzo, ci sfida a giudicarla: “Hai visto di cosa sono capace? Vuoi provare anche tu?”, sembra voler dire la donna, reggendo per i capelli la testa livida del suo rivale.
La drammaticità della composizione e l’uso dei forti contrasti di luce ed ombra sono tipici del periodo barocco e sono un chiaro tributo alla pittura di Caravaggio, i cui lavori Liss ebbe modo di vedere durante un suo soggiorno a Roma.

L’iconografia fu poi riprese da Francesco Furini e da Francesco Felice Pradessio, dove ritroviamo la medesima attenzione all’anatomia del collo grondante di sangue.
JOHANN LISS, CENNI BIOGRAFICI
Johann Liss nacque a Oldenburg, città dell Bassa Sassonia, attorno al 1597. Egli vennne iniziato all’arte dai suoi genitori, entrambi pittori, per poi proseguire gli studi ad Amsterdam ed Harleem, dove fu allievo di Hendrick Goltzius, uno dei primi grandi esponenti del Barocco nordico.
Nel 1621 compì un viaggio in Italia, visitando Venezia e Roma. Venezia, dove ritornò nel 1628, gli rivelò la luce e lo influenzò nell’uso brillante del colore, mentre Roma fu una costante fonte d’ispirazione nella scelta dei soggetti, trattati con forti contrasti chiaroscurali alla maniera caravaggesca.
Nonostante le sue origini germaniche, Johann Liss è considerato come uno dei maggiori esponenti del Seicento veneziano, un autentico precursore della pittura barocca veneta.
Johann Liss si spense a Verona il 5 dicembre 1631.
